[20/12/2011] News

Nazionalizzare Fukushima?

Nazionalizziamo il complesso nucleare di Fukushima Daiichi. La proposta è apparsa sull'ultimo numero della rivista scientifica inglese Nature. Ad avanzarla sono due autorevoli membri della Parlamento giapponese, Tomoyuki Taira e Yukio Hatoyama (quest'ultimo è stato Primo Ministro del governo di Tokio tra il 2009 e il 2010), membri della Commissione della camera dei rappresentanti (il cosiddetto "team-B", per distinguerlo dal "team-A" allestito dal governo) che sta indagando, tra mille frustrazioni, sui fatti di Fukushima.

Con un editoriale la rivista Nature se non fa del tutto propria la proposta, certo ne riconosce tutte le motivazioni.

E le motivazioni sono espresse con assoluta chiarezza dai due parlamentari nipponici. La comprensione dei fatti che hanno interessato la centrale di Fukushima Daiichi, lo scorso 11 marzo 2011, in seguito a un fortissimo terremoto e a un devastante tsunami - sostengono Taira e Hatoyama - è di importanza cruciale sia per la popolazione locale sia per il futuro del nucleare civile, in Giappone e nel mondo.

Per fornire una risposta adeguata all'incidente - continuano i due parlamentari - occorre appurare con estrema precisione cosa è accaduto e cosa sta ancora accadendo. Per appurare i fatti con precisione occorre raccogliere tutti i dati necessari e renderli pubblici.

È di particolare importanza sapere se il "peggior scenario possibile" si è verificato, ovvero se una reazione nucleare a catena auto-sostenuta si è innescata nel nucleo di uno o più reattori, generando nuovi prodotti radioattivi e calore; occorre capire se le esplosioni che si sono succedute nei giorni successivi l'incidente abbiano avuto un'origine anche nucleare o se siano state completamente di tipo chimico; se hanno rilasciato metalli radioattivi nell'ambiente; se combustibile fuso è penetrato o meno nelle fessure del pavimento e si diffuso nell'ambiente.

Il fatto è che a tutte queste domande né l'opinione pubblica, né il Parlamento giapponese e neppure il governo possono ancora rispondere. Infatti, rileva l'editoriale di Nature: «a nove mesi di distanza le domande fondamentali su cosa è avvenuto restano senza risposta. E senza risposte a queste domande, il Giappone e il mondo restano all'oscuro su cosa non ha funzionato, su cosa dovremmo fare ora e su come sarà possibile in futuro prevenire incidenti del genere».

Il motivo di questa sconcertante mancanza di informazione è il fatto che i dati sono raccolti e controllati dalla Tokyo Electric Power Company (Tepco), la società privata che gestisce l'impianto. La Commissione d'indagine parlamentare non ha la possibilità di accedere direttamente ai dati né di organizzarne una raccolta indipendente. Anche la commissione d'indagine - il "team-A" - organizzata dal governo lavora insieme alla Tepco.

La mancanza di indipendenza di chi svolge le indagini lascia, lo si voglia o no, senza risposta tutte queste domande. E, dunque, lascia senza risposta i dubbi della popolazione giapponese, delle sue istituzioni democratiche e dell'opinione pubblica mondiale. Il che è inaccettabile.

Di qui la proposta di Tomoyuki Taira e Yukio Hatoyama: nazionalizziamo gli impianti di Fukushima Daiichi, sottraiamoli al controllo di un'impresa privata e avviamo indagini indipendenti. È l'unico modo per cercare, in maniera credibile, di rispondere alle domande aperte.

Insomma, pare proprio che i due autorevoli parlamentari giapponesi e la rivista Nature ci ricordano due cose.

Primo: per gestire qualsiasi impresa nella società del rischio - ovvero nella società che ha una "coscienza enorme del rischio" - occorre il combinato disposto di tre azioni: la migliore valutazione tecnica del pericolo, l'assoluta indipendenza dei valutatori; l'assoluta trasparenza delle informazioni fornite all'opinione pubblica. Quando anche una sola di queste fasi viene, anche parzialmente, meno, viene meno l'efficacia stessa della gestione del rischio.

Secondo: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, piuttosto che un'impresa privata (ma anche un'azienda pubblica che si è data una filosofia d'impresa privatistica) riesca, in caso di rischio grave, a soddisfare le esigenze di quel combinato disposto.

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