[12/01/2012] News

Bioshopper, un successo italiano, ma bisogna fare chiarezza su biodegradabilità e compostabilità

Assobioplastiche ha organizzato oggi a Roma una conferenza-dibattito sul tema " Un anno di divieto: dodici mesi di successi con molte domande" che è stata l'occasione, «Ad un anno dall'entrata in vigore del divieto di commercializzazione di shopper monouso non biodegradabili, che ha prodotto ottimi risultati in termini di cambiamento delle abitudini dei cittadini sull'asporto merci e contribuito alla crescita della filiera industriale delle bioplastiche», per presentare l'ultima ricerca, commissionata all'Ispo di Renato Mannheimer, Presidente Ispo, sulla ricezione della legge da parte dei commercianti italiani.

Secondo David Newman, segretario generale di Assobioplastiche, «La ricerca conferma che l'attenzione ai temi ambientali è oramai patrimonio di questa categoria, così come già osservato con i cittadini/consumatori ed evidenzia alcune criticità che a parere di Assobioplastiche richiedono risposte urgenti da parte del governo, per dare maggiore chiarezza sia ai produttori che agli utilizzatori».

Il 97% degli italiani sa dell'entrata in vigore della legge; il 90% pensa che sia un positivo passo avanti nel riaspetto dell'ambiente; il 92% che è positiva se costringe tutti a diventare più responsabili nei confronti dell'ambiente; il 41% pensa che sia stata applicata in modo troppo affrettato e con poca informazione, mentre il 59% non è d'accordo con queste critiche.

Passando alla diffusione dei sacchetti biodegradabili e/ma non compostabili si scopre che il 96% utilizza sacchetti biodegradabili, il 68% quelli di carta e il 34% continua comunque ad utilizzare ancora anche quelli di plastica. Il 74% degli intervistati dice di conoscere la differenza tra "biodegradabile" e "compostabile", mentre il 58% sa della certificazione dei sacchetti compostabili.

Il 51% dice di utilizzare sicuramente sacchetti compostabili, il 21% crede di farlo, il 22% non li usa e il 6% crede di no. Tra chi dichiara di utilizzare sacchetti anche compostabili solo il 40% dice di richiedere la certificazione al fornitore.

Ma solo il 10% di chi ha in precedenza dichiarato di aver adottato il biodegradabile indica un materiale compostabile (MaterBi o altri), i più non sanno di che materiale si tratti. Considerando le informazioni fornite dagli intervistati riguardo all'utilizzo dei sacchetti, alla loro certificazione ed al materiale viene fuori che solo il 10% utilizza "autentico compostabile"; il 60% utilizza compostabile sul quale non c'è certezza; il 26% biodegradabili non compostabili e il 4% né biodegradabili né compostabili.

8 su 10 si dicono sorpresi della non compostabilità dei sacchetti biodegradabili, che vanifica l'impegno personale, ma il 76% giustifica la loro presenza finché non ci sarà una legge che obbliga ad utilizzare sacchetti compostabili.

Dalla ricerca emerge che «Chi non utilizza biodegradabile ha un maggiore smercio di shoppers. Chi utilizza compostabile riceve evidentemente più clienti già forniti di sporte o sacchetti propri», tra chi usa biodegradabile o compostabile, il 28% fa pagare il sacchetto (prevalentemente tra i 6 e i 10 centesimi) 7 su 10 lo forniscono gratuitamente.

Il Consorzio italiano compostatori ha presentato i risultati di un'analisi nella quale «Si registrano significativi mutamenti nelle abitudini degli italiani nell'utilizzo degli shopper compostabili, con particolare riferimento alla raccolta differenziata della frazione organica».

Intervenendo alla conferenza-dibattito, Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente, ha detto che «Il bando sui sacchetti di plastica è un successo italiano, ma il commercio al dettaglio è inondato da finti bio-shopper. Per questo è urgente approvare una norma che definisca al meglio il concetto di biodegradabilità»

Infatti, come conferma il sondaggio Ispo, gli italiani infatti, apprezzano molto il bando sui sacchetti non biodegradabili, «Ma ora serve un intervento normativo necessario a fare chiarezza sul concetto di biodegradabilità e compostabilità dei sacchetti diffusi in commercio - ha sottolineato la Muroni - A un anno dall'entrata in vigore del bando, infatti, soprattutto il commercio al dettaglio è stato inondato da sacchetti di plastica tradizionale arricchiti con additivi chimici spacciati per "bio" ma che in realtà sono inquinanti quanto gli shopper banditi dal 1 gennaio 2011.

Questi sacchetti, ad esempio, se usati per la raccolta differenziata dell'organico domestico, inquinano pesantemente il compost prodotto dagli impianti di compostaggio con frammenti di plastica, oltre a non degradarsi completamente qualora dispersi nell'ambiente. Chiediamo al ministro Clini di recuperare al più presto l'articolo del decreto Milleproroghe approvato dal Consiglio dei ministri ma poi inspiegabilmente scomparso prima della firma del Presidente Napolitano, che prevedeva la regola dello spessore al di sotto del quale i sacchetti devono essere realizzati con materiali biodegradabili e compostabili secondo la norma EN 13432. Solo in questo modo riusciremo a completare la rivoluzione italiana, partita con il bando e diventata un modello da seguire a livello mondiale, che ha fatto riscoprire ai cittadini del nostro Paese la sana abitudine dell'uso delle sportine riutilizzabili, fondamentali per ridurre concretamente l'uso dei sacchetti usa e getta. Serve poi una campagna informativa sull'innovazione delle bioplastiche, recentemente oggetto di critiche da parte di alcuni soggetti evidentemente poco informati, perché sostenere che la loro produzione possa affamare il mondo togliendo spazio alle colture alimentari, vuole dire non conoscere il settore, che usa invece anche materiali vegetali di scarto che non avrebbero altri utilizzi. Le biopastiche sono il futuro di questo settore e non a caso il rilancio di alcuni poli chimici italiani in difficoltà o smobilitazione, come Porto Torres o Terni, prevede proprio la riconversione dei cicli produttivi dalla vecchia chimica del petrolio alla nuova chimica verde delle materie prime rinnovabili».

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