[16/08/2011] News

La lezione mancata di Paul Collier

"Economics for dangerous times": è il titolo dell'articolo pubblicato sul Social Europe Journal che porta la firma dell'economista Paul Collier (Nella foto), direttore del Centro per lo studio delle economie africane dell'università di Oxford, ed ex-direttore del Dipartimento di ricerca per lo sviluppo della Banca mondiale. L'analisi portata avanti da Collier ha lo scopo di indicare una possibile via per superare la dicotomia presente nel ‹‹classico dibattito keynesiano tra espansione o rettitudine fiscale e monetaria, che ora presenta una poco attraente scelta tra due pericoli: quello di crisi e quello di recessione››.

Partendo con una poco condivisibile definizione degli interventi statali con in quali si è provato ad uscire dalla crisi finanziaria iniziata nel 2008, bollati come "keynesiani" - ma che di keynesiano mantengono solo l'intervento del pubblico nei meccanismi del mercato, concretizzandosi però principalmente nel salvataggio del sistema bancario e lasciando in secondo piano gli stimoli alla domanda aggregata tendenti al raggiungimento della piena occupazione - Collier riassume un approccio indiretto per affrontare quella che viene ora additata come la crisi del debito pubblico: ‹‹in definitiva, la prudenza fiscale concerne il bilancio: la possibilità d'insolvenza non deriva dal livello delle passività lorde, ma dalla loro mancata corrispondenza con le risorse in attivo››.

‹‹Per migliorare il bilancio - si legge ancora nell'articolo - le attività lorde devono crescere più delle passività lorde››. Senza legarsi dunque ad una prospettiva che implichi solamente la semplice riduzione dei deficit statali tramite i tagli alla spesa pubblica, o all'aumento delle tasse, Collier suggerisce una promozione degli investimenti pubblici, anziché una loro depressione, contestualmente ad una riduzione della spesa corrente.

L'economista prosegue nella dissertazione, riassumendo anche la strada da lui auspicata per migliorare la situazione delle attività patrimoniali statali, una ricetta per uscire dalla crisi del debito pubblico che punta con netta prevalenza sulla crescita: ‹‹le disperate condizioni che prevalgono nel settore delle costruzioni hanno ridotto drasticamente il costo per la costruzione di infrastrutture. Questa è un'opportunità per la società di acquistare a prezzi stracciati investimenti economicamente produttivi, dei quali avrebbe bisogno comunque. Fino a quando il processo di selezione dei progetti rimane svolto con competenza ed adeguatamente analizzato, dovrebbe essere semplice concepire un portafoglio di attività aggiuntive che offrano un tasso di rendimento quantomeno paragonabile al modesto costo di servizio del debito che li finanzia››.

I problemi però, nascono giustappunto quando arriva il momento di scegliere quali sono gli investimenti e le infrastrutture sulle quali puntare, e che a monte necessita di una premeditazione su quale sia il tipo di sviluppo che si desidera promuovere. Prendendo come esempio la piena implementazione delle energie rinnovabili nel nostro sistema produttivo, le smart grid sembrano costituire una delle vie maestre da seguire: per inseguire quest'obbiettivo è necessaria una completa revisione del sistema di diffusione dell'energia elettrica, e questo è un esempio di infrastruttura necessaria. Ancora, per ridurre i problemi legati alla mobilità o alla diffusione delle merci sul territorio, in linea di massima è decisamente preferibile sentir parlare di sviluppo delle rotaie che di nuove autostrade, spesso ben più pubblicizzate.

Ma sono molte ancora altre le infrastrutture da sostenere per ri-orientare l'attuale ed insostenibile sistema di sviluppo, alle quali, quelle sì, viene solitamente rivolta un'attenzione davvero solo marginale. Tra queste sicuramente figurano le infrastrutture sociali, necessarie per la creazione di un sistema di welfare universalistico e solidale (una tempo miraggio europeo), senza il quale sono destinati a crollare i fondamentali presupposti della sostenibilità sociale e, con essa, la prospettiva dell'agognato sviluppo sostenibile.

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