[24/08/2011] News

Michelangelo Bergia a greenreport.it: «La finanza etica necessita del supporto dei media per sbocciare»

L'altalena degli indici borsistici, insieme alle preoccupazioni, non fa che fomentare il continuo j'accuse verso il mondo della finanza, comunemente additato come la bocca dell'inferno dalla quale è stata vomitata la crisi che dal 2008, che ancora non pensa neanche lontanamente a mollare la presa.

Eppure la finanza non deve essere necessariamente interpretata come un sinonimo di speculazione, ma può anzi trasformarsi, se opportunamente gestita e regolamentata, in un'importante timone per dirigere l'attuale ed insostenibile modello economico verso lidi più sostenibili. Greenreport.it ha interrogato sul tema Michelangelo Bergia, presidente della Compagnia finanza etica, una società di partecipazione finanziaria che sostiene lo "sviluppo percorribile".

Con la crisi che ancora non molla la presa sull'economia reale, ormai il termine "finanza" viene comunemente associato dal grande pubblico ad un'attività speculativa e parassitaria. La finanza etica esiste per dimostrare che non è il caso di fare di tutta l'erba un fascio?

Confermo che anche io la penso come la maggioranza delle persone. La nostra iniziativa nasce soprattutto perché quello è anche il nostro pensiero. D'altra parte, fare l'imprenditore senza la finanza è come voler fare il ciclista senza la bicicletta. Però, il futuro appartiene alla finanza etica. Non ho nessun dubbio, sia per motivazioni ideali che più pragmatiche. Il domani non può permettersi di riproporre l'andamento del passato, la fine della Lehman Brothers sta lì a dimostrare come il modello finora perseguito sia giunto alla fine del suo percorso. Percorrere una strada alternativa è però complicatissimo, si fa una fatica disumana anche se, per il momento, noi ce l'abbiamo fatta.

Ci sono un sacco di persone a cui interessa l'etica, ma di queste solo pochissime sono dentro il mondo del credito; però, il modo di fare soldi ancora comunemente concepito, portato avanti distruggendo il pianeta, può cambiare - basta insegnarlo. I ventenni di oggi sono una buona generazione, una speranza in questo senso: facciamo affidamento su di loro.

Anche le poche volte che si parla di finanza etica, questa rimane un concetto piuttosto vago. Quali sono i valori ed i principi che un modo di fare finanza deve portare avanti per potersi definire "etico"?

Il punto cardine della finanza etica è semplicemente dire la verità. Sempre, per statuto, anche quando ti danneggia. Pensare che la speculazione sia quella cosa che si fa davanti allo specchio, e basta. L'etica si deve riscontrare ovunque, mentre nel mondo della finanza è particolarmente radicata l'arte della menzogna.

Eppure, la gestione del flusso di capitali tramite un sistema finanziario sano potrebbe rappresentare un vettore importante per dirigere le risorse disponibili verso un nuovo modello di sviluppo. Quante chance crede che abbia un modus operandi finanziariamente etico di imporsi sulla non-etica del profitto immediato a tutti i costi?

Questo modus operandi è l'unico che mi interessa. Ci credo, e lo porto avanti. Bisogna prendere lezioni di economia da Gandhi, che deve essere riscoperto come uomo che sapeva di economia: eppure da questo punto di vista è poco conosciuto, mentre i 18enni dovrebbero riscoprirlo sotto questo aspetto, perché l'opera di Gandhi è proprio quella su cui si baserà la finanza etica. Personalmente, i miei modelli di riferimento sono tre, ossia Gesù, Marx e Gandhi. Andrebbe riscoperto quello che hanno fatto, e non solo quello che viene comunemente raccontato di loro.

Attualmente, in Italia e fuori confine, quale importanza e quali dimensioni riesce a coprire la finanza etica?

Lo zero cosmico. Esistono tanti come noi, ma non contano ancora niente perché nessuno sa che questa è la medicina; e se non sai che c'è una medicina, tanto meno la puoi prendere. Gli italiani scopriranno che hanno iniziato ad impoverirsi, quando ancora non glielo vogliono dire; dovremo rinunciare ad un sacco di cose inutili e, almeno questo, non sarebbe una jattura, ma i giovani di oggi sono la prima generazione del dopoguerra per la quale le prospettive del futuro sono peggiori di quelle dei loro padri.

Se il modello offerto dalla finanza etica fatica ad imporsi con forza, ritagliandosi al momento solo una - pur importante - nicchia del mercato, sembra manchi, tra l'altro, quella spinta che può provenire soltanto dai media, non crede?

Certo. Di queste cose non si sente mai parlare, non ci vengono raccontate, mentre invece andrebbero prima ascoltate, e poi metabolizzate, per poter così essere poi affrontate: per questo motivo dovrebbe essere pieno di riviste come greenreport, quando questi temi sono ancora di dominio di una minoranza molto esigua. Come per tutto il resto, la finanza etica esisterà davvero, se esisterà, solo grazie al contributo dei media. Non c'è storia finché la comunicazione non batterà questi temi con molta più convinzione. L'etica è una cosa seria, non la si può affrontare come un argomento da bar.

È importante riscoprire e ridare significato ed importanza all'etimologia dei termini che comunemente usiamo. Scopriremmo così come le parole "economia" ed "ecologia" hanno la stessa radice, e riconducano ad un concetto unico e non divisibile: questo non ci viene spiegato, e facciamo confusione, ma siamo stati noi ad aver stravolto due elementi altrimenti omogenei. Sono però fiducioso, si stanno innescando dei meccanismi per cui ci renderemo conto dei nostri errori, ed il futuro sarà migliore.

Per quanto riguarda invece il ruolo delle istituzioni pubbliche, crede potrebbero recitare un ruolo più attivo per lanciare lo sviluppo di questo modo diverso di intendere la gestione dei risparmi?

Credo che il primo attore che deve andare incontro ad una riconversione sia il comune, che può costituire la cellula del cambiamento. La via non è quella di cercare dei santi da mettere al posto degli attuali parlamentari, poiché non funzionerebbe ugualmente, quando invece ne serve uno per ogni comune in Italia.

Quelli davvero a contatto con i problemi della gente sono i sindaci, non i parlamentari, e l'Anci (Associazione nazionale comuni italiani), con il giusto coordinamento, potrebbe far meglio del Parlamento. La gente, poi, è già pronta: la collettività è più avanti anche degli amministratori comunali, essendo composta davvero da quegli individui che sono i primi a contatto con le difficoltà quotidiane.

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