[21/09/2011] News

La Turchia rompe con la Siria, pensando al pasticcio petrolifero di Cipro e all'egemonia mediorientale

Oggi il premier turco Recep Tayyip Erdogan, dopo un incontro a New Yorl k con il presidente Usa Barack Obama, ha annunciato: «Ho interrotto i miei colloqui con l'amministrazione siriana. Non avremmo mai pensato di arrivare a questo, ma sfortunatamente quell'amministrazione ci ha spinto a prendere una tale decisione». Erdogan ha detto che la Turchia, che ospita 7mila profughi siriani, sta pensando di imporre sanzioni contro la Siria che dovrebbero essere concordate con gli Usa: «Il mio Paese non ha più fiducia nell'amministrazione siriana», ha detto il premier islamico, che ha accusato il regime di Bashir Al Assad di denigrare la Turchia.

Liz Sherwood Randall, consigliere del presidente Usa, ha detto che Obama ed Erdogan  «Hanno parlato della necessità di esercitare una maggiore pressione sul regime, per pervenire ad un risultato che risponda alle aspirazioni del popolo siriano». Erdogan aveva già detto alla vigilia del suo viaggio negli Usa e all'Onu: «Mentre in Siria il bilancio dei civili uccisi non cessa di aumentare,  constatiamo che le riforme non si sono materializzate e che i dirigenti siriani non hanno parlato onestamente. Il popolo siriano non crede più ad Assad e nemmeno io, Non gli crediamo più».

La Siria serve ad Erdogan per due motivi: per far capire agli Usa che lo scontro diplomatico con Israele sui diritti dei palestinesi non  prefigura nuove alleanze con i nemici storici degli Usa nell'area (ma sencaso una nuova egemonia moderata turca) e che la crisi in atto con  Cipro e l'Ue (e gli americani e Israele) non mette in discussione l'alleanza con gli Usa e la fedeltà atlantica di Ankara.   

Il pasticcio di Cipro sembra infatti una di quelle vicende che cadono come il cacio sui maccheroni per diversi dei protagonisti che si agitano nelle agitate acque del Mediterraneo orientale.

Cipro  ha deciso di avviare delle esplorazioni per cercare gas e petrolio offshore all'inizio di ottobre, la Turchia ha subito protestato e mosso cannoniere e truppe nell'Egeo. Ma il governo di Nicosia insiste e il 9 settembre ha annunciato che in realtà le esplorazioni erano già partite nel mare della Zona economica  esclusiva (Zee) cipriota e che le operazioni condotte dall'impresa statunitense Noble Energy si svolgono in collaborazione con Israele.

Ci sono due problemi: primo, la Zee di Cipro non è riconosciuta da Ankara che invece riconosce (unico Stato al mondo) la Repubblica turca di Cipro Nord (in realtà un protettorato di Ankara difeso dai militari turchi che invasero Cipro nel 1974), che avrebbe quindi la reale sovranità sulla Zee dove trafficano americani e israeliani; secondo quello che prima non sembrava interessare molto i turchi, la presenza degli israeliani a Cipro e nell'Egeo, ora è diventato una vera e propria provocazione, dopo la rottura diplomatica con lo Stato ebraico.

La richiesta all'Ue di impedire che Cipro assuma la presidenza di turno dell'Unione è una vera e propria provocazione (l'Ue e l'Onu riconoscono una sola Cipro, quella amministrata dai "greci") e la dice lunga su quanto ormai Ankara dia per persa l'adesione all'Unione europea.

Il governo cipriota approfitta di questo pasticcio per mettere l'Ue contro la Turchia che pretenderebbe che Nicosia non sfrutti le sue risorse petrolifere e gasiere fino a che l'isola non sarà riunificata (ma poi lavora per mantenerla divisa). Per I ciprioti greci lo sfruttamento di gas e petrolio sarà vantaggioso anche per i ciprioti turchi.  I turchi hanno minacciato di avviare ricerche petrolifere, protette dalla marina militare, nella stessa aerea e chiedono ai ciprioti di cessare immediatamente ogni attività. Intanto la compagnia petrolifera turca  Tpao è pronta a trivellare i fondali a nord di Cipro, grazie ad un accordo tra Ankara e il gioverno fantoccio di Cipro Nord. Il ministero dell'energia ti urco assicura che le prospezioni sismiche potrebbero essere condotte da una compagnia norvegese, ma non ne ha rivelato il nome.

Gli Usa si sono immediatamente schierati con Cipro ed Israele contro la Turchia, avvisando Erdogan  di non cercare di ostacolare i negoziati per la riunificazione dell'isola, l'Ue ieri ha chiesto alla Turchia di «Astenersi da ogni sorta di minaccia», ma il vice-premier turco, Besir Atala, ha confermato che Ankara congelerà i rapporti con Bruxelles se Cipro assumerà la presidenza di turno dell'Ue nel secondo semestre del 2012. Maja Kocijancic, la portavoce di Catherine Ashton, l'alto rappresentate per gli esteri dell'Ue, ha risposto ai turchi che non se ne parla nemmeno di modificare il calendario di presidenza dell'Ue e di stare attenti perché questa vicenda potrebbe compromettere «Il processo di normalizzazione dei rapporti tra la Turchia e e tutti gli Stati membri dell'Ue, compreso per esempio Cipro».

La Grecia sta a guardare, annichilita da una crisi economica sempre più grave, ma le minacce turche potrebbero essere una buona "distrazione" e far risorgere il nazionalismo anti-turco, comune sia alla destra di Nuova Democrazia che al Pasok, il partito socialista panellenico al governo, che vede l'invasione turca di Ciopro Nord come una sanguinosa ferita mai risarcita dell'orgoglio dei popoli greci.  

Sullo sfondo c'è la tensione mediorientale, alimentata dalla situazione Siria, dall'eterna questione palestinese e dalle rivolte arabe. Nicosie ha firmato un accordo con Israele che delimita le Zee nel Mediterraneo dei due Paesi, l'intesa prevede la ricerca congiunta di giacimenti sottomarini dio gas e petrolio, vitali per Israele circondato da Paesi ostili e con il rifornimento egiziano che potrebbe chiudersi da un momento all'altro dopo la rivoluzione che ha defenestrato Mubarak. Il governo israeliano aveva annunciato la scoperta di enormi giacimenti di gas e la Turchia aveva fatto finta di nulla fino a che nel 2010 gli israeliani non hanno attaccato una nave turca che cercava di portare aiuti umanitari alla Striscia di Gaza, assassinando 9 turchi. Da amichevoli e stretti rapporti tra Ankara e Tel Aviv sono precipitati: la Turchia esige scuse ufficiali mai arrivate, ha espulso l'ambasciatore israeliano e sospeso gli accordi militari con lo Stato ebraico, diventando improvvisamente un esempio da seguire per i movimenti democratici arabi ed assumendo un ruolo di opriomo piano in Medio Oriente e in Nord Africa, ma anche in Somalia.

Gestendo furbescamente i dossier Siriano e Cipriota, Ankara continua ad avere mano libera in Kurdistan e si può permettere di sferrare attacchi aerei (e probabilmente anche r terrestri) nel nord dell'Iraq contro i guerriglieri del Pkk.

Israele sembra aver definitivamente perso il suo unico amico nell'area e fa i conti con la caduta di Mubarak e con il sanguinoso declino del regime dell'antico nemico siriano che potrebbe aprire la strada ad un'egemonia del nuovo nemico turco su Siria e Libano. Un nemico che fa parte della Nato e non un "comodo" stato canaglia, ma che non disdegna di intrattenere cordiali e proficui rapporti con l'Iran, l'altra bestia nera di americani, israeliani ed europei.

La Turchia sembra in una posizione di forza e questo confronto alla fine potrebbe cambiare gli equilibri, puntellando involontariamente (politicamente) la debolezza della Grecia e l'orgoglio dell'Europa.

Non si arriverà ad una improbabile guerra tra Paesi Nato ed alleati degli Usa, ma in periodo di crisi economica nera, anche le minacce di guerra er le cannoniere che salpano servono a puntellare i governi.

Ad Atene, Nicosia e Tel Aviv forse qualcuno spera che Ankara continui a fare la faccia dura e a Cipro Nord hanno già ritirato fuori le bandiere di una secessione che sembrava moribonda.

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