[06/12/2011] News

Primo piano d’azione per la politica blue carbon

Un km2 di ecosistema costiero immagazzina fino a 5 volte più COI2 di un km2 di foresta tropicale

Oggi l'International union for conservation of nature (Iucn) e Conservation International (Ci) hanno presentato il primo "Blue Carbon Policy  Framework - Based on the first workshop of the International Blue Carbon" sulle attività necessarie per includere le aree marine costiere, come le mangrovie, le paludi litoranee e le praterie sottomarine, nei lavori dell'United Nations framework convention on climate change (Unfccc).

Il rapporto si rivolge alla comunità internazionale nel bel mezzo della Cop17 Unfccc di Durban chiedendo che tenga conto della salvaguardia delle aree costiere nelle politiche sul cambiamento climatico e nei processi di finanziamento  in via di negoziazione.  Secondo gli autori dello studio, «E' essenziale che la Convention on biological diversity, la Convenzione di Ramsart sulle zone umide ed il carbon market volontario tengano di conto anche degli ecosistemi marini costieri».

Secondo Carl Gustaf Lundin, direttore del Global marine and Polar programme dell'Iucn. «Gli oceani e la biodiversità marina sono essenziali per regolare il clima nel mondo. Gli oceani assorbono il 93.4% del calore prodotto dal cambiamento climatico, così come un terzo dell'anidride carbonica emessa dagli esseri umani. Le aree costiere hanno anche una capacità eccezionale di stoccaggio del carbonio. Nonostante questo, attualmente, le soluzioni naturali offerte dal mondo marino di fronte alle sfide poste dal cambiamento climatico sono raramente tenute di conto nelle politiche internazionali sul cambiamento climatico».

L'Unfccc e il meccanismo Reducing emissions from deforestation and forest degradation, (Redd+) incoraggiano soprattutto la salvaguardia ed il ripristino delle foreste terrestri, ma sottovalutano l'importanza di "pozzi" costieri di carbonio come i magrovieti, le paludi costiere e le praterie sottomarine. Anche il rapporto Iucn ed Ci ammette che gli ecosistemi costieri rappresentano solo il 2% della copertura forestale mondiale, ma evidenzia che «Il miglioramento della loro gestione potrebbe aggiungersi agli sforzi realizzati per ridurre le emissioni prodotte dal degrado delle foreste tropicali. Un km2 di ecosistema costiero può immagazzinare fino a 5 volte più carbonio di un km2 di foresta tropicale matura. Ora, queste zone sono oggi distrutte tre o quattro volte più velocemente delle foreste, emettendo delle quantità non trascurabili di anidride carbonica nell'atmosfera e l'oceano e partecipando così al cambiamento climatico».

Emily Pidgeon, senior director della Marine strategic initiatives di Ci ed una delle leader dei Blue Carbon conservation scientist, spiega:  «Per noi, questo riconoscimento è cruciale. La gestione del carbonio nei sistemi costieri  potrebbe già essere inclusa in diverse component dell'Unfccc e del Redd+. Questo Piano d'azione è quindi stato realizzato per dettagliare le prossime tappe che consideriamo essenziali in termini di integrazione completa del Blue carbon nelle iniziative esistenti. Dobbiamo convincere l'insieme della comunità politica che l'importanza del Blue carbon è scientificamente  ben stabilita e che bisogna quindi considerarlo come uno strumento prezioso nel quadro degli sforzi mondiali per adattarci e far fronte agli effetti del cambiamento climatico. I nostri decision makers devono comprendere quanto sia cruciale accordargli un finanziamento adeguato per massimizzare i numerosi benefici che procura alle popolazioni».

Pierre-Yves Cousteau, ambasciatore di buona volontà dell'Iucn e fondatore dei Plongeurs Cousteau ha sottolineato che «C'è l'evidenza scientifica che la conservazione delle mangrovie, dei pantani costieri, delle praterie sottomarine e di altri habitat del Blue carbon si dimostrano uno strumento molto prezioso nella lotta contro il cambiamento climatico, Queste zone costiere fangose ci aiutano anche ad adattarci al cambiamento climatico. Proteggono le comunità locali dalle tempeste e regolano la qualità delle acque costiere. Speriamo che un più grande riconoscimento della loro importanza tra le comunità degli esperti del cambiamento climatico migliorerà il modo in cui oggi sono gestite e conservate».

Torna all'archivio