[16/12/2011] News

Dopo Durban la paura per la crisi ecologica č aumentata

Urgenza ancora pių rilevante di quella relativa alla crisi economica e finanziaria

La 17° Conferenza delle Parti della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici tenutasi a Durban in Sud Africa (vedasi www.unfccc.org) ha preferito, ancora una volta, rimandare, dilazionare, prendere tempo. Se facciamo i calcoli rispetto alle decisioni che sono state adottate in questa sede (decisioni, sia chiaro, certamente utili per non frenare il percorso negoziale), siamo in grado di constatare che passeranno almeno nove anni prima di vedere perseguiti, dalle nazioni nel mondo, impegni significativi di riduzione delle emissioni dei gas che modificano la composizione chimica dell'atmosfera ed incrementano l'effetto serra naturale.

Si tratta di un tempo veramente troppo lungo di inazione che, dai dati sin qui forniti dalle ricerche scientifiche, in merito all'analisi della dinamica del sistema climatico, alle sue evoluzioni ed al ruolo che sta esercitando l'intervento umano nel cambiamento climatico, l'umanità non sembra proprio potersi permettere.

Infatti l'inazione in questi casi è una scelta veramente pessima.

La comunità scientifica internazionale ha più volte documentato, con interessanti ricerche, che l'azione antropogenica nel sistema climatico è ormai evidente e che continuare a immettere gas che modificano la composizione chimica dell'atmosfera diventa sempre più pericoloso per gli effetti che ne possono derivare su tutte le società umane, il nostro benessere, le nostre economie, le nostre attività, i nostri stili di vita ecc.

Mentre aveva luogo la Conferenza di Durban, il prestigioso Mauna Loa Observatory nelle Hawaii faceva presente che la concentrazione di biossido di carbonio (o anidride carbonica)  nella composizione chimica dell'atmosfera aveva raggiunto nel novembre 2011, il livello di 390.20 ppm (parti per milione di volume) (vedasi il sito dell'Osservatorio http://www.esrl.noaa.gov/gmd/ccgg/trends/).

Se andiamo a ritroso nel tempo, da quando lo stesso Osservatorio di Mauna Loa, scrupolosamente seguito dal grande Charles Keeling, fu pioniere nel raccogliere i dati sulla concentrazione del biossido di carbonio nella nostra atmosfera possiamo constatare che questa cifra era:

Sempre durante la Conferenza delle Parti di Durban, il Global Carbon Project ha reso pubblico il suo Carbon Budget del 2010 (vedasi il sito www.globalcarbonproject.org).

Ricordo ai lettori che il Global Carbon Project è il più grande programma mondiale di ricerca sul ciclo del carbonio che rientra sempre nella prestigiosa Earth System Science Partnership (www.essp.org), patrocinata dall'International Council for Science (www.icsu.org).

Il budget del ciclo del carbonio 2010 ci documenta che il tasso annuale di crescita di biossido di carbonio nell'atmosfera è stato, nel 2010, di 2.36 ppm, uno dei tassi maggiori del decennio scorso.

La media di crescita per il periodo 2000-2009 è stata di 1.9 ppm l'anno, 1.5 per il decennio 1990-1999 e 1.6 per il decennio 1980-1989.

L'incremento del 2010 ha condotto, alla fine del 2010 stesso, ad avere una concentrazione di biossido di carbonio nell'atmosfera di 389.6 ppm, il 39% in più rispetto alla concentrazione presente agli inizi della Rivoluzione Industriale ( che era di circa 278 ppm nel 1750).

Il tasso di accumulo del biossido di carbonio nell'atmosfera è dovuto alle emissioni antropogeniche e, al netto, di quanto sono in grado di assorbire i cosiddetti sinks (serbatoi) naturali e cioè le foreste, il suolo e gli oceani.

L'incremento delle emissioni da combustibili fossili è aumentato del 5.9% nel 2010 per un totale di 9.1 miliardi di tonnellate di carbonio emessi (che costituiscono 33.4 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio - ricordo sempre che per convertire il dato da carbonio a biossido di carbonio è necessario moltiplicare il valore per 3.67). Questi livelli di emissione sono i più alti che sono stati mai raggiunti nella storia umana e costituiscono il 49% in più rispetto al 1990 (l'anno cui fa riferimento il Protocollo di Kyoto).

Il contributo alle emissioni totali provengono, nell'ordine, dai seguenti stati: Cina, USA, India, Federazione Russa e Unione Europea. Si è verificato un declino repentino nelle emissioni di combustibili fossili nel 2009 dell'1.3% a causa della crisi finanziaria mondiale partita già nel 2008, ma la crescita del 5.9% del 2010 costituisce l'incremento annuale maggiore dal 2003.

Le emissioni di carbonio dovute a deforestazione e ad altre modificazioni di uso del suolo hanno contribuito per altri 900 milioni di tonnellate al bilancio globale e mostrano un declino dovuto a qualche modesto passo in avanti sul fronte della deforestazione e di nuove politiche per l'utilizzo del suolo.

I serbatoi naturali rappresentati dal suolo, le foreste e gli oceani sono riusciti a rimuovere il 56% di tutto il biossido di carbonio emesso dalle attività umane nel periodo tra il 1958 ed il 2010.

Tutti i maggiori esperti internazionali del ciclo del carbonio, che si erano riuniti anche a Roma alla FAO nell'ottobre scorso in occasione della GEO Carbon Conference  dal titolo "Carbon in a Changing World", ci dicono chiaramente che è urgente e necessario invertire questi trend negativi e drammatici.

Purtroppo questo messaggio lucido e documentato della comunità scientifica non è servito a far prendere decisioni serie e impegnative ai negoziatori presenti a Durban.

Ancora oggi la maggioranza dei politici e dei decisori non riesce minimamente a comprendere che il deficit ecologico assunto sin qui dall'umanità e gli effetti che stiamo subendo e subiremo sempre di più in futuro per una totale sottovalutazione del valore del capitale naturale, sono da considerare un priorità di estrema urgenza.

Credo di poter affermare che si tratta di un'urgenza ancora più rilevante di quella relativa alla crisi economica e finanziaria e che bisogna veramente fare in fretta per invertire la rotta.

Torna all'archivio