[12/09/2011] News

"Françafrique" irrompe nella campagna presidenziale francese. Tangenti dei dittatori a Chirac e Vallepin?

François-Xavier Verschave, che nel 2002 ha scritto il libro/denuncia "Noir Chirac", definisce così la "Françafrique": «E' come un iceberg. Voi vedete la faccia superiore, la parte emersa dell'iceberg: la Francia migliore amica dell'Africa, patria dei diritti dell'uomo, ecc. E poi sotto, c'è il 90 per cento delle relazioni che è sommerso: l'insieme dei meccanismi di mantenimento della dominio nazionale francese in Africa, con degli alleati africani...». A quanto pare un pezzo di questo sporco iceberg della Françafrique, fatto di petrolio, uranio, minerali, armi, dittature, sangue e bustarelle sta venendo a galla, complici le faide della destra per elezioni presidenziali francesi, e riporta a galla proprio le bustarelle dell'ex presidente della Repubblica Jaques Chirac, sopravvissuto finora a 40 anni di potere e di "affaires" africani nella più totale impunità.

Secondo Verschave Chirac è «un uomo segreto, così diverso dalla sua immagine di "animale politico". Si dimostra un conoscitore senza pari dello Stato, piazzato al centro di vaste reti di interessi. Un uomo di  dossiers sensibili, iniziato molto giovane da Marcel Dassault al mondo dei segreti, del nucleare e della finanza parallela, in stretta collaborazione con gli Stati Uniti. Un ex tesoriere di Georges Pompidou che, dalla presidenza del Rpr (il partito gollista, ndr), al municipio di Parigi, ha saputo utilizzare, durante tutta la sua carriera, le mille ed una risorse della République occulta. Una testa di ponte della Françafrique, che ha accettato le alleanze più soffocanti, coprendo le basse operazioni degli uni e gli abusi degli altri, per  preservare i "comptoirs" ed i segreti di Stato del nostro Paese».

Nicolas Sarkozy aveva promesso, durante la scorsa campagna elettorale presidenziale che lo ha visto vincitore, una rottura con i regimi corrotti ed autoritari e annunciato, durante il suo discorso di investitura, una politica della Francia al servizio dei diritti umani. Poi ha continuato ad avere rapporti cordialissimi con i dittatori africani e solo le rivoluzioni nordafricane o qualche colpo di Stato, come in  Niger o Guinea, hanno defenestrato i dittatori amici della Françafrique. Sarkozy è intervenuto invece a "difendere" la democrazia in Libia (che è un'ex colonia italiana) e per mettere un suo uomo al potere in Costa d'Avorio, defenestrando Gbabo, amico di Chirac. Intanto mantiene truppe ed aerei, Areva e Total, a fare la guardia all'uranio ed al petrolio ed a sostenere regimi indecenti.

Ma proprio da Françafrique è venuto un nuovo scossone che ha tutto il sapore di una faida nella destra "gollista" francese. L'avvocato Robert Bourgi, che su Le Monde Philippe Bernard definisce «consigliere occulto di Nicolas Sarkozy» per l'Africa, una delle figure più inquietanti degli sporchi affari della Françafrique ha detto in un'intervista al Journal Du Dimanche di aver «partecipato a diverse rimesse di mazzette a Jacques Chirac» e di aver rimesso dei fondi anche all'ex primo ministro e ministro degli esteri francese Dominique de Villepin, diventato un acerrimo nemico di Sarkozy. Villepin ha detto che «tutto questo non è altro che assurdità e cortine di fumo. Le accuse che porta sono gravi, scandalose, dettagliate come tutti i cattivi thriller ed è per questo che, come Jacques Chirac, lo denuncerò». L'avvocato di Chirac, Jean Veil, subito dopo l'uscita dell'intervista ha annunciato che «in seguito alle dichiarazioni date oggi da Robert Bourgi, il president Jacques Chirac mi ha chiesto di presentare una enuncia per diffamazione».

Ma le accuse di Bourgi sono pesantissime: ha assicurato di «aver partecipato a più rimesse di mazzette a Jacques Chirac, in persona, al Comune di Parigi Non aveva mai meno di 5 milioni di franchi. Questi potevano arrivare fino a 15 milioni. Mi ricordo della prima rimessa di fondi in presenza di Villepin. Il denaro veniva dal maresciallo Mobutu, presidente dello Zaire (oggi Repubblica democratica del Congo, ndr). Era nel 1995. Mi aveva confidato dei 10 milioni di franchi che  Jacques Foccart aveva rimesso a Chirac».

Bourgi ama presentarsi proprio come il successore di Foccart, le Monsieur Afrique dell'Eliseo dei gollisti e spiega sul Journal Du Dimanche che si trattava di bustarelle per «diverse decine di milioni di franchi all'anno. Soprattutto durante i periodi elettorali. All'avvicinarsi della campagna presidenziale del 2002, Villepin mi ha apertamente chiesto "la marche à suivre". Attraverso la mia intermediazione, e nel suo ufficio, cinque capi di Stato aficani - Abdoulaye Wade (Senegal), Blaise Compaoré (Burkina Faso), Laurent Gbagbo (Costa d'Avoirio), Denis Sassou Nguesso (Congo Brazzaville) e, naturalmente, Omar Bongo (Gabon) - hanno versato circa 10 milioni di dollari per questa campagna del 2002».

Bourgi, che naturalmente ha detto di parlare esclusivamente a nome suo, ha concesso l'intervista alla vigilia dell'uscita di un libro che sembra destinato a sconvolgere ancora di più la già terremotata campagna elettorale francese: "La République des mallettes" di Pierre Péan, che riporta anche le trame e le tangenti della Françafrique. Ma Péan dice che bisogna prendere le parole di Bourgi «con la più grande prudenza. Perché nessuno verrà a corroborale». Naturalmente, secondo Bourgi, queste pratiche sono cessate miracolosamente nel 2007, dopo l'arrivo di Sarkozy al potere: «Nè Omar Bongo, né alcun altro capo di Stato africano, attraverso la mia intermediazione, ha rimesso denaro, né a Nicolas Sarkozy, né a Claude Guéant», cioè all'ex-segretario generale dell'Eliseo ed attuale ministro degli interni.

Stranamente è proprio l'ex numero due dell'ex presidente ivoriano Gbagbo, deposto dagli aerei e dai commandos di Sarkozy, a confermare che 3 milioni di euro sono stati trasferiti da Abidjan a Parigi per finanziare la campagna elettorale di Chirac, mentre Senegal e Gabon smentiscono le accuse. Bourgi ha confermato le accuse su radio Rtl, annunciando che è pronto a spiegare tutto davanti alla giustizia.

Secondo Villepin la vicenda ha che fare con l'affaire Clearstream che verrà discusso mercoledi alla Corte d'Appello di Parigi, che potrebbe confermare la sua estraneità, mettendo nei guai Sarkozy e rilanciando le sue quotazioni come candidato della destra a 7 mesi dalle elezioni presidenziali. La lotta pare senza esclusione di colpi: Villepin, dopo essersi presentato come un moralizzatore della politica francese, ha detto al Journal Du Dimanche che si tratta di un attacco proveniente dall'Eliseo e su Rtl ha definito "Libro di fantasmi" quello di Pierre Péan, qualificando questo giornalista noto per le sue inchieste come "Principe delle tenebre".

Robert Bourgi, gollista della prima ora, viene da una famiglia di commercianti libanesi, viaggia in Maserati e in Africa va solo con aerei privati offerti dalle grandi imprese molto interessate alle sue amicizie con i governi di Gabon, Congo-Brazzaville, Costa d'Avorio e con diversi dittatori africani, ma è soprattutto in Gabon che "regna": chiamava Omar Bongo "papa" e partecipava agli incontri ufficiali del dittatore con i ministri francesi ed è stato proprio lui ad annunciare il 7 giugno la morte clinica dell'eterno uomo forte del Gabon, che il regime terrorizzato cercò di smentire. Ma Bourgi voleva gestire personalmente la successione del suo  "papa", d'altronde il successore era il suo figlioccio Ali Ben Bongo, erede del defunto e presentato come «iIl miglior difensore degli interessi francesi in tutti i settori», ma come fece notare un alto diplomatico francese Ali Bongo è un cliente di Bourgi e se non fosse stato eletto avrebbe perso uno dei  suoi ultimi grandi mercati.

E pensare che è stato proprio grazie a Jacques Chirac che Bourgi ha incontrato nel 1978 il più solido alleato africano  dell'epoca di Parigi, Félix Houphouët-Boigny, primo presidente della Costa d'Avorio e inventore del concetto di Françafrique, che gli ha aperto la strada verso il presidente del Congo, Denis Sassou Nguesso e Omar Bongo. Dopo i rapporti con Chirac si sono guastati, anche perché la diplomazia ufficiale non vedeva di buon occhio le manovre e l'enorme potere di questo ambasciatore informale e parallelo. Ma questo non ha impedito a Bourgi di incontrare Villepin una volta al mese. Ora i buoni rapporti di Chirac con Bongo e Sassou e le bustarelle diventano una clava che Sarkozy userà in campagna elettorale.

Uno come Bourgi non poteva non finire nei dispacci americani resi noti da WikiLeaks. I diplomatici Usa sono molto interessati e incuriositi dalla politica neocoloniale incarnata dalla "Françafrique", con la sua rete di canali paralleli. In un cablogramma del novembre 2009 pubblicato da Le Monde si legge: «La natura imprevedibile ed a volte violenta degli avvenimenti in Africa può a volte tentare, perfino obbligare, i francesi ad agire in maniera meno virtuosa di quel che vorrebbero. Come sanno tutti i governi del mondo, il mezzo più efficace (...) per difendere l'interesse nazionale non è necessariamente il mezzo più carino».

Per gli africanisti dell'ambasciata Usa a Parigi la figura che incarna oggi la "Françafrique" è proprio Bourgi e gli americani lo segnalano nel 2009 al fianco dei francesi nei negoziati internazionali successivi al colpo di Stato in Madagascar e anche loro evidenziano l'ostilità verso di lui della diplomazia ufficiale dell'Eliseo. Rémi Maréchaux, che allora era uno dei tre consiglieri per l'Africa di Sarkozy, spiega agli americani che Bourgi è «un mercenario preoccupato solo del suo benessere, un'opportunista, un lobbyista indipendente che tenta di migliorare il suo valore commerciale ingrossando il ruolo che pretende di giocare attraverso delle fughe di notizie organizzate nei giornali economici». La pensa cosi anche un altro consigliere dell'Eliseo, Romain Serman: «Il primo obiettivo di Bourgi è di fare la sua promozione in vista del suo arricchimento personale, non rappresenta il governo francese», ma Maréchaux, ammette con i diplomatici Usa che «Bourgi fornisce dei preziosi consigli al governo francese sul Senegal, il Gabon e il Congo Brazzaville».

Gli americani, secondo quanto emerge da WikiLeaks, si sono fatti un'idea chiara su Bourgi: «E' la quintessenza del protagonista della Françafrique, implicato negli intrighi, non importa dove, in Africa».

Dopo l'affaire del Gabon, temendo di essersi alienato le simpatie della famiglia  Bongo, Bourgi ha  puntato su nuovi mercati: Madagascar e Mauritania e gli americani dicono in un cablogramma che, insieme al segretario generale dell'Eliseo, Claude Guéant, nel 2009-2010 «hanno apparentemente soppiantato i consiglieri dell'Eliseo Bruno Joubert e Rémi Maréchaux e può darsi anche il consigliere diplomatico Jean-David Levitte».

Per quanto riguarda la Mauritania Bourgi nel 2009 ha organizzato un incontro "privato" all'Eliseo tra il generale golpista Aziz e Claude Guéant sul terrorismo di Al Qaeda nel Sahel, poi ha reso tutto pubblico, secondo gli americani «Per dimostrare che restava influente dopo l'episodio Bongo». La cosa è stata molto imbarazzante per i francesi, visto che il golpe di Azi dell'agosto 2008 era stato condannato da Sarkozy, poi si è sistemato tutto, perché pochi mesi dopo il generale è stato eletto presidente della Mauritania, con la benedizione e i finanziamenti di Parigi.

Anche in Gabon va di nuovo tutto bene per Bourgi: alla vigilia di un viaggio di Sarkozy nel Paese africano nel febbraio 2010, in un dispaccio dell'ambasciata Usa si legge: «Siamo costretti a far notare che, a credere alla stampa, Bourgi sarà presente nell'aereo di Sarkozy». Mentre i diplomatici ostili al potente consigliere ombra di Françafrique non sono più al loro posto all'Eliseo.

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