[18/07/2011] News

Mercati scettici sulla manovra e non solo loro. Urge voltare pagina, ma chiariamo come

Se ci si affidava ai mercati per avere un "giudizio" sulla manovra del governo, a fine mattinata ci pare che sia sostanzialmente negativo. Si potrebbe parlare di bocciatura, ma per ora stiamo ai fatti. Finanza.com scrive quanto segue: «Milano si conferma la maglia nera tra le principali piazze finanziarie del Vecchio Continente, nel giorno in cui entrano in vigore alcune delle misure varate dal Governo per centrare il pareggio di bilancio entro il 2014. Più moderate le perdite di Londra (-0,84%), Francoforte (-1,20%), Parigi (-1,32%) e Madrid (-0,65%). E nonostante la rapida approvazione della manovra c'è di nuovo tensione sui Btp italiani, che in questo momento segnano una differenza di 325 punti base con il Bund tedesco a dieci anni».

Certamente bisognerà aspettare qualche giorno per capire meglio la situazione e noi non siamo certamente degli economisti in grado di fare analisi così specifiche. Però chi sosteneva che era "solo" un problema politico e che con la rapida decisione del governo le borse avrebbero reagito positivamente, al momento non viene premiato. "E io pago" verrebbe da dire alla Totò al cittadino medio che da oggi si vede la mano dello Stato che gli entra nel portafogli - una classe politica che invece non fa altrettanto - e non ha nemmeno l'illusorio sentore che serva per il "bene del Paese". Le cose, ovviamente, sono molto più complicate di così. Resta il fatto che i "sacrifici" si chiedono sempre ai soliti, a cui poi non si fa nemmeno intravedere come si pensa di rilanciare l'economia e i servizi in questa povera Italia. A fronte di tagli stile mannaia su tutto, non si vede un aiuto che sia uno sotto forma di incentivi o sgravi. Anzi, quei pochi che ci sono, Sono destinati alla potatura tra il 2013 e il 2014.

La politica della famiglia di questo governo è un lontano slogan, come pure la riduzione delle tasse, le grandi opere (bocciato pure il Ponte di Messina dall'Ue) e tutto, pare, causato da quella crisi che quelle stesse persone che oggi la sventolano davanti a tutto, ieri la negavano fortemente. Noi lo diciamo ormai da tempo, ma conta niente, oggi però appare evidente che anche la classe imprenditoriale del Paese sia ormai stanca di questa maggioranza insostenibile. Si dirà che l'alternativa non è così convincente, ma a far peggio di così ci vuole poco. Tanto vale provare, magari partendo da un programma di politica-economia serio che affronti alcuni dei nodi non sciolti per il rilancio dell'Italia, che poi significa dell'Europa perché dovrebbe essere chiaro che da soli non si va da nessuna parte. L'Italia ha bisogno di rilanciare il suo manifatturiero e lo può fare attraverso la green economy vera, che non c'entra nulla con quella che viene propinata dalla maggior parte dei media. Il riflesso condizionato di legare la green economy alle energie rinnovabili e basta è un errore grossolano. Si perde il senso delle cose.

Convertire l'economia verso l'ecologia è questione che riguarda certamente l'energia ma in egual misura la materia. Non solo. Riguarda l'acqua, la biodiversità, la cultura. E' un modello di sviluppo che si basa sulla riduzione del depauperamento dei beni comuni o risorse che dir si voglia. Quindi ridurre i consumi di energia certo, ma anche quelli di materia. E' vero poi che l'energia può essere rinnovabile, ma altrettanto si può dire della materia se si pensa al riuso e al riciclo che valgono come azione unica di vero aiuto alla sostenibilità ambientale. E anche sociale, se si capisce appunto che la green economy riguarda tutti i settori nessuno escluso. Un Paese non può cambiare le sorti del mondo, ma può fare da avanguardia. La Germania lo ha fatto, l'Italia può fare altrettanto e meglio se vuole. La filiera dei pannelli solari, per fare un esempio, va pure bene, ma non risolve alcunché. Un mercato di prodotti provenienti dal riciclo di qualità è invece qualcosa di più concreto. Ma va incentivato in qualche modo.

La raccolta differenziata da sola non può fare molto da questo punto di vista. Come dimostrano i dati italiani è ancora la discarica che la fa da padrona nonostante le leggi europee la considerino l'opzione peggiore di quelle possibile per lo smaltimento dei rifiuti. Invece, anche dalle cronache regionali, si portano a modelli da seguire proprio le discariche generando l'ennesimo cortocircuito mediatico dove da una parte si esaltano le ragioni dei comitati, e dall'altra la bontà di impianti certamente ben gestiti, ma non certo da esportazione in quanto tali. Ma come sempre in Italia quando ci sono soprattutto le questioni ambientali cosiddette di mezzo, lo scontro diventa sempre più importante del motivo del contendere, così si arriva al parossismo del sì e del no, senza che i criteri direttori della sostenibilità ambientali siano mai alla fine quelli che determino le scelte. Tutto questo mentre la finanza lasciata libera di agire fa il bello e il cattivo tempo sulle materie prime, penalizzando le aziende e - purtroppo - affamando pure i popoli.

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