[26/08/2011] News

Boncinelli a greenreport.it: non vedo alternative alla creatività per superare l'impasse della crescita a tutti i costi

Il Festival della Mente di Sarzana, sull'onda dei successi registrati negli anni precedenti, dal 2 al 4 settembre aprirà i battenti della sua ottava edizione. Quello che è il primo festival europeo dedicato alla creatività rinnova dunque quel progetto che lo caratterizza, quello di  "parlare della creatività e dei processi creativi attraverso la testimonianza di pensatori, creativi, studiosi della mente e del pensiero".

Numerosi gli eventi in programma (vedi link), pensati sia per gli adulti che per bambini e ragazzi. Non mancano gli interventi di personaggi di rilievo nel panorama scientifico e culturale, tra i quali citiamo quello del grande sociologo Zygumunt Bauman previsto per la serata di venerdì, ed i tre del noto genetista fiorentino Edoardo Boncinelli - contattato da greenreport.it per un'intervista sui temi che affronterà al Festival - che in tre serate attraverserà il Festival come una sorta di filo conduttore, offrendo una triplice riflessione attorno alla sfuggente definizione di "vita".

I suoi interventi al Festival partono tutti dallo stesso quesito, chiedendosi cosa sia la vita: una domanda ancora irrisolta, che sembra appartenere più alla filosofia che alla scienza. Pensa che una risposta possa scaturire dall'incrocio di queste due diverse vie?

«Anche se insegno in una facoltà di filosofia, e mi interesso di filosofia, io rimango uno scienziato, e parlo di scienza; la filosofia copre quei buchi lasciati ancora vuoti dalla scienza, ma senza il suo appoggio non può raggiungere certezze.

Riguardo la risposta alla domanda "che cos'è la vita", non siamo poi così indietro: non sappiamo con precisione cosa sia accaduto all'origine della vita, ma per il resto direi che, grazie all'apporto della scienza, della vita conosciamo un 95%. Certo, può darsi che il 5% che ancora manca sia tanto essenziale da portarci poi a riformare tutto il resto di quanto ad oggi scoperto; ma su questo aspetto, oltre a dire che sembra poco probabile, per il momento non possiamo aggiungere altro».

Lei propone una definizione della vita come un insieme di materia, energia ed informazione - con la scena dominata da quest'ultimo elemento. Da questo punto di vista, l'uomo pare l'essere vivente più "informivoro", elaborando senza sosta informazioni e proiettandone continuamente attorno a se. Se stiamo intessendo una sorta di noosfera, quali potranno essere i suoi sviluppi?

«L'informazione è importante per tutte le forme di vita, anche per le amebe. Certamente per noi esseri umani l'informazione ha un valore aggiuntivo, in quanto non la usiamo solo per vivere, ma anche per trasformare il mondo che ci circonda.

Cosa succederà, come tutte le domande che riguardano il futuro, è un quesito cui nessuno può rispondere. Se dovessi però fare una previsione a breve termine, direi che la progressiva integrazione delle capacità del nostro cervello con quelle offerte dall'informatica probabilmente produrrà un livello di conoscenza che i nostri soli neuroni non potrebbero raggiungere: un'evoluzione composta sia da tratti biologici che tecnologici».

Un suo intervento al Festival titola come la vita sia comunicazione: allargando questa affermazione oltre al mondo della biologia, siamo ormai travolti da una quantità di informazioni fin troppo ampia, tanto da rendere difficoltosa una sua metabolizzazione: si indebolisce il discernimento tra buona e cattiva qualità dell'informazione. Non c'è il rischio che vengano trascurati gli altri due elementi della vita da lei citati, la materia e l'energia?

«Indubbiamente, oggi come oggi ci troviamo sommersi nella comunicazione, ed il troppo è sempre troppo, in qualsiasi direzione si vada. Nonostante la comunicazione sia e rimanga un bene, dobbiamo riuscire ad essere abbastanza selettivi per non rimanerne affogati. Ma se la vita è informazione, l'uomo continuerà ad essere informazione al quadrato.

Per il resto, direi che perdere la connessione con la materia è fisicamente impossibile, ed anche dell'energia non se ne è mai parlato tanto come oggi. Il problema dell'inquinamento e della depauperazione delle nostre risorse rimane comunque molto grave.

Un tempo la nostra presenza sul pianeta era demograficamente ridotta, come ridotto era il nostro impatto sulla terra, mentre oggi siamo cresciuti su entrambi gli aspetti, e ci siamo accorti come il mondo sia, si grande, ma non certo infinito. La soluzione può essere trovata soltanto utilizzare in maniera più oculata quello che abbiamo a disposizione, e distribuirlo in modo più giusto».

Il Festival di Sarzana è dedicato alla creatività, elemento in cui l'uomo risulta il campione tra gli esseri viventi. Da dove proviene questa nostra capacità, e come si sviluppa?

«La creatività trova la sua prima espressione nella nostra capacità di parlare, è la capacità dell'uomo di trovare nessi tra cose che apparentemente sembrano invece lontane tra loro, come pure la nostra abilità nel trasformare oggetti in strumenti ed il talento di costruire quelle immagini materiali, verbali o musicali che sono le opere d'arte.

La creatività è un'abilità che caratterizza la nostra specie, che può "perdere tempo" (biologicamente, s'intende) in queste attività. Rappresenta una caratteristica della quale ci vantiamo, ma è una dote che un altro animale, al contrario, potrebbe non considerare minimamente. Come per il linguaggio, non è possibile affermare univocamente che la creatività offra alla nostra specie un vantaggio biologico, semplicemente non abbiamo gli elementi per dirlo: non dobbiamo incappare nell'errore di confondere ciò che ci piace con quello che è utile».

In un momento storico dove il modello di vita occidentale sembra aver imboccato una crisi sistemica, come sta a testimoniare la crisi della quale siamo vittime, il tradizionale modus operandi non sembra essere più così efficace: saranno soluzioni ad alto tasso di creatività a portarci fuori dal tunnel della crescita esponenziale e forzata, che cozza contro i limiti fisici del nostro ecosistema?

«Rispondendo a naso si direbbe di si ma, riprendendo il Manzoni, il naso non sa niente. Per me la risposta è si, in quanto non vedo tante alternative a questa possibilità, ma è comunque certamente vero che la storia riesce sempre a stupirci; ad esempio, chi si immaginava, cinquant'anni fa, che ad oggi ci sarebbe stato di nuovo il rigurgito di tutti questi fondamentalismi e nazionalismi? Eppure c'è da credere e sperare che la storia ci riservi adesso una sorpresa migliore all'uscita di questo tunnel, anche perché per noi non ci sarebbe un'alternativa».

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