[18/10/2011] News

Ban Ki-moon spiega gli indignados al G20, quelli di “Occupy Wall Street“ e gli affamati invisibili

Magdalena Sepúlveda: «Le disparità aggravate dalle misure di austerità per facilitare la ripresa economica»

In attesa del summit del G20 che si terrà all'inizio di novembre a Cannes, in Francia, e visto probabilmente il sostanziale stallo (e il panico) degli incontro preparatori e i disordini e fermenti sociali in tutto il mondo, il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha deciso di rivolgersi direttamente ai leader delle 20 più grandi potenze economiche del Pianeta: «Voglio trasmettere un messaggio forte ai dirigenti del G20, sul fatto che guardare unicamente ai propri problemi interni non darà loro alcuna risposta alla grave crisi economica internazionale. I leader del G20 hanno la responsabilità cruciale di occuparsi delle loro economie, ma anche dell'economia globale».

Secondo Ban occorre «Restaurare la fiducia dei popoli. I leader devono guardare al di là delle loro frontiere nazionali. Devono optare per una vision ampia al fine di salvare questo mondo. Dobbiamo regolare i problemi con un senso di compromesso e di flessibilità. Le popolazioni sperano di vedere dei piani di azione concreti per ristabilire la situazione economica. E' quel che noi vediamo in tutto il mondo, partendo da Wall Street».

Il segretario generale dell'Onu sembra molto colpito da  "Occupy Wall Street" e dal movimento di contestazione popolare negli Usa, il cuore della finanza: «I popoli stanno mostrando le loro frustrazioni, cercando di inviare dei messaggi chiari e senza ambiguità al mondo. Le economie del G20 rappresentano l'80% del Prodotto interno lordo mondiale e l'85% della popolazione mondiale. Nello stesso tempo i leader non devono perdere di vista i miliardi di persone che sono colpite da tutte queste crisi che si svolgono nel mondo sviluppato. E' il messaggio che voglio inviare prima di partecipare io stesso  al summit di Cannes».

Intervenendo il 16 ottobre alla centoventicinquesima Assemblea dell'Unione interparlamentare a Berna, Ban si era già rivolto ai leader del G20 sottolineando «la necessità, in questi tempi di crisi, di essere immaginifici, per trovare dei nuovi modi per finanziare lo sviluppo e le energie rinnovabili per tutti. In tutto il mondo, sento delle persone dire che bisognerà imporre degli adeguamenti economici. Ma non adeguiamo le nostre speranze. Non adeguiamo i nostri sogni di bambini. Le decisioni che prendiamo oggi devono rafforzare le fondamenta per la prosperità economica per tutti».

Ma proprio la Giornata mondiale per l'eliminazione della povertà è arrivata a dimostrare quanto l'avverarsi di  quei sogni sia ancora lontano. Ban Ki-moon ha chiesto di agire in fretta contro la crisi economica, il cambiamento climatico e l'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e dell'energia «tutti fattori che minacciano i più vulnerabili. Da decenni, le Nazioni Unite agiscono per liberare gli uomini dalla povertà, abbiamo fatto dei grandi progressi in questo senso, ma oggi questi progressi sono compromessi. Troppe persone vivono nella paura. La paura di perdere il loro lavoro. La paura di non poter nutrire la loro famiglia. La paura che la trappola della povertà si chiuda come mai su di loro e li privi del diritto fondamentale di vivere in buona salute, in dignità e speranza. Di fronte a dure prove, la crisi economica, il cambiamento climatico, l'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e dell'energia e le conseguenze delle catastrofi naturali, possiamo agire. E' possibile superare questi ostacoli mettendo l'essere umano al centro della nostra azione Troppo spesso, nei dibattiti decisivi per il nostro avvenire, tre gruppi mancano all'appello: i poveri, i giovani ed il pianeta. Come ci impegniamo ad evitare un crollo mondiale nel settore della finanza, impegniamoci ad evitarne un altro nel settore dello sviluppo. Non possiamo, in nome del rigore di bilancio, rinunciare ad investire nel capitale umano, disprezzando il buon senso».

Ban ha ricordato che «E' possibile eradicare la malaria, far diminuire l'Aids, impedire che milioni di madri muoiano di parto e creare posti di lavoro e crescita investendo nell'ecologia. Ora è il momento di spingere di più per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo del millennio. Ascoltiamo insieme la gente e battiamoci per le loro speranze e le loro aspirazioni. E' così che riusciremo a costruire un mondo libero dalla povertà».

L'Onu ha stabilito la soglia di povertà mondiale a 1,25 dollari al giorno e sono 1,4 miliardi gli esseri umani che vivono al di sotto di questa soglia, che in Italia vorrebbe dire morte di inedia. La percentuale di persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno si è ridotta della metà tra il  1981 e il  2005, dal 52 al  26%, ma secondo la Banca mondiale un miliardo di persone sarà poverissima entro il  2015.

Magdalena Sepúlveda, un'esperta dell'Onu per la povertà estrema ed i diritti umani ha chiesto ai governi di affrontare immediatamente le crescenti disuguaglianze tra ricchi e poveri ed ha avvertito che «Le disparità sono aggravate dalle  misure di austerità messo a punto per facilitare la ripresa economica. Queste disuguaglianze in aumento hanno diminuito la coesione sociale, con una maggiore insicurezza ed esclusione in tutto il mondo. Se si persevera in queste disuguaglianze, il risultato potrebbe essere un aumento di disordini e conflitti sociali, come quelli visti negli ultimi mesi. Mentre gli Stati stanno andando  al "back to business", nella presunzione di un recupero  "post-crisi ", le crisi finanziarie ed economiche sono ancora in piena attività per coloro che vivono in povertà. Al ritmo attuale, ci vorranno più di 800 anni perche il miliardo di popolazione mondiale che è in fondo raggiunga il 10% cento del reddito globale. E' chiaro che i più poveri ei più emarginati hanno sostenuto il peso della crisi finanziaria, mentre i redditi dei segmenti più ricchi della società hanno continuato a salire in molti dei Paesi più colpiti. Negli Stati Uniti, ad esempio, 6 milioni di persone sono precipitate nella povertà dal 2008 e una persona su sette vive al di sotto della soglia di povertà, più che in qualsiasi altro momento negli ultimi 50 anni. L'ironia contorta è che coloro che hanno beneficiato più in passato della crescita economica e dello sviluppo sono stati coloro che stavano già meglio, e coloro che hanno sofferto di più i duri effetti cumulativi della crisi sono stati, in tutte le società, i più poveri e gli emarginati, comprese le famiglie monoparentali, gli anziani, le minoranze etniche, le persone con disabilità e i migranti. Ciò che è necessario sono misure di recupero che siano eque, accompagnate da misure di salvaguardia dei diritti umani e progettate partendo da zero, tenendo conto dei bisogni specifici delle popolazioni vulnerabili».

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