[27/01/2012] News

Riforma della legge sui parchi: è scontro tra le associazioni ambientaliste

Fondo Ambiente Italiano, Italia Nostra, Mountain Wilderness, Lipu e Wwf nei giorni scorsi hanno pubblicato a pagamento sui principali quotidiani un appello per fermare la riforma della legge 394/91 sulle aree protette, che secondo loro rischia di stravolgere i parchi Nazionali.

Nell'appello le 5 associazioni dicono che «Gli aspetti più pericolosi della riforma avviata dalla Commissione Ambiente del Senato interessano essenzialmente tre aspetti della gestione delle nostre aree protette che per i loro contenuti rischiano di stravolgere alcuni dei principi fondamentali che hanno motivato la creazione dei Parchi e delle Riserve naturali non solo in Italia ma in tutto il mondo».

«Nei prossimi mesi - continuano - per fermare questa riforma inutile e dannosa della Legge quadro sulle aree naturali protette le nostre Associazioni lavoreranno insieme, cercando il supporto del mondo scientifico, degli intellettuali, dei rappresentanti della cultura e dell'ampia maggioranza dell'opinione pubblica che ha a cuore la sorte dei nostri Parchi Nazionali e della natura che devono proteggere E' solo rispettando le finalità di tutela che i parchi possono rappresentare un forte richiamo per il turismo nazionale e internazionale con ricadute positive sull'occupazione. La riforma contestata vuole mettere in discussione il delicato equilibrio raggiunto nella gestione dei parchi tra rappresentanti del Ministeri dell'Ambiente e dell'Agricoltura, del mondo scientifico, delle Associazioni ambientaliste e dei rappresentanti degli Enti Locali, nel rispetto della Costituzione che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela degli ecosistemi proprio per ribadire l'interesse nazionale della conservazione della natura. Le proposte di modifica intendono spostare questo delicato equilibrio a vantaggio di coloro che rappresentano interessi locali e di settore con una maggioranza dei rappresentanti degli Enti Locali e l'introduzione di un rappresentante delle Associazioni agricole nel Consiglio direttivo degli Enti Parco. Allo stesso tempo verrebbero eliminati i rappresentanti del mondo scientifico e ridotta la presenza delle Associazioni ambientaliste. Queste modifiche, insieme alle nuove procedure previste per la nomina dei direttori dei parchi, non farebbero che aumentare la politicizzazione degli Enti Parco».

Secondo Fai, Italia Nostra, Mountain Wilderness, Lipu e Wwf, «Una maggiore efficienza nella gestione degli Enti Parco, in particolare per la valorizzazione delle identità locali dei territori e lo sviluppo della "green economy", sarebbe la motivazione principale dei sostenitori della riforma, ma questo può essere perseguito da diversi Enti pubblici nell'ambito delle loro ordinarie funzioni. Le aree naturali protette nascono per la conservazione della natura, se gli Enti Parco si trasformano in grandi Pro loco o agenzie di sviluppo locale finiscono per diventare inutili doppioni di Enti che oggi in molti vorrebbero tra l'altro cancellare».

Ci sarebbe anche un secondo punto critico: «Si aprirebbe la possibilità di cacciare nelle aree protette con la scusa del controllo delle specie aliene, quando soluzioni efficaci sono possibili anche con l'attuale normativa ed organizzazione dei Parchi».

Il terzo aspetto che non convince i firmatari dell'appello «E' il meccanismo di finanziamento degli Enti Parco con l'introduzione della riscossione di una royalty o di canoni su alcune attività ad elevato impatto ambientale (la coltivazione di idrocarburi, gli impianti idroelettrici, impianti a biomasse, oleodotti ed elettrodotti fuori terra, le attività estrattive, posti barca ecc) che determinerebbero un pesante condizionamento delle decisioni di un Ente Parco che in prospettiva sarebbe a larga maggioranza controllato dai rappresentanti dei Comuni».

All'appello ha aderito subito dall'associazione 394, che prende il suo nome proprio dalla legge sulle aree protette, che «Concorda con i contenuti delle critiche, sui quali aveva espresso motivato dissenso sin dal 2011, in particolare sull'autofinanziamento e sul controllo faunistico (oggetto di un produttivo incontro tecnico organizzato a Roma lo scorso 24 novembre). Di rilievo e molto positiva la diffusione della problematica sui media, per la dovuta informazione ai cittadini e per allargare il dibattito anche fuori dalla cerchia degli addetti ai lavori. Come più volte sostenuto, qualunque modifica alla legge quadro merita una preventiva analisi dei risultati dei primi vent'anni di applicazione, per individuare aspetti positivi e altri da migliorare. Ma sempre con grande cautela, per evitare di rompere l'equilibrio normativo che ha permesso comunque all'Italia di costruire un sistema di tutela di beni di alto valore naturalistico e di preservare fondamentali beni comuni».

Ma Legambiente risponde alle altre associazioni: «Avete torto, ve lo diciamo da ambientalisti. Dopo 20 anni, giusto svecchiare e migliorare la norma. Agricoltori ed enti locali non sono il lupo cattivo. Non bisogna avere paura di modificare la legge 394/91 sui parchi per rilanciarne la funzione e renderli più efficienti».

Secondo il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, «E' incredibile che mentre il Paese sta cercando di fronteggiare il più grave disastro ambientale su un parco nazionale senza presidente, mentre si sta cercando di respingere l'assedio delle trivelle alle aree protette e la cancellazione di parchi storici come quello dello Stelvio, ci si trovi costretti a dibattere di vicende come quelle contenute nell'appello. La legge sui parchi ha vent'anni, un tempo congruo per mettere mano a un lavoro di manutenzione che ne modifichi le evidenti incrostazioni che rischiano altrimenti di bloccare le politiche di tutela dell'ambiente nel nostro Paese».

Il Cigno Verde sottolinea che «Il percorso parlamentare di modifica della norma, lungi dall'essere concluso, va nella giusta direzione prevedendo provvedimenti che velocizzano le nomine, semplificano la governance degli enti parco, liberano dalle pastoie della cattiva politica e sburocratizzano organismi che rischiano, così restando, di apparire inutili carrozzoni.
Cogliasti Dezza riomarca: «Fa sorridere il timore manifestato dalle cinque associazioni per la presenza di agricoltori e il maggior peso che avrebbero gli enti locali nei nuovi assetti. Il mondo dell'agricoltura (e della pesca) è stato un valido alleato in questi venti anni, il soggetto che forse più di tanti altri ha permesso di realizzare parchi in territori vivi e di coniugare la tutela dell'ambiente con l'agricoltura di qualità e le produzioni tipiche, un settore di spinta di quella green economy sulla quale il Paese dovrebbe puntare».

Legambiente è convinta che «Se si facesse un bilancio ambientale di ogni parco, infatti, scopriremmo come proprio questi mondi sono divenuti essenziali alla conservazione della biodiversità. D'altro canto puntare sul ruolo degli enti locali si è dimostrata la carta vincente che ha permesso di arrivare all'11% del territorio protetto, un risultato che non è figlio dell'ambientalismo salottiero, ma di una testarda pratica di alleanze sul territorio che ha fatto della conoscenza dei luoghi e del confronto con il reale il suo punto di forza. Un sistema di alleanze che sarà ancora più utile per raggiungere gli obiettivi sanciti a livello internazionale per avere entro il 2020 più territorio protetto (17% a terra, 10% mare e coste) per frenare la perdita di biodiversità. Non dobbiamo aver paure di dire, invece, che è proprio il ruolo delle associazioni ambientaliste che si deve modificare e che forse è arrivato il momento per riconoscere che il nostro contributo non passa necessariamente attraverso i consigli direttivi».

Cogliati Dezza conclude: «Considerare agricoltori ed enti locali nemici da combattere è un atteggiamento conservatore, di chi non vuole confrontarsi con il territorio, di chi non vuole fare un bilancio costruttivo di questi venti anni e mettere in campo le correzioni utili, figlio di una stagione fortunatamente passata che non rimpiange più nessuno se non chi sente minacciata una rendita di posizione che nulla ha a che vedere con la protezione dell'ambiente».

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