[27/09/2011] News

Le Bhutan, il regno della felicità interna lorda? Solo per i bhotia

Il Bhutan, piccolo regno quasi inaccessibile, nel cuore dell'Himalaya, brilla nell'immaginario occidentale: paese buddista "simile" al Tibet, ma preservato dal dragone cinese, destinazione turistica di lusso con un visto di circa 250 dollari al giorno e, certamente, con spettacolari cime innevate.

Inoltre, il Bhutan non è il Paese che ha introdotto, all'inizio degli anni ‘90, la nozione di "Felicità interna lorda", che ha fatto ugualmente sognare l'Occidente, come provano ancora le "assises du bonheur" tenutesi a Sète il 9 e 10 settembre?  Le Bhutan incarna la nozione mitica di Shambala, questo regno paradisiaco, radicato nei valori spirituali buddisti. Anche se, secondo alcuni, il  Bhutan sarebbe stato creato nel XVII secolo sotto il monaco Shabdrung Ngawang Namgyal, è solo nel 1907 che si insedia una monarchia realmente unificante i veri feudi e signori del territorio.

Come  per gli altri regni himalayani, le frontiere del "Bhutan" dell'epoca erano estremamente "porose" e le popolazioni di queste regioni sono sempre state fortemente diversificate in termini etnici. Quindi, come questo regno della felicità è stato conquistato da una delle sue etnie, i lhotsampa?

La storia dei  lhotsampa risale alla fine del XIX secolo, quando il Bhutan ha fatto appello a numerosi nepalesi per "bonificare" le regioni del sud del Paese. Dei contadini nepalesi, senza futuro nel loro Paese, si sono quindi installati su delle terre considerate inospitali a causa del clima molto umido e caldo del Teraï, alla base dell'Himalaya. Tre o quattro generazioni si sono succedute, tutte conservando la loro lingua, il nepali, i loro costumi  e la loro religione, l'induismo. Queste persone hanno ottenuto ufficialmente lo status di cittadini nel 1958.

Il governo Bhutanese ha denominato questa popolazione, a partire dal 1985, i lhotsampa, gli "abitanti del Sud". In effetti, la coabitazione era particolarmente stretta tra le etnie, soprattutto con i bhotia, politicamente  dominanti, che occupano soprattutto il nord del Paese. Però, questo modo di coesistenza è stato rotto radicalmente: la Legge sulla nazionalità, nel 1985, ridefinì i criteri per ottenere lo status di cittadini e condusse ad una serie di censimenti che ha provocato la riclassificazione  dei residenti ed ha potuto trasformare lo status di un cittadino a non cittadino.

In più, è imposta una sola lingua nazionale, il dzongkha, la lingua dell'etnia bhotia. Le cerimonie pubbliche induiste sono vietate, i libri in nepali bruciati e le scuole lhotsampa ed i templi induisti chiusi. Infine, sono  stati resi obbligatori per tutti i driglam namzha, vale a dire i valori, le tradizioni ancestrali ed il vestito tradizionale dei Bhotia.

Di conseguenza, tra 86 000 (Amnesty international, 1994) e 100.000 (Hindu American Foundation, 2009 ; Iom, 2003) bhutanesi di origine nepalese hanno scelto (o sono stati forzati) l'esilio all'inizio degli anni ‘90. Ma, di ritorno verso la terra dei loro avi, il Nepal, si sono ritrovati in campi di rifugiati. In seguito, 15 tavoli negoziali tra il Bhutan ed il Nepal non hanno ottenuto nulla, 7 Paesi (Usa, Olanda, Norvegia, Danimarca, Nuova Zelanda, Australia e Canada) hanno deciso, a partire dal 2007, di accogliere questi espatriati.

I lhotsampa diventati rifugiati in Canada sono attualmente residenti permanenti. Dopo aver passato quasi 20 anni nei campi sotto l'egida dell'Alto commissariato per i rifugiati dell'Onu, dopo aver visto nascere i loro bambini e, perfino, i loro nipoti, questi nuovi arrivati sono felici di aver infine trovato una patria...

Quindi, come è possibile che il Bhutan occupi sempre un posto privilegiato nel nostro immaginario? Infatti, la felicità nazionale lorda non è stata concepita per tutti i bhutanesi, ma unicamente per la popolazione bhotia che, negli anni '90, al momento dell'esodo dei lhotsampa, era numericamente minoritaria, ma politicamente dominante. I quattro pilastri (sviluppo sostenibile, preservazione della cultura, conservazione della natura e buon governo) sono principi del tutto lodevoli. Tuttavia, a ben guardare, prendiamo coscienza che il secondo pilastro diventa facilmente problematico.

Cosa intendono per "cultura nazionale" in un Paese composto da più di 25  gruppi etnici distinti? Alla domanda è stato risposto in maniera categorica: la cultura del Bhutan è quella dei Bhotia, l'etnia al potere dall'insediamento della monarchia nel 1907. Il nuovo indice della felicità nazionale lorda ha permesso alla monarchia bhutanese di legittimare, tanto all'interno che a livello internazionale, la sua repressione, la sua persecuzione delle altre 24 culture, linguistiche e religiose, presenti sul suo territorio e, più particolarmente, quella dei lhotsampa. Un po' più di lucidità sarebbe dunque consigliabile per evocare il Bhutan, anche con gli occhiali dell'economista!

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