[10/01/2012] News

Disastro del Golfo del Messico: erano esatte le (peggiori) stime iniziali sulle quantità di idrocarburi sversati

Mentre la British petroleum, il colosso petrolifero britannico a cui sono state addossate le maggiori responsabilità del disastro nel Golfo del Messico avvenuto nell'aprile 2010, cerca di far pagare i danni ad altre multinazionali  coinvolte in qualche misura nell'incidente  alla piattaforma  Deepwater Horizon,  una ricerca condotta dall'Agenzia americana per lo studio dell'atmosfera e gli oceani (Noaa), pubblicata dalla rivista Pnas, conferma i dati forniti all'epoca, sui volumi di greggio fuoriusciti. Dalla falla creata in seguito all'esplosione della piattaforma si sono sprigionate più di 11 mila tonnellate di idrocarburi al giorno (59 mila barili) per tutti i tre mesi di durata dell'incidente.

I dati del Noaa si basano sulle analisi chimiche di acqua e aria fatte nei giorni dell'incidente. «Con questo studio abbiamo usato i dati disponibili per capire meglio cosa è andato dove e perché - ha dichiarato Thomas Ryerson - un approccio mai usato prima e che potrà essere molto utile in futuro».

Dai dati elaborati nella ricerca, spiegano i ricercatori, è emerso che gas e petrolio si sono separati subito in tre frazioni: un pennacchio sottomarino fatto di minuscole gocce soprattutto di metano e benzene, una macchia visibile in superficie con le sostanze più pesanti e appiccicose e un pennacchio aereo generato dall' evaporazione delle sostanze chimiche, contenente un mix di diversi idrocarburi.

Per la precisione secondo la ricerca sono fuoriuscite 11.130 tonnellate di petrolio e gas al giorno, mentre in tutti e tre i mesi la perdita totale è stata vicina ai 5 milioni di barili. Per quanto riguarda la frazione di metano rimasta sott'acqua, un altro studio condotto dall'Università californiana di Santa Barbara afferma che questa sostanza ormai non crea più problemi. Infatti è stata quasi totalmente "mangiata" dai batteri, grazie soprattutto alle correnti circolari dominanti nel Golfo che hanno fatto sì che le colonie di questi microrganismi tornassero più volte nei pressi della falla. 

Intanto si continua a lottare per limitare l'impatto sull'ambiente dovuto all'incidente alla nave portacontainer Rena avvenuto nell'ottobre 2011 a largo delle coste della Nuova Zelanda, vicino alla barriera corallina Astrolabe Reef. Il cargo dopo l'incidente,  in seguito al quale sono state riversate in mare oltre un migliaio di tonnellate di carburante che hanno causato un enorme danno ambientale alla fauna e  flora locali, pochi giorni fa si è diviso in due lasciando scivolare nelle acque i 300 container che erano ancora a bordo. Questo nuovo movimento della nave sta facendo riversare in mare altro carburante, anche se le autorità neozelandesi stimano che le quantità siano molto più modeste (nell'ordine delle decine di tonnellate) rispetto a quelle già  riversate nel recente passato.

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