[25/07/2011] News

Survival: ĢEtiopia: terre fertili agli stranieri (tra cui l'Italia) mentre in migliaia muoiono di fameģ

Un progetto legato alla diga sull'Omo di Gibe III

Survival International denuncia oggi che una sua indagine «ha portato alla luce prove allarmanti del fatto che alcune tra le terre agricole più produttive dell'Etiopia sono state sottratte alle tribù locali per essere affittate ad aziende straniere. Le società che si sono accaparrate la terra, la utilizzeranno sia per la produzione di biocarburanti sia per coltivare ed esportare prodotti alimentari mentre, contemporaneamente, migliaia di etiopi stanno morendo di fame a causa della terribile siccità in corso».

Secondo l'Ong che difende i diritti dei popoli indigeni, ad essersi accaparrate ampie aree di terra fertile nella regione del fiume Omo, nel sud-ovest dell'Etiopia, «sono imprese malesi, coreane e anche italiane. Nonostante i 90mila indigeni che vi abitano dipendano dalla terra per la loro sopravvivenza, i terreni saranno sgombrati per fare spazio alle coltivazioni estensive destinate all'esportazione».

Il governo di Addis Abeba starebbe progettando di portare l'estensione di terra da destinare al progetto di cessione alle imprese straniere «ad almeno 245 mila ettari, di cui almeno 150 mila saranno riservati alle piantagioni di canna da zucchero».

Il progetto agro-industriale varato dal governo nella regione include anche la costruzione di una serie di dighe sul fiume Omo, tra cui la controversa Gibe III ad opera dall'italiana Salini Costruttori, destinata a diventare una delle più grandi dell'Africa. Alla realizzazione della diga seguirà la costruzione di centinaia di chilometri di canali di irrigazione, che devieranno il corso di acque indispensabili alle popolazioni autoctone. Queste operazioni priveranno le tribù delle esondazioni stagionali del fiume, che alimentano e rendono possibile le loro coltivazioni.

Nel luglio del 2006, il governo etiope ha appaltato alla Salini la realizzazione del più grande progetto idroelettrico del Paese, una diga di 240 metri di altezza, destinata a diventare la più alta diga mai realizzata al mondo con quel tipo di tecnologia, capace di produrre energia per 6.500 gigawatt/oraall'anno. Iniziati nel 2006 subito dopo la firma della commessa da 1,4 miliardi di euro, oggi i lavori di costruzione sono già arrivati a circa un terzo del totale e i suoi costi continuano a lievitare.

La diga sbarrerà il corso centro-settentrionale del fiume Omo, che scorre per 760 chilometri dall'altopiano etiope fino al lago Turkana, al confine con il Kenya, attraversando i parchi nazionali Mago e Omo, un bacino dal 1980 inserito nell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'Unesco per la sua particolare importanza geologica e archeologica. La diga sorgerebbe in una delle regioni per ora risparmiate dalla siccità del Corno d'Africa, la peggiore  degli ultimi 60 anni, che sta provocando carestia e morte.

Survival spiega che «le tribù della Valle dell'Omo, per il momento, sono relativamente al riparo da questo flagello. Ma il governo li considera "arretrati" ed è determinato a "modernizzarli": li vuole trasformare da contadini, pastori e cacciatori autosufficienti quali sono oggi, a manovali da impiegare nelle coltivazioni estensive. In alternativa, potrebbero essere anche semplicemente sfrattati dalle loro terre».

Stephen Corry, direttore generale di Survival International, sottolinea che «i popoli che vivono nella Valle dell'Omo non sono né "arretrati" né hanno bisogno di essere "modernizzati". Appartengono al XXI secolo esattamente come le multinazionali che stanno cercando di accaparrarsi le loro terre. Costringendoli a diventare manovali, con ogni probabilità la qualità della loro vita peggiorerà drasticamente e saranno condannati alla fame e all'indigenza, esattamente come accade a molti dei loro connazionali».

Secondo l'Ong «la popolazione locale ha subito intimidazioni volte a impedire il passaggio di informazioni agli esterni o ai giornalisti, e non è mai stata adeguatamente consultata. Una persona che ha recentemente visitato la zona, ha raccontato a Survival che governo e polizia stanno usando la mano pesante con gli indigeni, arrestandoli, torturandoli e violentando le donne, in modo che non oppongano resistenza all'invasione della terra». Un indigeno avrebbe detto a questo visitatore: «Le persone vivono nella paura, temono il governo. Per favore aiutate i pastori dell'Etiopia meridionale: su di loro incombe una grave minaccia».

Secondo diversi esperti, la diga Gibe III altererà in modo drammatico i flussi stagionali dell'Omo e avrà un enorme impatto sui delicati ecosistemi della regione e sulle comunità indigene che abitano lungo le sponde del fiume fino al suo delta, al confine con il Kenya. La portata dell'Omo subirà una drastica riduzione. Il fenomeno interromperà il ciclo naturale delle esondazioni che periodicamente riversano acqua e humus nella valle alimentando le foreste e rendendo possibile l'agricoltura e la pastorizia nei terreni rivivificati dalla acque. Tutte le economie di sussistenza legate direttamente e indirettamente al fiume collasseranno compromettendo la sicurezza alimentare di almeno 100mila persone. Una cosa che non sembra preoccupare il governo centrale etiope, che sta svendendo alle multinazionali le terre tribali.

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