[07/10/2011] News

10 anni di guerra in Afghanistan visti dall'altra Italia: il silenzio inammissibile

Oggi è il decimo anniversario dell'inizio della guerra "Nato" in Afghanistan, una guerra non dichiarata dall'Italia che l'ha camuffata in una "missione di pace" che ci è costata morti, feriti e più di due milioni di euro al giorno.

Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace ha dichiarato: «Trovo davvero scandaloso che non se ne parli. Un mese fa non c'è stato un giornale o una televisione che non abbia dedicato ampio spazio al decennale dell'11 settembre. Oggi invece il silenzio è totale. Eppure il 7 ottobre 2001 è iniziata una guerra disastrosa che ci vede ancora pienamente coinvolti. Possiamo permetterci di non fare un bilancio di questi dieci anni di guerra? Possiamo fingere di non vedere il disastro che ha provocato? Possiamo evitare di discutere quello che dobbiamo fare ora? Mettiamo per il momento da parte le riflessioni morali, politiche e militari e guardiamo solo agli aspetti biecamente economici della faccenda. Se il primo anno di guerra in Afghanistan ai contribuenti italiani è costato circa settanta milioni di euro, oggi ne costa più di settecento. Quante famiglie in difficoltà potremmo aiutare con due milioni di euro al giorno? A quanti giovani potremmo offrire un posto di lavoro?».

Tra qualche settimana il Parlamento italiano sarà chiamato per l'ennesima volta a rifinanziare la partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan, «Nessuno può permettersi di giungere a quell'appuntamento nello stesso modo in cui ci si è arrivati per dieci anni, senza un vero confronto politico pubblico, senza una valutazione della strada che si sta percorrendo, senza una strategia e degli obiettivi chiari - dice Lotti - Decidere cosa fare della nostra presenza in Afghanistan è questione di grande rilievo pubblico nazionale e dopo dieci anni di guerra solo degli irresponsabili possono pensare di rifinanziare automaticamente la missione. Gli Stati Uniti hanno già inviato in Afghanistan il generale incaricato di organizzare il loro ritiro, alcuni Paesi occidentali lo hanno già effettuato, altri l'hanno avviato. E noi cosa vogliamo fare? Restare sino al giorno in cui se ne andranno gli americani? Aspettare che gli americani ci dicano cosa dobbiamo fare? Fino ad oggi questo dibattito è stato condotto nelle segrete stanze da un manipolo di militari e politici. Ora non è più ammissibile. Anche dal punto di vista economico. Ogni soldo speso per continuare a fare la guerra in Afghanistan è un soldo sottratto agli italiani che vivono nell'insicurezza quotidiana».

Gino Strada, il fondatore di Emergency, ricorda che «La casta politica italiana dal 2002 a oggi ha sempre approvato in modo bipartisan le spese per la guerra in Afganistan, camuffata da "missione di pace". Per tenervi una media di 3.000 soldati, ha speso fino a ora quasi 4 miliardi di euro. Il danaro delle nostre tasse per la guerra, contro la nostra Costituzione, contro le nostre coscienze. In dieci anni Emergency ha speso in Afganistan 55 milioni di euro. Con poco più dell'1% di quello che i governi italiani hanno speso per la guerra, Emergency ha realizzato 3 Centri chirurgici, un Centro di maternità, una rete di 29 Posti di primo soccorso e Centri sanitari, curando oltre 3 milioni di persone di tutti i gruppi sociali, di tutte le parti politiche, di tutti i credo religiosi. Il lavoro di Emergency, non i blindati, è il pezzo di Italia che gli afgani apprezzano. Le vittime non capiranno mai le motivazioni di chi porta lutti e miseria, le ragioni di chi semina terrore per combattere il terrorismo, di chi pratica la guerra per fare finire la guerra».

Strada non si limita alla denuncia "pacifista, ma spiega cosa avrebbe potuto fare l'Italia per gli afgani che sopravvivono in un Paese in guerra da 35 anni: «Come si traducono 4 miliardi di euro? In migliaia, non centinaia, di ospedali, cliniche, scuole. Peccato che i soldi ci siano sempre per la guerra, mai per costruire la pace e i diritti. Persino i soldi che i cittadini hanno deciso di destinare agli aiuti umanitari attraverso il 5 per mille non sono ancora stati erogati. I soldi sono lì, nelle loro banche, i cittadini li hanno versati nel 2009, ma il governo preferisce tenerseli il più a lungo possibile. Questo sta creando a Emergency grandi difficoltà economiche, perché i nostri ospedali e le nostre cliniche non possono aspettare i tempi della politica, hanno bisogni urgenti, immediati, concreti».

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