[15/09/2011] News

Silvestrini a greenreport.it: «Necessaria una trasformazione del Paese, non solo energetica»

Sarà inaugurata domani l'undicesima edizione del Festivalfilosofia, che si concluderà domenica 18 settembre, dopo aver toccato Modena, Carpi e Sassuolo. Ogni anno il festival si snoda attorno ad un tema principale, e quest'edizione avrà come cardine quello della natura: il programma degli interventi è ricco di relatori di spicco, tra i quali è possibile citare i nomi dell'ambientalista Vandana Shiva, il sociologo Zygmunt Bauman o gli italiani Massimo Cacciari e Gianni Silvestrini, il primo noto filosofo e politico, il secondo direttore scientifico del Kyoto Club.

Greenrerport.it ha contattato proprio il direttore del Kyoto Club Gianni Silvestrini per una panoramica sulle tematiche riguardanti l'energia, di cui  parlerà al Festival durante la serata di sabato, accompagnato da Luigi de Paoli e Davide Tabarelli in un forum titolato "nuovi scenari e nuove fonti".

Al momento, in Italia l'unico scenario politico aperto sul fronte cruciale dell'energia sembra essere solo quello molto criticato della Robin Tax. Qual è la sua valutazione su un intervento del genere?

«Penso che sia innanzitutto iniquo, nel senso che colpisce solo un settore, quello dell'energia, non risparmiando nemmeno le fonti rinnovabili e minando così ulteriormente la loro presenza e la loro espansione sul mercato. Sarebbe potuto esser pensato diversamente, e spalmato su altre infrastrutture, come le autostrade o quelle per le telecomunicazioni. Lasciando inalterato il gettito complessivo, in questo modo ci sarebbe stata una ripartizione degli oneri».

Quello di cui si sente maggiormente la mancanza, ancora immersi in questa crisi, è forse l'assenza di una prospettiva alla quale aggrapparsi per puntare a riemergere. Anche i temi energetici non sfuggono a questa considerazione: quali pensa dovrebbero essere invece i primi passi da compiere per colmare questo vuoto?

«Direi che questa constatazione è valida soprattutto per i temi energetici: è chiaro che manca una visione d'insieme della situazione. La "perturbazione nucleare" che c'è stata,  ad esempio, nonostante il ritorno dell'atomo così come prospettato non sarebbe potuto andare in porto a prescindere da Fukushima, ha portato ulteriori turbative nel campo degli investimenti.

Il governo ha promesso e rilanciato una strategia energetica nazionale per metà novembre (promettendo una prima bozza proprio per oggi per bocca del ministro Romani, ma regolarmente non pervenuta, vedi altro articolo, link a fondo pagina, ndr), ma ci si ostina a non considerare prospettive di lungo termine, che tengano conto dei vincoli rappresentati dal proprio attuale tessuto industriale o dalla necessita di riduzione delle emissioni di CO2, come invece hanno già fatto altri paesi - ad esempio la Germania.

Di fronte alla fisiologica diminuzione della riserve petrolifere, il più inquinante dei combustibili fossili - il carbone - sta tornando in auge nel dibattito energetico italiano e mondiale, ricoperto dalle vesti dorate dello stoccaggio della CO2 e del cosiddetto "carbone pulito". La tentazione di scovare una panacea, anche fittizia, ai problemi ecologici sembra venga ancora preferita rispetto ad una lungimirante ma più difficile programmazione di ampio respiro...

«Secondo la road map europea uscita a marzo, nel 2050 si prevede una riduzione dell'80% dell'emissione di CO2, con una decarbonizzazione completa della produzione di energia elettrica. È dunque evidente come le energie rinnovabili ricoprano un ruolo centrale in una prospettiva di medio-lungo periodo, mentre non si capisce quale sia quello che dovrebbe occupare il carbone.

Capisco che si continui a parlare del carbone in un'ottica di diversificazione delle risorse, e penso che sia comunque giusto continuare a fare ricerca, anche nell'ipotesi (che per ora tale rimane) di un sequestro totale della CO2 emessa dalle centrali; è però necessario rendersi conto come sia del tutto incerto che questa prospettiva possa rappresentare una soluzione fattibile, e in questo contesto non si possa indirizzarvi nuovi investimenti.

L'Italia è dotata di un'infrastruttura termoelettrica avanzata e flessibile, adatta dunque per potersi interfacciare con le energie rinnovabili, ma è già sovradimensionata: altre centrali non avrebbero dunque senso. La strada da seguire rimane dunque la stessa, puntando su efficienza energetica e rinnovabili ed utilizzando nel frattempo il gas, non il carbone».

Nonostante la generale mancanza di interventi concreti ma anche solo di attenzione verso l'implementazione di una green economy, quella poca che viene concessa da media e politici generalmente verte proprio sull'energia. Non ci sono i rischi di marcare ulteriormente il deficit informativo rispetto agli altri temi, come la necessità di un efficiente utilizzo della materia?

«Quello dell'efficiente uso dei flussi di materia è un tema molto interessante, e lo diventerà ancora di più nei prossimi anni. Solo per fare un esempio, in Italia ci sono più impianti petrolchimici in crisi, che per risollevarsi potrebbero prendere esempio da Porto Torres, che rappresenta un riferimento nazionale (e presto anche internazionale) nella produzione di biopolimeri.

Siamo di fronte all'esigenza di una trasformazione radicale del Paese che non riguarderà certo solo l'energia, ma anche l'edilizia, i trasporti, le materie prime, la chimica... il problema è che questa percezione manca del tutto nel nostro mondo politico».

 

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