[26/08/2011] News

John McCain: «Dopo la Libia toccherà a Siria, Russia e Cina», Putin come Mubarak

Lo scenario afghano della caduta del regime di Gheddafi e il sogno del nuovo impero americano

I repubblicani Usa si sono in gran parte opposti all'interevento armato in Libia, ma ora salgono sugli F16 di vincitori per presentarlo come una vittoria della loro visione ideologica della geopolitica e rilanciano. John McCain, l'ex candidato repubblicano alle presidenziali sconfitto da Barack Obama, ha detto a FoxNews che «Dopo la Libia, un cambio di regime potrebbe verificarsi anche in Siria e persino in Russia e Cina.» e ha spiegato che secondo lui «Le ribellioni non si limiteranno al Medio Oriente ed investiranno anche la Russia» e che «Putin dovrebbe apprendere la giusta lezione dal destino di Hosni Mubarak».

Che Mubarak fosse appoggiato ed armato dai governi Usa e che i repubblicano lo considerassero un "moderato" essenziale per l'alleanza con Israele in funzione anti-palestinese ed anti-integralista sembrano essere dettagli che la destra repubblicana Usa ha subito dimenticato, insieme al fatto che l'Egitto ed altre dittature arabe li hanno aiutati nelle guerre irakene condotte dai due presidenti Bush, padre e figlio, in nome dell'esportazione della democrazia, del liberismo e del controllo del petrolio "negli interessi Usa".

Non a caso, le minacciose parole di McCain sono state subito riprese dal vice-ministro degli Esteri siriano Faisal Al Mighdad, che in un'intervista a Russia Today ha annunciato che «I Paesi occidentali guidati dagli Usa hanno l'intenzione di sostenere gruppi terroristici per creare un "effetto Siria" anche in Russia, Cina ed India». Poi ha spiegato che «I gruppi di oppositori armati arrestati in Siria erano tutti finanziati e sostenuti dagli Stati Uniti e dai paesi occidentali», prendendo al balzo la palla della bellicosa propaganda repubblicana per screditare il movimento popolare democratico siriano

Lo stesso, secondo quanto scrive l'agenzia ufficiale iraniana Irna, ha subito fatto il presidente siriano Bashar Assad che, intervenendo alle cerimonie dell'Iftar (apertura del digiuno) con i capi religiosi musulmani della Siria, ha ribadito che «L'Occidente considera il nostro Paese un ostacolo alle proprie politiche nella regione e che per tale motivo cerca invano di ottenere concessioni. Al contrario di quanto sostengono, le pressioni sulla Siria non sono per il bene della gente ma solo per strappare concessioni ed è il popolo siriano che deve scegliere la via dell'indipendenza. L'Occidente ha preso di mira il ruolo tradizionale dell'esercito nella sicurezza nazionale ed il suo legame con la gente ma l'esercito grazie all'unità nazionale è pronto per resistere ai complotti» Il dittatore siriano ha poi sottolineato che «Nella crisi attuale c'è bisogno dell'aiuto e della cooperazione di tutti i gruppi e che invece dei sentimenti è dovere fare uso della mente e della ragione».

Sembra di sentire le stesse parole utilizzate dal fuggiasco Gheddafi per chiamare alla lotta antimperialista contro gli invasori occidentali sue scompaginate, ma ancora resistenti, milizie.

L'esito della guerra libica, con l'ormai ammessa presenza di truppe speciali francesi e britanniche e con gli aerei e i missili Nato che continuano ad aprire la strada alle truppe del nuovo governo, fanno tenere per la Libia uno scenario afghano, con sacche di resistenza e una guerriglia endemica tribale legata ai fedelissimi di Gheddafi. Non manca nulla, nemmeno lo spettro di Al Qaeda. Secondo il quotidiano algerino El Khabar, «La ribellione armata a Tripoli è diretta dall'ex emiro del Gruppo islamico dei combattenti libici (Gicl), Abdelhakim Belhadj, arrestato nel 2004 dagli americani in Asia e liberato in seguito in Libia».

Nel marzo 2010, un figlio del rais libico, Saif al Islam Gheddafi, liberò Belhadj con un'amnistia per centinaia di islamisti libici. Il Gicl di Belhadj, che secondo il regime di Gheddafi era legato ad Al Qaeda, aveva rinunciato alla lotta armata, rendendo possibile l'amnistia. Proprio per la lotta all'integralismo islamico, all'appoggio alla guerra contro l'Iraq e alla reciproca antipatia con la Repubblica islamica dell'Iran, la Libia, grazie ai buoni uffici del governo italiano,era stata riammessa tra gli Stati non "canaglia" e gli Usa avevano tolto l'embargo.

Secondo EL Khabar, che di estremismo islamico se ne intende sulla pelle dei suoi stessi giornalisti, Belhadj «E' sempre l'ex emiro di un gruppo islamista che è stato designato per liberare Tripoli dai pro-Gheddafi. Questo prova che il salafismo (movimento sunnita che rivendica un ritorno all'islam delle origini, fondato sul Corano e la Sunna, proprio come i talebani afghani, ndr) predomina all'interno dell'opposizione libica. D'altronde, le frequenti apparizioni di Belhadj sul network Al Jazeera presagiscono il suo "ruolo chiave" nella Libia di domani».

Insomma, in Libia come in Afghanistan, passata l'euforia ed i ringraziamenti per i finanziamenti, i bombardamenti ed i commando che, come a Kabul per l'Alleanza del Nord, hanno aperto la strada verso Tripoli ai ribelli del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), le bandiere che americane, francesi e britanniche che sventolano i miliziani del Cnt potrebbero essere ripiegate e sostituite sempre di più con quelle del tricolore rosso-nero-verde (stessi colori della bandiera afghana) della vecchia monarchia senussita, dove la mezzaluna e la stella dell'islam potrebbero diventare molto più grandi. Il tutto in uno scenario di equilibrio tribale (altra somiglianza con l'Afghanistan) che risulta incomprensibile agli occidentali e che Gheddafi ha saputo utilizzare magistralmente, come probabilmente sta facendo anche in queste ore di fuga disperata.

Le minacce dei repubblicani Usa e la piega che ha preso situazione libica non piacciono affatto a Mosca, che fino alla fine ha sostenuto Gheddafi. Il al segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha telefonato al miniastro degli esteri russo, Sergei Lavrov, che gli ha chiesto precisi impegni perché il mandato Onu di proteggere i civili venga rispettato (e tutto nelle piazze e nelle strade di Tripoli parla di sue ripetute violazioni) e che la pacificazione e la ricostruzione non vengano gestite dalla Nato. In un comunicato ufficiale Lavrov rivela che «La parte russa ha sottolineato la necessità di conferire al Consiglio di sicurezza il ruolo principale in questo processo» e nel Consiglio di sicurezza dell'Onu come membri permanenti ci sono anche Russia e Cina, insieme ad Usa, Francia e Gran Bretagna. Anche Ban Ki.moon avrebbe concordato sul fatto che «Le modalità della presenza delle Nazioni Unite in Libia dovranno essere definite tenendo conto dei bisogni reali della popolazione del Paese». La preoccupazione dei russi (e dei cinesi) è anche petrolifera, sanno che attualmente i vincitori occidentali si stanno già dividendo le concessioni con il Cnt e che quelle che aveva dato loro l'amico Gheddafi sono le più a rischio o verranno ricontrattate a condizioni non certo "amichevoli"..

Comunque, anche il Cnt libico spera che l'Onu aiuterà il nuovo governo a rimettere in piedi l'esercito e la polizia libica, ma assicura che non ha l'intenzione di chiedere all'Onu di inviare truppe straniere in Libia (che tanto ci sono già...), come ha spiegato ad Istanbul alla riunione del Gruppo di contatto sula Libia, Aref Al Nayed, l'ambasciatore del Cnt negli Emirati arabi uniti. Del Gruppo di contatto, creato il 29 marzo a Londra, fanno parte 30 Paesi, l'Onu, la Lega Araba e l'Unione africana, mentre il Cnt libici fino a ieri era riconosciuto da 45 Paesi.

Intanto, mentre gli europei si affannano (e più di tutti l'Italia e l'Eni che devono recuperare il discredito dell'amicizia berlusconiana-leghista-confindustriale con Gheddafi) a fare ponti d'oro al Cnt, gli Usa condizionano lo sblocco di 1,5 miliardi di dollari al rispetto da parte del governo provvisorio libico degli impegni internazionali. Oggi il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ha detto: «Oggi, abbiamo assicurato lo sblocco di un miliardo e mezzo di dollari di averi libici. Questo denaro è destinato al popolo libico. Esortiamo gli altri Paesi ad adottare misure simili. Adesso che i mezzi finanziari sono sbloccati, ci aspettiamo che il Cnt si assuma pienamente i suoi impegni internazionali e che costruisca uno Stato democratico tollerante che protegge i diritti dei cittadini. E' estemamente importante che il Cnt stabilisca un dialogo con tutte le tribù libiche al fine di garantire l'ordine ed aprire la via della transizione alla democrazia».

Un approccio molto da "America faro della democrazia" ma anche molto diverso da quello di John McCain e dei cow boy repubblicani che sognano un nuovo impero americano, da realizzare con una nuova anacronistica guerra fredda contro russi e cinesi, per dominare nuovamente un mondo globalizzato che, con la loro ottusa ideologia iperliberista e le loro guerre per esportare la democrazia ed accaparrarsi il petrolio, hanno trasformato in un indistricabile puzzle multipolare.

 

Torna all'archivio