[02/12/2011] News

Fragili, isolati, eterodiretti e davanti a una sfida epocale

In una settima - da oggi al 9 dicembre - tra le misure che il governo Monti presenterà lunedì al Cdm e il vertice di Bruxelles, o si gettano le basi per fare l'Italia e pure l'Europa o, per non dire che si muore, diciamo che saremo al si salvi chi può. Questo il quadro, dopo tre anni di crisi che ci ha portato esattamente dove eravamo diretti, due governi disarcionati dai mercati, il nostro e quello greco, una crisi ambientale e politica evidenziata dall'impasse della conferenza di Durban. Difficile quindi ipotizzare qualcosa di diverso - nei sentimenti degli italiani ma crediamo in quelli di gran parte come minimo degli europei - di quanto oggi sostiene il Censis: fragili, isolati e eterodiretti.

«Nel picco della crisi 2008-2009 - sostiene il rapporto annuale del Centro studi - avevamo dimostrato una tenuta superiore a tutti gli altri, guadagnandoci una good reputation internazionale. Ma ora siamo fragili a causa di una crisi che viene dal non governo della finanza globalizzata e che si esprime sul piano interno con un sentimento di stanchezza collettiva e di inerte fatalismo rispetto al problema del debito pubblico. Siamo isolati, perché restiamo fuori dai grandi processi internazionali (rispetto all'Unione europea, alle alleanze occidentali, ai mutamenti in corso nel vicino Nord Africa, ai rampanti free rider dell'economia mondiale). E siamo eterodiretti, vista la propensione degli uffici europei a dettarci l'agenda. I nostri antichi punti di forza (la capacità di adattamento e i processi spontanei di autoregolazione nel welfare, nei consumi, nelle strategie d'impresa) non riescono più a funzionare».

E ancora «Viviamo esprimendoci con concetti e termini che nulla hanno a che fare con le preoccupazioni della vita collettiva (basti pensare a quanto hanno tenuto banco negli ultimi mesi termini come default, rating, spread, ecc.) e alla fine ci associamo ‒ ma da prigionieri ‒ alle culture e agli interessi che guidano quei concetti e quei termini».

«Ognuno per sé e Francoforte per tutti» sembra il messaggio corrente secondo Il Censis. «Ma una società complessa come la nostra - si aggiunge -  non può vivere e crescere relegando milioni di persone a essere una moltitudine egoista affidata a un mercato turbolento e sregolato, e affidando la tenuta dell'ordine minimale a vertici e circuiti finanziari ristretti e non sempre trasparenti». Oggi la dialettica politica sembra prigioniera del primato, anche lessicale, della regolazione finanziaria di vertice, che però può esprimere solo una dimensione di controllo, non di evoluzione e crescita. È illusorio pensare che i poteri finanziari disegnino sviluppo. «Perché lo sviluppo si fa con energie, mobilitazioni, convergenze collettive, quindi soltanto se si è in grado di fare governo politico della realtà».

Che fare dunque per uscire dalla crisi? Per il Censis il solido «scheletro contadino», metafora in cui ritroviamo l'origine della nostra cultura di continuo adattamento, resta il riferimento della nostra evoluzione sociale. Siamo ancora una realtà in cui vige il primato dell'economia reale, nonostante l'attuale trionfo dell'economia finanziaria. La nostra crescita dell'ultimo mezzo secolo è stata il frutto di processi di sviluppo della soggettività individuale (iniziativa imprenditoriale di piccola e media dimensione, vitalità delle diverse realtà territoriali, coesione sociale, forza economica e finanziaria delle famiglie, diffusa patrimonializzazione immobiliare, radicamento sul territorio del sistema bancario, responsabile copertura pubblica e privata dei bisogni sociali): fattori ancora essenziali per superare la congiuntura negativa e il declinismo. «Potremo superare la crisi attuale se, accanto all'impegno di difesa dei nostri interessi internazionali, sapremo mettere in campo la nostra vitalità, rispettarne e valorizzarne le radici, capirne le ulteriori direzioni di marcia».

Crescono ovviamente le tensioni sociali e il loro disinnesco «passa attraverso l'arricchimento dei rapporti sociali. La lunga durata porta infatti alla differenziazione dei soggetti e dei loro comportamenti, ma la società è fatta di relazioni fra soggetti». È nel binomio «più articolazione, più relazione» che la società italiana può riprendere respiro. Lo si vede nella ricerca di nuovi format relazionali: l'esplosione dei tanti social network, la diffusione di aggregazioni spirituali, la crescita di forme amicali collettive (le crociere, le movide, le sagre), lo sviluppo di aggregazioni capaci di supplire alle carenze del welfare pubblico (asili nido, mense scolastiche, esperienze mutualistiche), la partecipazione comunitaria a livello di quartiere urbano o di area agricola, i borghi risistemati e le medie città di antico prestigio, la tenuta di tutti i soggetti intermedi portatori di interessi o di istanze civili.

Resta tuttavia ed è sempre più evidente  «Il vuoto lasciato nella fascia intermedia della società dalla polarizzazione fra il mercato (e il soggettivismo etico che esso produce) e la verticalizzazione finanziaria (e i suoi spazi astrali, ma non trasparenti) può essere riempito soltanto dalla rappresentanza». Senza il funzionamento della rappresentanza, sociale e politica, la società sarebbe priva di vitalità dialettica e dinamica sociale, oltre che di un indispensabile tessuto socio-politico intermedio.

Ed è qui che si inseriscono le nostre proposte e i nostri auspici per superare la crisi. Serve una politica che trovi nella sostenibilità ambientale e sociale la capacità di riempire quel vuoto con la forza delle idee che mirino a un cambio deciso del paradigma economico imperante dove sono i governi liberamente eletti e rappresentativi dei popoli a indicare la via dello sviluppo stesso e non i mercati. Con i tempi decisionali riportati a quelli delle decisioni democratiche e con una definanziarizzazione totale dei beni comuni. Da qui si può ripartire davvero con un'idea aggregante che prima di tutti torni ad avere come minimo la riduzione della forbice tra ricchi e poveri tra i suoi "doveri/obiettivi", accanto a quelli di conservazione delle risorse ambientali quali materia, energia, territorio, biodiversità e ovviamente commodity alimentari.

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