[14/11/2011] News

High frequency democratic

O la politica riesce a saltare in groppa al neutrino battendo così la velocità della luce, oppure cerca di rallentare la corsa dei mercati. Tertium non datur. O meglio, il tertium è il dominio incontrastato dei mercati sulla politica e quindi sulla democrazia. Qualcuno potrebbe azzardare che la democrazia in Italia è stata salvata dai mercati più che dall'opposizione o dalla giustizia e non andrebbe certo lontano dalla verità. Anzi, andrebbe più vicino di quelli che invece credono di essere gli autori materiali del defenestramento del signor B. che invece è caduto sotto i colpi del suo sedicente mentore, ovvero il business.

Chi "va forte va alla morte" non è regola valida per le società di rating e le borse, ma il problema che poteva sembrare un nostra ossessione finalmente qua e là emerge anche tra gli analisti più autorevoli dei sottoscritti. Sul Corriere della Sera di ieri infatti Massimo Nava sotto il titolo "Le due velocità di mercati e istituzioni" scrive: «La corsa contro il tempo del Parlamento italiano per approvare la legge di stabilità e la possibile nascita in ventiquattro ore del governo Monti rientrano in questa dinamica. L' urgenza delle decisioni contrasta con i tempi di un processo elettorale e con i tempi fisiologici della politica. La velocità può aprire un problema di legittimità democratica. Ma è evidente la volontà del Paese (istituzioni, parti sociali, media, opinione pubblica, una parte maggioritaria dei partiti) di fare in fretta. Con queste premesse, la fretta può restituire primato alla politica, oltre che fiducia nel sistema Italia. Nell' epoca in cui la notizia può condizionare l' economia e la velocità è la misura della politica, il consenso reale e il sostegno di una larga maggioranza di forze politiche diventano però criteri di salute di una democrazia. I ritardi della politica sono gravi, ma gli effetti di decisioni senza consenso possono essere catastrofici. La Grecia è stata un esempio. L' Italia potrebbe essere un modello».
Come si evince anche da questa riflessione, quello della velocità è davvero un nodo difficile da sciogliere. Ma in questo senso dono da prendere come buone notizie delle azioni a livello Ue ma anche in Italia che si stanno intensificando contro il cosiddetto "high frequency trading" ovvero l'attività di quelle macchinette in grado di operare migliaia di transazioni finanziarie al secondo.

La Consob infatti  ha inviato giorni fa a Borsa Italiana una lettera in cui chiede l'introduzione nel regolamento di una penale per i trader allo scattare di alcune soglie di ordini non eseguiti. L'High frequency trading (Hft), ricordava Milano Finanza il 3 novembre «pesa per circa la metà dei volumi scambiati a Piazza Affari, anche se solo una minima quantità degli ordini riesce a essere effettivamente eseguita dalle piattaforme (circa l'1%). Le negoziazioni ad alta velocità migliorano la liquidità dei mercati, ma contribuiscono anche a far impennare la volatilità degli scambi e spesso sono determinanti nei blackout dei listini. Inoltre la potenza di fuoco dell'Hft, poiché influisce nella formazione dei prezzi, favorisce la trasmissione di segnali fuorvianti per i mercati». E l'a.d. di Borsa Italiana, Raffaele Jerusalmi, parlando a margine di un convegno in corso a Palazzo Mezzanotte e riferendosi alla risposta che Borsa Italiana fornirà a breve alla Consob ha detto che «Stiamo analizzando le misure da prendere -, aggiungendo che - sono cose che abbiamo già fatto in passato e sono già previste nel nostro pricing. Pensiamo ora a come implementarle».
In Italia la lentezza persino nella sola lettura della crisi è stata un disastro, anche se va detto che ci si è speculato sopra facendo finta di non vedere, ma i tempi non possono essere e non potranno mai essere quelli suddetti. La cosa vale a tutti i livelli istituzionali in occidente, molto meno in oriente dove complice un fortissimo dirigismo la velocità di assestamento alle richieste dei mercati è invece stratosfericamente più elevata di qualsiasi democrazia.

L'Ue è solo un'avanguardia da questo punto di vista, anche perché paga il fatto di non avere portato a termine il processo di unificazione. Puntando solo sull'unificazione della moneta e del mercato, ma lasciando al palo il passaggio di sovranità da istituzioni nazionali a sovranazionali.

Prendiamo il buono, anche perché non possiamo fare altrimenti, ovvero che i mercati ci hanno liberato di una figura imbarazzante e a patto che si declini che cosa si vuol far crescere, anche il motto di Mario Monti "crescita ed equità sociale", poi però tiriamo una riga. E in tempi rapidi organizziamo una proposta di governo in grado di governare l'economia e non esserne alla mercé. E dunque, se vogliamo un governo democratico dell'economia - ma si potrebbe dire se vogliamo governare come è umano, l'economia  e non essere governati da lei - dobbiamo imporre tempi e regole alla finanza. Non c'e' alternativa. E fra le regole c'è quella aurea di tirar fuori dalla speculazione finanziaria le materie prime di ogni ordine e grado. Altrimenti si affamano i popoli e si sfonda il manifatturiero dove c'è un minimo di diritti per i lavoratori.

Infine, per quanto riguarda l'Italia, non possiamo esimerci dall'intervenire in modo deciso e definitivo sulla piaga dell'evasione fiscale...

Torna all'archivio