[04/07/2011] News

La corsa mondiale alle terre rare 'inciampa' sui rifiuti radioattivi

La scoperta dei giacimenti sottomarini nell'oceano Pacifico potrebbe rivoluzionare il mercato delle terre rare: la Cina controlla oggi almeno il 90% della produzione di terre e minerali rari del mondo e un anno fa ha annunciato che avrebbe limitato al 60% le esportazioni verso il Giappone di queste materie prime che sono un componente essenziale nei prodotti high-tech.

L'industrie giapponese è molto preoccupata perché i tagli alle esportazioni dei cinesi potrebbero avere forti ripercussioni sul loro business e quindi si sono subito date da fare per diversificare le loro fonti di approvvigionamento. Nel novembre 2010 una delle principali trading house giapponesi ha acquisito i diritti per acquistare terre e minerali rari da una società australiana.

Le riserve stimate di terre e minerali rari nel mondo sono: Cina 30%, Comunità degli Stati Indipendenti (ex Urss) 20% e Stati Uniti d'America 14%, ma la Cina controlla il 90% della loro produzione e sta limitando le loro esportazioni. Il rialzo dei prezzi delle terre rare rappresenta una grande preoccupazione e in tutto il mondo si sta discutendo di come assicurare l'approvvigionamento di queste materie prime essenziali sia per l'elettronica di consumo che per la green economy.

Proprio in quersti giorni tra l'altro è stata data notizia del ritardo nell'avvio della grande raffineria di terre rare che doveva essere inaugurata quest'anno in malaysia. Ora sono in molti a dubitare che Lynas Corp riesca a mettere in funzione fin da settembre il maxi-impianto di Gebeng, in Malaysia, destinato a lavorare le terre rare estratte dalla miniera di Mount Weld, in Western Australia.

Il governo malese su input delle associazioni ambientaliste ha infatti richiesto ulteriori interventi di messa in sicurezza della centrale ed ha soprattutto chiesto misure più rigorose per lo smaltimento di rocce e terre da cui vengono estratte le terre rare. Qui infatti c'è un problema in più: gran parte delle terre rare si trova associata al torio e dunque la loro escavazione produce scarti radioattivi per i quali finora non era stata trovta una soluzione ecologicamente corretta.

L'obiettivo finale di Lynas Corp è raggiungere una capacità produttiva di 22mila tonnellate l'anno, circa un sesto dell'offerta mondiale e il 39% di quella che nel 2014 si prevede arriverà dalla Cina, che a quel punto - grazie anche ad altri progetti minerari in giro per il mondo - potrebbe veder ridotta al 36% la sua quota nel mercato delle terre rare.

Tutto il mondo dunque sembra spingere sull'acceleratore della ricerca, anche perché le terre rare sono l'ennesima dimostrazione che non esistano pasti gratis e dunque è fondamentale in un'ottica di economia ecologica considerare tutte le esternalità (non è un caso che negli anni scorsi gli Stati Uniti avvessero bloccato l'estrazione di terre rare dai loro giacimenti peroprio per gli impatti ambientali di tale attività).

Tornando alla scoperta più recente, secondo il team dell'università di Tokyo, ci sono ancora problemi tecnici da risolvere per ottenere terre e minerali rari dal fango dei fondali oceanici, «Ma separare i minerali da fango sarebbe abbastanza facile e redditizio - assicura Kato - Poiché la maggior parte del fango è nelle profondità in alto mare, la Cina non sarà in grado di monopolizzarlo. C'è un'elevata possibilità di trovare terre rare nella zona economica esclusiva del Giappone».

Mentre i giapponesi danno la notizia della nuova scoperta, la diplomazia internazionale è già al lavoro per evitare una guerra delle terre rare negli oceani. E' previsto il rafforzamento dell'International seabed authority, un organismo internazionale che dovrebbe coordinare gli sforzi dei vari Paesi che stanno esplorando i giacimenti marini di terre rare. L'International seabed authority dovrebbe essere incaricata di sovraintendere i fondali oceanici al di fuori delle piattaforme continentali e dei limiti delle giurisdizioni e delle Zone economiche esclusive nazionali.
Dopo la scoperta fatta dai giapponesi, l'Autorità internazionale dovrebbe iniziare coordinare gli sforzi dei diversi Paesi.

L'authority dovrebbe inoltre controllare che l'esplorazione di risorse naturali nei settori oceanici rispetti la Convention on the Law of the Sea dell'Onu. Nel 2000, l'Autorità ha firmato contratti con Corea del sud, Francia, Germania, Giappone, Russia, permettendo loro l'esplorazione delle risorse di manganese ed altri metalli rari e preziosi nelle acque delle Hawaii.

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