[07/10/2011] News

A Panama scontro ricchi - poveri sui finanziamenti per il clima. I Paesi africani accusano Usa e Giappone

Ai climate change talks che terminano oggi a Panama i negoziatori dei Paesi in via di sviluppo e quelli dei Paesi industrializzati si sono nuovamente scontrati all'ultimo round prima del vertice Unfccc di Durban.

Il gruppo dei African and Least developed countries (Ldc) africani ha apertamente accusato gli Usa e il Giappone di ostacolare i negoziati sulle proposte di finanziamenti di progetti legati al clima.

I Paesi più poveri dell'Africa ieri in una dichiarazione congiunta si sono lamentati perché i Paesi occidentali ricchi si rifiutano di negoziare sulle proposte per creare quel fondo globale da 100 miliardi di dollari sul quale pure avevano concordato nel 2010 in Messico al vertice di Cancun. A questo punto non si sa cosa deve fare la task force creata apposta per rendere operativo quel global climate fund. 

I Paesi africani e quelli del gruppo Lcd accusano le nazioni ricche di aver deliberatamente bloccato la presentazione di un testo che propone una serie di potenziali meccanismi di finanziamento, appoggiando allo stesso tempo la presentazione di testi che favoriscono i paesi industrializzati.
Tosi Mpanu Mpanu, della Repubblica democratica del Congo e presidente dell'African Group ai climate change talks di Panama, ha detto che «Un accordo sui finanziamenti a lungo termine deve essere alla base dell'accordo a Durban. Abbiamo dimostrato buona fede nel discutere nuove responsabilità per i Paesi in via di sviluppo e buona fede ci aspettiamo dai nostri partner nelle discussioni sul modo di attuare i loro impegni finanziari esistenti».

Il problema sembra proprio questo, con la crisi che morde e le banche da salvare, i Paesi industrializzati sembrano molto restii a fornire 30 miliardi di dollari di finanziamenti fast-start tra il 2011 e il 2013 per sostenere i progetti di adattamento climatico e per la riduzione delle emissioni nei Paesi in via di sviluppo.

E poi fioccano le accuse ai Paesi poveri di non aver speso i soldi che hanno ricevuto e di mancanza di trasparenza su come vengono investiti e distribuiti. Ma è chiaro che una governance internazionale di almeno questa partita richiede prima di tutto che gli impegni presi solennemente in consessi internazionali vengano mantenuti.

I Paesi più poveri sono sempre più preoccupati che non ci siano precisi impegni sui finanziamenti per il post-2013, La task force nominata per elaborare proposte su come dovrebbe operare il Green fund dovrebbe presentare le sue prime raccomandazioni al vertice di Durban che dovrebbero contenere una vasta gamma di meccanismi di finanziamento, come ad esempio l'espansione del carbon market a livello globale, la tassazione sulle emissioni del traffico aereo o le transazioni finanziarie.

Tutti temi che non trovano l'accordo nemmeno tra i Paesi ricchi (ad esempio tra Ue ed Usa) e i Paesi meno sviluppati temono che a Duran i Paesi ricchi si presentino con la cassa già svuotata, scaricando su di loro il costo economico della crisi a breve termine e quello sociale ed ambientale dei cambiamenti climatici a medio e lungo termine.

Anche a Panama, ancora una volta, il futuro del Protocollo di Kyoto è stato il tema che ha reso immediatamente visibile lo scontro tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo che si ripresenterà intatto alla Cop 17 Unfccc di Durban.

Ai climate change talks entroiamricani si sono riformate le solite alleanze: Giappone, Russia, Canada e Stati Uniti hanno ribadito che non firmeranno per un secondo periodo d'impegno per il Protocollo di Kyoto che scade nel 2012, ma molti Paesi in via di sviluppo, schierati dietro il Gruppo 77 + Cina, hanno insistito sul fatto che Kyoto non deve morire.

Ferrial Adam, di Greenpeace Africa, a Panama ha detto che «i Paesi sono al corrente di ciò che è accaduto a Copenaghen e si preparano chiaramente ad una lotta aperta su Kyoto. Ma a Durban dovranno mettersi i guantoni. I paesi sono fermi sui loro tacchi, proteggendo le loro posizioni nazionali. I vecchi blocchi sono ancora lì. Panama avrebbe almeno dovuto fornire un testo su cui lavorare a Durban, come anticipato dai colloqui dello scorso anno a Cancun, in Messico. Il testo sul quale si sta cercando l'accordo a Panama conterrebbe diverse opzioni per quanto riguarda il futuro di Kyoto, ma la decisione finale dovrebbe essere presa a Durban».

Il presidente del least developed countries group, Pa Ousman Jarju del Gambia, ha sottolineato che «Per i Paesi poveri sono necessari meccanismi finanziari integrati a Kyoto, per aiutarli a far fronte ai cambiamenti climatici. I paesi meno sviluppati considerano che un secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto sia di grande importanza».

Un delegato dell'Unione europea ha detto al giornale sudafricano Mail & Guardian: «Ora c'è un disperato desiderio di trovare una soluzione al dilemma di Kyoto» L'Ue starebbe discutendo le proposte per estendere Kyoto senza trattare direttamente in nome del Protocollo, ma fornendo i meccanismi finanziari che chiedono i Paesi in via di sviluppo vogliamo.

Maite Nkoana-Mashabane, il ministro degli esteri del Sudafrica che ospiterà la Cop 17 di Durban, ha lasciato Panama tre giorni prima che finissero i climate change talks, ma è ottimista: «Sono incoraggiato dall'atteggiamento delle parti a Panama. Hanno dichiarato di avere già iniziato a lavorare su un progetto di testo che guidino i negoziati di Durban». Forse si è perso qualcosa.

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