[06/12/2011] News

Climate Change Performance Index: prima la Svezia, ultima l’Arabia Saudita. Italia trentesima

Germanwatch e Can-Europe: «Necessaria una coalizione di responsabili per proteggere il clima»

La nuova edizione del Climate change performance index (CcpiI) realizzato da Germanwatch e Can-Europe  e presentato oggi alla Cop17 Unfccc di Durban stila la classifica dei 58 Paesi che emettono più gas serra al mondo secondo quel che fanno per prevenire gli effetti del cambiamento climatici.

I primi tre posti della classifica delle performance climatiche non sono stati assegnati, e le tre piazze successive sono occupate da Paesi europei: Svezia (68,1 punti), Gran Bretagna (67,4) e Germania (67,2). I Paesi più inquinanti e meno virtuosi del pianeta sono: Arabia Saudita (24,5), Iran (36,0) e Kazakistan (38,1). Il Sudafrica, Paese che ospita la Cop17 Unfccc di Durban è 38esimo (53,6 e in discesa: le sue emissioni sono in aumento, ma le politiche nazionali per il futuro sembrano relativamente buone.  

L'Index viene determinato attribuendo un punteggio calcolato in base a tre parametri principali: il trend di riduzione delle emissioni, che pesa per il 50%; il livello assoluto di emissioni, che pesa per il 30%; le politiche climatiche per il 20%. Germanwatch avverte che la classifica, alla quale hanno lavorato più di 200 esperti dei 58 Paesi interessati, fornendo analisi delle politiche nazionali, è influenzata dalla crisi economica mondiale, come risulta dalla crescita delle emissioni nelle economia emergenti rispetto ai paesi industrializzati.

Jan Bureck, uno degli autori dello studio, spiega che «L'indice di quest'anno mostra risultati preoccupanti. La dipendenza dal carbone di tutto il mondo non è stata fermata, ma anzi è aumentata: l'80% dell'index è influenzato da trend di emissioni verso livelli assoluti di emissioni. 5 dei 10 grandi emettitori, in particolare Iran (60), Cina (57), Russia (56), Canada (54) ed Usa (52) sono stati classificati con il label "very poor" performance. Tra questi Paesi la Cina è la sola con un buon rating politico. Il suo incoraggiante sviluppo di energie rinnovabili e i target di efficienza energetica nel XII Piano quinquennale aiuteranno la Cina a scalare non poco la classifica nel prossimo futuro. Ma la maggior parte dei Paesi non riescono a starle dietro. Abbiamo bisogno di una "Coalizione dei responsabili" per una migliore protezione climatici».

Wendel Trio, direttore di Can-Europe, ha detto che «L'Ue ed altri costruttivi Paesi sviluppati ed in via di sviluppo, incluse le economie emergenti, vedono ormai da lontano Usa, Canada ed altri ancora più ritardatari. L'Ue svolge un ruolo importante nello sviluppo di questa "Coalition of the responsible". Anche se i risultati mostrano chiare differenze tra gli Stati membri dell'Ue, l'Ue deve unirsi dietro l'obiettivo di tagliare le sue emissioni di gas serra  di almeno il 30% entro il 2020. Un'azione più decisa sotto la presidenza di turno entrante della Danimarca dovrebbe aumentare le performance in tutti i Paesi Ue. I primi tre Paesi dell'Index dovrebbero guidare l'intera Ue verso una maggiore azione sul cambiamento climatico supportando in questo la presidenza danese».

Tra i Paesi europei che ancora frenano c'è senz'altro l'Italia, al trentesimo posto della classifica con 55,4 punti, anche se in netta risalita rispetto al precedente Index, dove occupavamo un miserevole quarantunesimo posto.  Nel dettaglio, la risalita dell'Italia è dovuta essenzialmente alle politiche climatiche nazionali , dove passa dalla 58esima alla 49esima posizione, in particolare sul fronte dello sviluppo delle rinnovabili e dell'efficienza energetica. Per quanto riguarda il livello assoluto di emissioni il nostro Paese passa invece dalla 29esima alla 27esima posizione. Per il trend di riduzione delle emissioni dal 21esimo al 18esimo posto.

Rispetto ai 27 paesi dell'Ue l'Italia è in retroguardia, in 16esima posizione, a testimonianza del ritardo accumulato negli anni passati rispetto all'azione climatica, per la miopia delle politiche governative. Un risultato confermato anche dalla 15esima posizione sui 30 paesi Ocse considerati dal rapporto.

Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente (associazione di riferimento per l'Index in Italia), evidenzia che «La posizione di Svezia, Regno Unito e Germania conferma la leadership europea nella lotta ai cambiamenti climatici e il ruolo importante che questi Paesi dovranno giocare a Durban in questi giorni. Ci auguriamo che l'Italia s'impegni al loro fianco; nonostante i passi avanti compiuti dal nostro paese nell'ultimo anno, rimane ancora molta strada da fare. Rimane il sospetto che il miglioramento dell'Italia sia dovuto principalmente alla crisi economica. Siamo, comunque, ancora indietro rispetto ai maggiori paesi europei, un divario da colmare al più presto, soprattutto ora, di fronte alla drammatica crisi in corso. Potenziare la green economy significa anche investire nelle tecnologie pulite e a basso contenuto di carbonio, rilanciando così lo sviluppo economico e la performance climatica del paese. Un primo segnale forte deve essere dato a Durban sostenendo l'Europa per rinnovare il protocollo di Kyoto e giungere a un nuovo accordo globale entro il 2015».

Anche se nessun Paese ha meritato  il voto "ottimo", alcuni governi stanno implementando le iniziative per ridurre le loro emissioni. Burck fa l'esempio della prima in classifica, la Svezia che  ha ridotto efficacemente le emissioni nel settore residenziale: «Questo è il risultato di n misure climatiche a lungo termine. Come le tasse sulla CO2 dei primi anni ‘90». Ma il governo conservatore di Stoccolma sembra ora fermo e nel 2011 ha ricevuto una scarsa valutazione politica nell'Index. 

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