[29/08/2011] News

L'Autorità per l'energia boccia la "Robin tax" del governo. Il testo integrale

Ecco il testo integrale della segnalazione al Parlamento con la quale l'Autorità per l'energia elettrica e il gas boccia la "Robin Tax" proposta nella manovra del Governo.

Segnalazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas al Parlamento e al Governo in ordine ad alcuni effetti dell'art. 7 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 nei settori dell'energia

Premessa

L'Autorità per l'energia elettrica e il gas (di seguito: l'Autorità), nell'esercizio della funzione consultiva e di segnalazione al Parlamento e al Governo nelle materie di propria competenza, di cui all'articolo 2, comma 6, della legge 14 novembre 1995, n. 481, formula, attraverso la presente segnalazione, proprie osservazioni in merito agli effetti che l'articolo 7 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, potrebbe comportare nei settori dalla medesima regolati.

Le disposizioni dell'art. 7 del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138

L'articolo 7 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 introduce alcune modifiche all'articolo 81, comma 16, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, come già modificato con la legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133 e con la legge 23 luglio 2009, n. 99. In particolare, le disposizioni riguardano misure fiscali di  perequazione tributaria per i settori petrolifero, del gas e dell'energia elettrica, applicate come maggiorazione di imposta sugli utili delle aziende (Ires).

Le nuove disposizioni:

a) diminuiscono la soglia del volume di ricavi oltre la quale si applica la maggiorazione d'imposta (da 25 M€ a 10 M€) nei casi di reddito imponibile superiore a 1 milione di euro;

b) ampliano il novero delle attività energetiche cui si applica la citata maggiorazione includendovi anche le attività di trasmissione e dispacciamento dell'energia elettrica, trasporto del gas e le attività di distribuzione sia del gas che dell'energia elettrica;

c) eliminano l'esenzione dall'applicazione dell'addizionale Ires precedentemente previste per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (biomasse, solare-fotovoltaica, eolica);

d) incrementano dal 6,5% al 10,5% l'addizionale Ires, da applicarsi nei tre esercizi finanziari successivi a quello in corso al 31 dicembre 2010;

e) confermano il divieto di traslazione dell'onere sui prezzi/tariffe al consumo la cui vigilanza è posta in capo all'Autorità.

Considerazioni preliminari

La ratio alla base della maggiorazione dell'Ires del decreto-legge n.112/08 era collegata al riassorbimento degli extra margini che si riteneva le imprese energetiche conseguissero sulla base del differenziale tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita. Come dichiarato, il meccanismo avrebbe obbligato le imprese a far emergere la plusvalenza realizzata dagli stock di materia prima comprati a basso prezzo. Proprio sulla base di questa ratio, erano state escluse dal provvedimento le attività regolate, cioè quelle attività i cui ricavi già riflettono il sistema tariffario definito dall'Autorità di regolazione in ragione dei costi efficienti del servizio.

La nuova impostazione, di fatto, supera i presupposti alla base del decreto-legge n. 112/08, individuando nell'addizionale Ires un mero strumento di prelievo fiscale, finalizzato all'urgente raggiungimento degli obiettivi di stabilizzazione finanziaria che il decreto-legge n. 138/11 si prefigge di conseguire.

Incidenza sul settore dell'energia

Per valutare gli effetti della nuova disposizione è necessario considerare che il principale effetto di un aumento dell'Ires è quello di ridurre la propensione all'investimento nell'attività colpita dall'aumento stesso. Nelle attività svolte a mercato, è attraverso la contrazione degli investimenti e, di conseguenza, dell'offerta che può aver luogo, in linea generale, la futura traslazione degli effetti dell'aumento dell'imposta diretta sui prezzi e quindi sui consumatori. Del resto, le condizioni di mercato nel giugno 2008 consentivano, nelle attività cui trovava originariamente applicazione l'articolo 81, comma 16, del decreto-legge n.112/08, margini di profitto tali da non dare luogo a criticità sul livello degli investimenti (petrolio a quasi 150$/bbl nel luglio 2008). Si deve considerare che il contesto di mercato in cui interviene la manovra in analisi è sensibilmente diverso rispetto a quello in essere a giugno 2008. Ciò vale in particolare per l'attività di produzione di energia elettrica da fonti tradizionali (termoelettriche) e, più specificatamente, per gli impianti termoelettrici a ciclo combinato, anche di recente realizzazione, che utilizzano il gas naturale.A causa della contrazione dei consumi in seguito alla crisi internazionale e della riduzione della quota di mercato contendibile in seguito al prepotente aumento delle fonti rinnovabili incentivate, i margini conseguibili dagli impianti termoelettrici si sono fortemente ridotti. D'altra parte - soprattutto in un'ottica di medio periodo - la capacità produttiva degli impianti termoelettrici risulterà necessaria a garantire la sicurezza del sistema, anche a causa dell'ingresso atteso di nuova capacità da fonti rinnovabili con caratteristiche di produzione intermittente. L'aumento dell'addizionale Ires previsto dalla misura rischia quindi di colpire il settore termoelettrico proprio nel momento di sua maggiore debolezza, riducendo la capacità di fare fronte al momento di transitorio eccesso di capacità produttiva e di ridurre, quindi, la capacità del sistema di operare in sicurezza nel medio periodo, quando la ripresa della domanda, la contrazione attesa delle importazioni dall'estero e le aumentate esigenze di riserva poste dallo sviluppo delle rinnovabili richiederanno di poter disporre di capacità produttiva tradizionale per quantità non inferiori a quelle attuali.

Criticità potrebbero del resto presentarsi anche con riferimento alle fonti rinnovabili, riducendo la propensione all'investimento in un settore fondamentale per la gestione delle problematiche ambientali e la crescita sostenibile dell'economia.

Per quanto attiene ai servizi a rete delle attività energetiche (elettricità e gas), cui il decreto-legge n.138/11 estende l'applicazione della maggiorazione d'imposta, questi sono disciplinati dai provvedimenti dell'Autorità che, per quanto rileva in relazione all'oggetto della presente segnalazione, definisce sia la remunerazione degli investimenti effettuati (sulla base degli investimenti iscritti in contabilità, opportunamente rivalutati per tener conto delle dinamiche inflazionistiche), sia le dinamiche di degrado del loro valore (ammortamenti), sia, infine, la copertura dei costi operativi per la loro gestione. Il meccanismo tariffario è basato sostanzialmente

sui costi medi riscontrati nei diversi segmenti regolati della filiera produttiva e implica, conseguentemente, un sistema tariffario incentivante: se l'impresa riesce a realizzare performance migliori di quelle a base delle valutazioni tariffarie, consegue margini ulteriori rispetto a quelli definiti dalla sola remunerazione del capitale investito. Il periodo tariffario è previsto della durata di quattro anni; al termine di ogni periodo viene effettuata una verifica dei costi riconosciuti e, ove si evidenzino margini a favore delle imprese, questi vengono trasferiti ai clienti finali secondo profili di trasferimento prefissati.

In sintesi, i margini che le imprese soggette a regolazione tariffaria possono conseguire dipendono essenzialmente: dalla remunerazione del capitale investito, dalle maggiori efficienze nei costi operativi, dalle politiche finanziarie attuate dalle imprese rispetto ai valori e ai parametri riconosciuti in tariffa, da eventuali incentivi per il conseguimento di specifici obiettivi sfidanti (miglioramento della qualità del servizio) e dal differenziale tra le quote di ammortamento riconosciute dal sistema tariffario e il valore delle medesime iscritte nel bilancio civilistico. A titolo puramente esemplificativo: per Terna così come per Italgas, la quota parte degli utili derivante dalla sola remunerazione del capitale pesa per circa il 70%, rispetto all'utile pre-tasse riportato nel bilancio 2010.

Una regolazione così impostata cerca un equilibrio tra: a) aumento dell'efficienza e conseguente riduzione dei corrispettivi applicati ai clienti; b) aumento della qualità del servizio; c) sviluppo delle infrastrutture. Nella sua continuità e coerenza regolatoria, il sistema tariffario e i suoi meccanismi incentivanti hanno perseguito sia la riduzione delle tariffe (figura 1), sia l'aumento della qualità (figura 2), sia lo sviluppo delle reti (figura 3). L'Autorità già ha segnalato nella Relazione al Parlamento del 6 luglio 2011 come questo circolo virtuoso sia il presupposto per favorire gli investimenti infrastrutturali capaci di operare da volano positivo in un contesto congiunturale in forte contrazione.

La nuova disposizione prevista dall'articolo 7 del decreto-legge n. 138/11, prevedendo un incremento del 10,5% dell'Ires per le imprese che gestiscono le infrastrutture energetiche a rete, riveste profili di criticità per lo sviluppo della infrastrutturazione energetica del Paese, presupposto indispensabile affinché al settore produttivo e ai consumi domestici possa essere fornita energia a prezzi competitivi e allineati con gli altri Paesi dell'Unione Europea. La nuova disposizione nella sua declinazione attuale, di fatto: diminuisce la remunerazione effettivamente riconosciuta agli investimenti nel settore spingendo le imprese ad una contrazione degli stessi, rende meno attrattivo l'investimento nelle imprese di settore da parte di soggetti privati terzi (private equity) e conseguentemente più difficile la raccolta di capitali per finanziare gli investimenti, induce le imprese a operazioni, anche di tipo contabile, che possano contenere l'impatto della manovra sul dividend yield e, infine, rende meno attrattivo il percorso virtuoso di contenimento dei costi e di

riduzione delle tariffe. Infatti, l'impatto della disposizione comporta, a parità degli altri parametri, una perdita di 1-1,5 punti percentuali di rendimento. L'impatto della norma inciderebbe negativamente sull'esigenza degli investitori di ottenere un rendimento che rifletta la maggiore rischiosità dell'investimento rispetto alle alternative disponibili, quali i BTP decennali,comprimendo i rendimenti a valori probabilmente addirittura inferiori al costo del debito; con conseguenze negative sul costo della bolletta e sulla qualità del servizio.

Tutto ciò va inquadrato in un contesto nel quale, al contrario, sarebbe necessario favorire gli investimenti; si pensi alle esigenze di sviluppo dei sistemi di accumulo e delle smart grid nelle infrastrutture elettriche per rendere possibile la produzione diffusa di energia elettrica da fonti rinnovabili, oppure la sostituzione degli obsoleti sistemi di misura del gas o, ancora, lo sviluppo delle infrastrutture di stoccaggio e rigassificazione finalizzate a promuovere la concorrenza nel mercato del gas naturale. Inoltre, per le attività di trasmissione di energia elettrica e trasporto del gas, la riduzione dei rendimenti potrebbe deprimere la capacità competitiva, di espansione europea e di investimento delle imprese italiane proprio nel momento in cui l'Unione Europea promuove la realizzazione di reti energetiche pan-europee.

In conclusione, l'applicazione di una maggiorazione Ires di tale entità alle attività soggette a regolazione tariffaria, nei limiti in cui non si possa imporre alle imprese di realizzare investimenti senza prevederne un'adeguata remunerazione, rischia di avere un impatto sui consumatori particolarmente negativo.

In linea generale, si ritiene che il settore dell'energia non sia oggi caratterizzato da fondamentali tali da giustificare che l'aumento dell'Ires sia circoscritto al solo settore energetico. Ciò anche in ragione della fondamentale rilevanza che gli investimenti in questo settore rivestono per la competitività dell'intera economia del Paese.

Considerazioni ulteriori

Come già segnalato in occasione del decreto-legge n. 112/08, il meccanismo di vigilanza sul divieto di traslazione, assegnato all'Autorità, risulta essere di difficile e laboriosa attuazione, soprattutto in mancanza dell'attribuzione di espliciti poteri sanzionatori e prescrittivi. Valga per tutti il richiamo ad alcune recenti sentenze della giustizia amministrativa che, oltre a limitare l'azione dell'Autorità alla funzione di segnalazione nella Relazione al Parlamento, contesta le metodologie di analisi basate sui bilanci, ritenendo che debbano essere accompagnate da analisi di congiuntura dei prezzi di mercato, dell'eventuale posizione dominante sul mercato di riferimento, dell'eventuale sussistenza di accordi o intese tra società. Tutte queste valutazioni presentano margini di incertezza ben superiori alla variazione dei ricavi indotta da una eventuale traslazione degli effetti della manovra sui prezzi di vendita. In mancanza di uno strumento adeguato di controllo (nel settore bancario ed assicurativo non è stato neanche individuato l'organismo di vigilanza), l'Autorità si rende da ora disponibile per approfondire strade ulteriori che perseguano la medesima finalità della disposizione di legge.

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