[23/01/2012] News

L'Ambiente perde la tripla A....

La nave della Costa Concordia, soprattutto se le previsioni meteo delle prossime ore dovessero essere confermate, rischia di inabissarsi, e di provocare danni irreversibili all'ambiente e agli ecosistemi del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano e del vicino Santuario dei Cetacei.

Il rischio di contaminazione è altissimo, a causa non solo del carburante ma anche dei reflui delle cucine, dei servizi igienici, e ancora delle lavanderie che potrebbero fuoriuscire dal relitto. Circostanza, questa, che impone più di una riflessione in merito alla sostenibilità - persino a prescindere dalla verificazione di incidenti - di questo tipo di turismo, che viene effettuato con navi che di fatto equivalgono a vere e proprie città e su cui è davvero dato rinvenire di tutto, tra piscine, campi da tennis e da golf, negozi, palestre, percorsi da jogging, solarium, centri benessere, ristoranti, bar, negozi di coiffeur, teatri, discoteche e persino piste di pattinaggio sul ghiaccio.

Vere e proprie città galleggianti, delle dimensioni di Amalfi, che producono rifiuti, cariche di tonnellate di derrate alimentare ora in decomposizione, emissioni di Co2 e consumano risorse idriche a livelli decisamente non sostenibili.

In piena emergenza, e con rischi ambientali ancora incalcolati e probabilmente incalcolabili, non può che accogliersi con sdegno quanto previsto agli artt. 17 del Decreto Liberalizzazioni testè emanato da parte del Governo.

L'intento dichiarato (non in una conferenza stampa ma nella Relazione Illustrativa che accompagna del decreto) è dato leggere testualmente che lo sviluppo delle attività di prospezione e coltivazione di idrocarburi rientri tra i parametri oggetto di valutazione da parte delle Agenzie di Rating per la stima della solidità economica degli Stati, e che, a titolo esemplificativo, debba rilevarsi come tra le ragioni che hanno indotto Stardard & Poor's ad alzare il rating di Israele da "A" ad "A+" vi sia stata la decisione del governo israeliano di sviluppare le attività di ricerca e prospezione degli idrocarburi nelle proprie acque territoriali.

Sempre nella Relazione Illustrativa è dato leggere come le norme - invero tutt'altro che pregnanti, specie dopo la novella del 2010 su cui diremo a breve - che ponevano limiti all'esercizio delle attività in discorso nelle aree circostanti le aree marine protette (alcune delle quali sono classificate come siti UNESCO, vale a dire quale patrimonio dell'umanità.....) hanno provocato conseguenze fortemente negative sugli investimenti nel settore estrattivo nazionale, che, per tramite delle norme che andremo brevemente ad illustrare, si intende, all'evidenza, "correggere".

La norma da analizzare è quella contenuta nell'art.17 del decreto, che emenda, in senso fortemente peggiorativo, l'art.6 comma 17 del D.lgs. 3 aprile 2006 n.152, che, nella versione sino ad oggi vigente, recitava nei termini che seguono: "Ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia marine dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette, oltre che per i soli idrocarburi liquidi nella fascia marina compresa entro cinque miglia dalle linee di base delle acque territoriali lungo l'intero perimetro costiero nazionale. Per la baia storica del Golfo di Taranto di cui all'articolo 1 del DPR 26 aprile 1977, n. 816, il divieto relativo agli idrocarburi liquidi è stabilito entro le cinque miglia dalla linea di costa. Al di fuori delle medesime aree, le predette attività sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle attività di cui al primo periodo. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano ai procedimenti autorizzatori in corso alla data di entrata in vigore del presente comma. Resta ferma l'efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla stessa data. Dall'entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma è abrogato il comma 81 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239".

La norma testè illustrata prevedeva pertanto che dovesse ritenersi vietato lo svolgimento di attività riguardanti gli idrocarburi liquidi e gassosi all'interno del perimetro delle aree protette marine e costiere, nonché nelle zone di mare poste entro dodici miglia marine dal perimetro esterno di tali aree.

A seguito del varo del Decreto Liberalizzazioni, l'art. 6 comma 17 del Codice dell'Ambiente, per tramite dell'art.17 del Decreto, ha subito modifiche significative.

Nel nuovo articolato normativo si legge infatti: "Articolo 17 ("Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, in materia di promozione degli investimenti"), 1. "L'articolo 6, comma 17, primo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente: "Ai fini della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonchè di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, da svolgersi all'interno delle acque delimitate dal perimetro delle aree protette di cui al Decreto 27 aprile 2010 del ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e successive modificazioni e integrazioni; nel caso di istituzione di nuova area protetta restano efficaci i titoli abilitativi già rilasciati alla data di inserimento della stessa nell'elenco di cui al decreto 27 aprile 2010 e sue modifiche e integrazioni". 2. All'articolo 6, comma 17, sesto periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, dopo le parole "stessa data" sono aggiunte le seguenti parole "in base ai quali possono essere rilasciati i provvedimenti conseguenti o comunque connessi ai titoli stessi, comprese le proroghe e il rilascio delle concessioni conseguenti a un rinvenimento in un permesso di ricerca già rilasciato prima della data di entrata in vigore del presente comma o, in caso lo stesso permesso ricada in una area protetta di nuova istituzione, prima della data di inserimento nell'elenco di cui al decreto 27 aprile 2010 e sue modifiche e integrazioni".

Come si vede, cancellata la parola off-shore dalla rubrica rispetto al testo circolato nei giorni scorsi e pubblicato dai maggiori quotidiani nazionali, viene ribadito il divieto di svolgere attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi all'interno aree protette, che però non vengono più individuate in tutte quelle istituite, vale a dire quelle in relazione alle quali esiste un provvedimento istitutivo, nazionale o regionale, ma soltanto le aree protette identificate dal DM 27 aprile 2010 (IV Elenco ufficiale). Il divieto viene inoltre esteso alle zone di mare poste entro 12 miglia marine dal perimetro esterno delle aree stesse.

Ciò significa che se oggi viene istituita una nuova area marina protetta, e questa viene inserita nell'Elenco Ufficiale, restano comunque salvi i titoli abilitativi già rilasciati fino alla data di inserimento in Elenco.

Non solo. Dalla formulazione della norma, si evince come i divieti diventino operativi solo a far data dall'inserimento in Elenco dell'area protetta, e non già dalla pubblicazione del decreto istitutivo, come invece accaduto fino ad oggi, in un contesto in cui, giusta il disposto di cui all'art.5 comma 3 della legge quadro sulle aree protette 6 dicembre 1991 n.394, l'iscrizione nell'elenco ufficiale delle aree protette è condizione per l'assegnazione di contributi a carico dello Stato e non già per l'operatività dei divieti previsti dagli artt. 11 e 19 e sanzionati agli artt. 30 e 31 della legge quadro.
Peraltro, la norma di cui trattasi va letta in anche alla luce di quanto previsto al comma 2 dell'art.17 del decreto, che prevede che possano essere rilasciati provvedimenti conseguenti o comunque connessi (deve appuntarsi come la formulazione della norma risulti quantomeno vaga...) , comprese proroghe o il rilascio di concessioni conseguenti a un rinvenimento di un permesso di ricerca già rilasciato.

Ciò significa che se il titolo abilitativo è relativo ad un'area protetta di nuova istituzione, il rilascio della proroga è comunque possibile se questo avviene prima dell'inserimento in Elenco Ufficiale. In un contesto in cui è noto che dall'istituzione dell'area protetta al suo inserimento in Elenco possono trascorrere dei mesi ed in alcuni casi addirittura degli anni...

Evidentemente, pur disponendo il nostro Paese un patrimonio unico al modo, sia dal punto di vista culturale che ambientale (che peraltro vale diversi punti di PIL....) non diversamente dal recente passato, al Governo attualmente in carica disporre di un Ambiente con la tripla A non interessa affatto... come è stato giustamente osservato in queste ore dalle Associazioni ambientaliste, la sproporzione tra danno collettivo ed interesse privato è davvero sconcertante...

La temuta liberalizzazione delle trivelle è stata smentita  questo pomeriggio dal senatore del Pd, Francesco Ferrante, dopo un colloquio col ministro Clini. Clicca qui per leggere la smentita

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