[15/06/2011] News

Impianti fotovoltaici: i tempi per l'autorizzazione unica devono essere rispettati

Di fronte alla richiesta di autorizzazione unica per la costruzione di un impianto fotovoltaico la Regione deve comunque esprimersi (o in positivo o in negativo), e in ogni modo deve farlo entro un termine ben definito (180 giorni). Perché il mancato rispetto del termine di 180 giorni - previsto dal Dlgs 387/2003 (attuativo della Direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica da fonti rinnovabili) - ostacola la diffusione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, viola la direttiva comunitaria e altri accordi conclusi a livello internazionale tesi alla produzione di energia pulita (come ad esempio, il protocollo di Kyoto).

Sono queste le conclusioni a cui è arrivato il Tribunale amministrativo della Calabria (Tar) che con sentenza di questo mese accoglie il ricorso della società interessata a ottenere l'autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica. Un impianto, comprensivo delle opere strumentali, delle infrastrutture indispensabili e delle opere di connessione alla rete di trasmissione nazionale, della potenza nominale attesa di 3 MW, da ubicare nel Comune di Cassano allo Ionio. Un ricorso motivato dal fatto che la Regione Calabria, nonostante la disponibilità della completa produzione documentale, non si è pronunciata sull'istanza e neanche ha provveduto a convocare la necessaria Conferenza dei Servizi.

Gli impianti alimentati da fonti rinnovabili sono soggetti a una autorizzazione unica  rilasciata a seguito di un procedimento - anche questo unico - al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire e a mettere in funzione l'impianto (in conformità al progetto approvato).

Del resto il fine della stessa disciplina europea e nazionale è quello di promuovere le fonti rinnovabili e favorire lo sviluppo di tali impianti definiti come "di pubblica utilità, indifferibili e urgenti". E ciò anche in considerazione del fatto che la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra attraverso la ricerca, la promozione, lo sviluppo e la maggior utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili e di tecnologie avanzate e compatibili con l'ambiente costituisce un impegno internazionale assunto dall'Ue e dall'Italia con la sottoscrizione del cosiddetto "Protocollo di Kyoto.

Non a caso secondo le disposizioni europee in materia, gli Stati membri dovranno impegnarsi a "ridurre gli ostacoli normativi all'aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili", a "razionalizzare e accelerare le procedure all'opportuno livello amministrativo", a "garantire che le norme siano oggettive, trasparenti e non discriminatorie e tengano pienamente conto delle particolarità delle varie tecnologie per le fonti energetiche rinnovabili".

Dunque, è chiaro che l'intento del legislatore europeo e nazionale è quello di favorire la realizzazione degli impianti in questione, semplificando i procedimenti autorizzativi. Un intento che non può essere minacciato dal ritardo nei tempi della pubblica amministrazione.

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