[06/07/2011] News

Contro l'algoritmo che distrugge con un click economie, ambiente e futuro

Algoritmo batte governo mondiale per manifesta superiorità. Algoritmo, applicato a materie prime alimentari e non, allarga la forbice tra ricchi e poveri,  affama quest'ultimi, depreda il pianeta di materie e di energia.

La finanziarizzazione dell'economia col turbo - l'informatizzazione - non lascia scampo per velocità di esecuzione e capacità di decisione a quale che sia oggi il più alto e condiviso livello di governo (reale o virtuale) degli stati-nazione. Essendo di per sé il rischio la parola chiave dell'economia finanziaria, e il profitto l'unica ragione degli strumenti che essa stessa crea - peraltro non in forma sistemica, ma di puntiformi soggetti che scommettono e guadagnano persino sui default di Paesi interi - non si vede come questa possa essere frenata nell'attuale modello di sviluppo. Regole? A tre anni dalla crisi non se ne è vista l'ombra. Modifiche dal basso? Non pervenute e comunque ininfluenti. No way dicono gli americani. C'è bisogno di qualcos'altro.

Perché al momento, come dice Stigliz nel suo ultimo libro (Bancarotta) «abbiamo cominciato i salvataggi finanziari senza un'idea chiara di quale sistema finanziario volessimo avere alla fine, e il risultato è stato plasmato da quelle stesse forze politiche che ci hanno messo nei guai (...). Eppure speravamo che un cambiamento fosse possibile. Non solo possibile, ma necessario».  Ecco, noi ne siamo ancora convinti e di fronte allo scenario sopra descritto ci pare innanzitutto che per combattere questa battaglia sia necessario partire ad armi pari. E l'unico punto debole della finanziarizzazione informatizzata è l'assoluta indispensabilità di avere un "gancio" fisico cui appendersi. Che poi sono (almeno) due: il tempo e le commodities.

Questo significa che per prima cosa bisogna riappropriarci della variabile tempo. Se la speculazione ha il nanosecondo per decidere e agire, peraltro senza emozioni perché i pc non né hanno, la partita è persa. Bisogna che loro non siano più in grado di averla questa arma, che non vuol dire luddisticamente pensare di prendere a martellate gli strumenti, ma ad esempio abolire le quotazioni in borsa in tempo reale. Una bestemmia? Può essere, ma il livello della discussione non può che essere a questi livelli.

Se si riuscisse poi a rallentare e a riportare i tempi in sincrono si porrebbe poi l'altra (almeno) grande questione:  le commodities. È pensabile che ciò che fa "campare" l'uomo sia completamente in mano ai trader? Qui parliamo di cibo e materie prime, beni comuni dicono i moderni, e questi vanno necessariamente sottratti all'economia finanziaria. Una "no fly zone" sulle materie prime, come ci disse Antonio Tricarico, appare indispensabile.

Urge subito un governo mondiale sulle materie prime  e sull'energia che vanno controllate, qui qualcuno storcerà la bocca, da un consiglio di sicurezza dell'Onu allargato, rappresentativo del mondo che cambia, e democratizzato. Non vediamo alternativa. E la notizia di quanto emerge oggi dal "World Economic and Social Survey 2011" proprio dell'Onu di cui diamo notizia in un altro pezzo del giornale, ci conforta. I governi dovrebbero cedere un po' di sovranità in nome della sostenibilità e, non vogliamo raccontare favole, questo impone (imporrebbe) un maggior "dirigismo" per esplicitare una governance chiara e ben orientata da parte di una organizzazione sovranazioanle, quale è appunto l'Onu. Quindi più democratico possibile, certo, ma sempre di dirigismo si tratta.

Quale altro shock serve per arrivare a porre la questione sul tavolo, magari da parte di un nuovo social forum? Serve un'altra crisi? Se è per quello L. Randall Wray, professore di Economia alla University of Missouri-Kansas City e Senior Scholar alla Levy Economics Institute of Bard College, NY, sul blog di Nouriel Roubini oggi sentenzia: «La riforma finanziaria è più morta di Elvis. Nulla può essere fatto fino al prossimo crash indotto da Wall Street" (...). Ma io sono un eterno ottimista; l'incidente arriverà presto, e così è arrivato il momento di enumerare le lezioni che avremmo dovuto imparare dalla crisi in modo da preparare le riforme che avrebbero dovuto essere adottate (...)».

I default dei Paesi dell'Ue saranno i nuovi shock di questo passo, e il bello è che c'è già chi - come detto - ci scommette e pensa di farci ulteriori fortune. Azione, reazione: alla shock-economy serve contrapporre un'altra shock-economy che al momento, ovviamente chi ha un'alternativa migliore alzi la mano, non vediamo. Oggi Ruffolo su Repubblica descrive lo scenario attuale più o meno come lo analizziamo anche noi e, ironicamente, lo espone come fosse la discussione tra un centinaio di anni tra un professore di storia economica ed alcuni studenti. Alla fine la comunicazione si interrompe proprio quando il docente dice: "Voi ora mi chiederete..." e Ruffolo chiosa sostenendo che dobbiamo noi immaginare la domanda e, marzullianamente, darci pure la risposta. Ebbene la domanda per noi è: Come ne siete venuti fuori? E la risposta pensiamo di averla data. 

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