[22/09/2011] News

Geomed 2011, si parla dei rischi del nucleare dopo Fukushima. A Saluggia via libera al nuovo deposito temporaneo delle scorie

E' in corso a Bari la quarta 4th International Conference on Medical Geology, Geomed 2011,  "Geological and Medical Sciences for a safer Environment" organizzata dalla sezione italiana dell' International Medical Geology Association (Imga) e dal'Associazione Italiana per lo Studio delle Argille, vuole fornire «Un'opportunità unica per mineralogisti, medici, scienziati del suolo, tossicologi, geochimici, veterinari, biologi, chimici e per molti altri specialisti per condividere idee e conoscenza sull'impatto dell'ambiente naturale sulla  salute».

Alla Conferenza internazionale partecipa anche Hiroshi Yasuda, capo dipartimento al National Institute of Radiological Sciences di Chiba,in Giappone, che ha detto: «Il terremoto e lo tsunami giapponese sono andati ben oltre ogni immaginazione. L'incidente di Fukushima ci aiuterà ad incentivare la cultura della sicurezza. Ciò che è avvenuto in Giappone è andato ben oltre ogni immaginazione. E' stata un'esperienza molto più intensa di quella che ci saremmo mai aspettati, nonostante viviamo da sempre in un Paese notoriamente ad alto rischio sismico».

Il Geomed 2011 barese è quindi anche l'occasione per discutere dei rischi nucleari connessi ai terremoti ed agli tsunami emersi in tutta la loro drammaticità nella tragedia nucleare ancora in corso a Fukushima Daiichi, la cui eco si è quasi spenta sui media occidentali, ma che preoccupa sempre più i giapponesi, come dimostrano le decine di migliaia di persone scese in piazza a Tokyo per chiedere l'uscita dal nucleare e che le autorità e la lobby atomica forniscano notizie veritiere sui rischi e le contaminazioni in atto.

Yasuda che è uscito per la prima volta in vita sua dall'arcipelago del Giappone per prendere alla  conferenza internazionale di geologia medica di  Bari, sembra appartenere ai filo-nuclearisti non pentiti ma prudenti: ha detto che «La combinazione incredibile di terremoto e tsunami, ben al di sopra di quanto lontanamente ci si potesse aspettare, non implica che non si possano più intraprendere iniziative industriali. Del resto, gli incidenti possono verificarsi in ogni campo, da quello spaziale a quello medico. E non bisogna dimenticare che in Giappone non c'è stato un guasto nel processo nucleare ma un incidente naturale che ha innescato un danno nella centrale. Ciò che è avvenuto a Fukushima costituisce un'ottima base di conoscenza per costruire in sicurezza e difendere le centrali nucleari, e più in generale per lavorare sul fronte della cultura della prevenzione, fondamentale per stimare il rischio e tutelare la salute pubblica».

E' il contrario di quanto dicevano i 60.000 manifestanti antinucleari di Tokyo e di quanto dicono sempre più scienziati giapponesi: il terremoto/tsunami ha scoperchiato la vulnerabilità intrinseca (e tenuta nascosta) del nucleare giapponese ed ha rivelato la sua debolezza tecnica e progettuale e la pericolosità di un comparto energetico che veniva presentato come il più sicuro del mondo. C'è quindi ben poco di naturale nel disastro di Fukushima Daiichi e molto di umano, a cominciare dalla presunzione di vulnerabilità, dai calcoli sbagliati e dall'ingordigia irresponsabile della lobby nucleare giapponese che ha sottovalutato proprio le fragilità geologiche ed ambientali riconosciute dallo stesso Yasuda.

Ma a chi gli fa notare che l'Italia e la Germania hanno deciso di uscire dal nucleare e che le energie rinnovabili rappresentano un'alternativa sempre più concreta, il capo dipartimento al National Institute of Radiological Sciences di Chiba, ribatte: «Non c'è una soluzione ottimale, non c'è una negatività assoluta e una positività assoluta. Esistono punti di forza e di criticità in ogni scelta; per puntare sul sole e sul vento, per esempio, l'Italia deve rinunciare a significative porzioni di territorio per installare i pannelli e le pale».

Ma proprio dall'Italia viene oggi una risposta indiretta su quanto territorio e rischi abbia ipotecato il nostro Paese con il vecchio nucleare che il governo voleva far rinascere prima del referendum.

Nell'impianto Eurex di Saluggia (Vercelli) possono riprendere i lavori di costruzione del deposito temporaneo "D2" per lo stoccaggio delle scorie radioattive già nel sito e quelle che deriveranno dalla dismissione della centrale nucleare dell'impianto, «In vista del loro successivo trasferimento al Deposito Nazionale», ancora da individuare e che determinerà altro spreco di territorio ed un a più ampia area "di sicurezza". A proposito di volumi, quelli del deposito temporaneo di Saluggia sono di circa 30.000 m3 per stoccare circa 4.300 m3 di scorie  a bassa e media radioattività, 2.300 m3 sono già nel sito e circa 2.000 m3 verranno dallo  smantellamento dell'impianto. Ci vorranno almeno 3 tre anni per costruire il deposito che ha una durata di vita prevista di 50 anni e che sostituisce quello esistente.

Il 29 luglio il Comune di Saluggia con un'ordinanza, aveva sospeso i lavori chiedendo al governo di rispettare gli impegni finanziari, ora dopo aver verificato che le prescrizioni che accompagnavano l'ordinanza sarebbero state rispettate, ha dato il via libera alla ripresa dei lavori, sia alla Monsud, incaricata dei lavori, che alla  Sogin. Oggi il sindaco di Saluggia, Marco Pasteris, ha detto annunciando il via libera: «Il nostro principale obiettivo é quello di prestare la massima vigilanza e attenzione affinché siano poste in essere tutte le misure atte a garantire la sicurezza del deposito e conseguentemente la salute pubblica. Per questo  abbiamo messo in atto tutti i meccanismi previsti per legge affinché i lavori vengano monitorati costantemente».

Forse Yasuda dopo Bari dovrebbe farsi un giretto a Saluggia per capire il rischi ambientali e geologici del nucleare, durante e dopo il funzionamento di una centrale. Ma temiamo che avrà di più da imparare, e per troppo tempo, dall'enorme lavoro di decontaminazione e messa in sicurezza che aspetta ancora il Giappone a Fukushima Daiichi.    

 

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