[13/09/2011] News toscana

Per lo sviluppo serve meno programmazione e concertazione?

Rifacendosi ad un editoriale del direttore de Il Tirreno, il presidente di Cispel Afredo De Girolamo intervenendo qualche giorno fa sul ruolo delle pubbliche amministrazioni al servizio dello sviluppo ha sostenuto che la nostra regione deve ritrovare una propria voce nel panorama nazionale - come è già avvenuto in passato.

Tra gli aspetti da cui prendere le mosse -salto a piè pari quello del ruolo personale specie di chi si considera da sempre in corsa ‘nazionale'- vi sarebbe in particolare l'esigenza per la Toscana di uscire da ciò che la blocca da troppo tempo e cioè un eccesso di programmazione e di concertazione: «Troppi piani e troppe discussioni, invece di fare e di decidere».

Sul fare ci potremmo star fermi più d'un'ora per scoprire e avere conferma che il partito del fare ha fatto più danni della grandine e non solo in Toscana...

Ma davvero guardandoci intorno c'è tutta questa programmazione che ci starebbe legando le mani e paralizzando? Se c'è una cosa in Italia prima ancora che in Toscana di cui è sempre più arduo trovare vaghe tracce anche nel dibattito è la programmazione ossia -come scrive la Costituzione- ‘un nuovo governo del territorio'.

E non è malattia recente se già Ciampi presidente della Repubblica cercò -purtroppo con poco successo- di rilanciare appunto una ‘nuova programmazione'. Da allora specie in campo ambientale così importante e qualificante anche per la nostra regione in Italia vi è stato prima uno stillicidio poi una azione sempre più sfacciatamente demolitoria delle conquiste più significative dal suolo alla tutela della natura e del paesaggio che hanno prodotto danni incalcolabili e vittime.

C'è stato davvero in giro un eccesso di panificazione dei bacini, dell'ambiente, del paesaggio o una crescita micidiale di condoni anche i più scandalosi?

Qui di troppo io vedo la scarsa e non sempre efficace risposta politica, culturale e anche istituzionale persino in regioni come la nostra che indubbiamente hanno fanno dignitosamente la loro parte. Ma anche qui -mi si passi la battuta- non sono mancati gli uomini del fare che hanno fatto cose che era meglio non fare o fare diversamente. La legge del 2005 sul governo del territorio e poi il PIT sono ancora lì in attesa di revisione.

Ho visto che la Regione ha fatto un accordo (CIST) con l'Università di Firenze ed altre collegate per metterci mano. Un certo lavoro lo si era già avviato sempre in sede universitaria sul paesaggio; ricordo fra gli altri un incontro a Pisa anche con l'assessore Marson. Quello che stenta a prendere corpo è un raccordo tra ripensamento e correzioni e impegno delle istituzioni specie in questo momento che le vede sballottate tra abrogazioni e accorpamenti spesso cervellotici.

In un incontro europeo a Pisa pochi giorni fa sui parchi abbiamo sentito sindaci, presidenti di provincia e rappresentanti di regione interloquire con parchi nazionali e regionali ed altre aree protette alla ricerca di raccordi e di quella ‘nuova programmazione' auspicata da Ciampi. E quel che è emerso è che l'illusione di quegli uomini del fare che pretendevano di racchiuderla e confinarla in un esclusivo rapporto tra enti elettivi ( mai così traballanti) ha fatto solo danni.

Sulla rivista dell'ANCI toscana AUT-AUT in una Bussola per la Toscana si indicano 10 priorità settoriali per il territorio vi ho trovato solo un vago accenno alla difesa del suolo soprattutto contro l'erosione costiera. Un pò poco e soprattutto un po' poco se si pensa che tutto ciò possa giocarsi nel rapporto magari rivisto tra comuni e regione. A Pisa, ad esempio, si è parlato dei Monti livornesi, della Val di Cornia, dei pachi regionali in difficoltà e non credo che si possa tardare ancora molto ad uscire un po' più allo scoperto su cosa si vuol davvero cambiare sia della legge del 2005 che del PIT e come gestire una politica di programmazione seria.

* Responsabile Parchi e Aree protette Legautonomie

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