[16/12/2011] News

Appalti pubblici, ok alle forniture eque e solidali se non violano il diritto dell'Ue

In che misura le amministrazioni pubbliche possono assumere come condizione per l'attribuzione dell'appalto, la sostenibilità ecologica e sociale dei prodotti e in particolare marchi di qualità provenienti dal settore ambientale e del commercio equo e solidale?

Le condizioni fissate dall'amministrazione aggiudicatrice per l'esecuzione di un appalto devono essere compatibili con il diritto dell'Unione. 

Questa è l'opinione dell'avvocato generale della Corte di giustizia europea il quale suggerisce alla Corte di condannare il Regno dei Paesi Bassi per essere venuto meno ai suoi obblighi e per la violazione della direttiva relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (2004/18).

Nel concreto la questione riguarda la provincia Noord-Holland, che nell'ambito di un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico avente ad oggetto la fornitura e la manutenzione di macchine automatiche per il caffè, fa riferimento ai marchi di qualità "Max Havelaar" e "EKO". In tal modo l'ente intende garantire che l'offerente, in caso di aggiudicazione, fornisca prodotti "sostenibili", i quali si contraddistinguono in particolare per la loro tollerabilità dal punto di vista ecologico e sociale.

Ma, la Commissione europea contesta al Regno dei Paesi Bassi che l'impiego dei due marchi di qualità e diverse formulazioni nella documentazione di gara violino i precetti del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici. La Commissione dunque contesta il modus operandi della provincia Noord-Holland.

Il perseguimento di obiettivi di politica ambientale e sociale è stato a lungo considerato, nel diritto in materia di appalti pubblici, un tabù. Ma è comunque ammesso che le autorità aggiudicatrici, in sede di concessione degli appalti, possano prendere in considerazione anche aspetti di politica ambientale e sociale.

Nei dettagli, sono tuttavia estremamente controversi i requisiti e la forma in cui concezioni di politica ambientale e sociale dell'amministrazione aggiudicatrice possono confluire in una concreta procedura di aggiudicazione.

Innanzi tutto la direttiva sugli appalti non consente un'interferenza illimitata dell'amministrazione aggiudicatrice nella politica di acquisto del suo futuro aggiudicatario. I suoi precetti per tale politica di acquisto devono riferirsi concretamente all'oggetto dell'appalto pubblico di forniture e non possono, ad esempio, riguardare in generale la politica di acquisto dell'aggiudicatario.
L'amministrazione aggiudicatrice non può dunque pretendere che i potenziali offerenti contengano, nel loro assortimento, unicamente prodotti provenienti dal commercio equo e solidale.

In relazione al principio di trasparenza, non vi sono obiezioni di principio a che un'amministrazione aggiudicatrice, al fine di precisare le condizioni di natura sociale per l'esecuzione dell'appalto da essa fissate, faccia riferimento ad un marchio di qualità e di garanzia del commercio equo e solidale Fair trade, rinunciando al contempo ad un elenco dettagliato dei criteri alla base di tale marchio.
Infatti, è legittimo aspettarsi da un offerente ragionevolmente informato e normalmente diligente che egli sia a conoscenza dei marchi Fair trade impiegati nel mercato di cui trattasi, o che in ogni caso si informi presso gli organismi di certificazione di tali marchi in merito ai criteri da essi fissati. 

Quello però che non si può pretendere dalle amministrazioni aggiudicatrici è che esse enuncino, nelle condizioni dell'appalto, le proprie concezioni in ordine alla nozione di commercio equo e solidale. Al riguardo, la maggior parte delle medesime sarebbe probabilmente comunque priva delle necessarie competenze. Inoltre, concezioni diverse delle amministrazioni pubbliche quanto agli elementi essenziali del commercio equo e solidale (ad esempio sul livello dei prezzi, sulla durata ragionevole dei rapporti di fornitura fra i commercianti e i produttori nei paesi in via di sviluppo, nonché sul tipo e sulla portata del prefinanziamento della produzione ), comportano il serio rischio che si pervenga ad una frammentazione del mercato.

 

 

 

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