[14/06/2011] News

Decreto sviluppo: salta la norma sulle spiagge. E' l'effetto referendum?

Tutti i commenti. Ambientalisti soddisfatti: ĞUn'altra vittoriağ

Non si sono ancora spenti gli echi della vittoria del referendum, che oggi arriva un'altra buona notizia: è saltato dal decreto sviluppo la norma sui diritti di superficie delle spiagge. Governo e relatori alla Camera hanno infatti accolto alcuni emendamenti soppressivi della norma che portava a 20 anni il diritto di superficie sugli arenili. La materia potrebbe essere affrontata in un altro provvedimento.

Pensare che solo lunedì il Ministro per gli Affari Regionali Raffaele Fitto aveva convocato a Via della Stamperia le rappresentanze delle Associazioni Balneari Assobalneari Italia- Federturismo Confindustria, CNA Balneatori, FIBA Confesercenti, OASI Confartigianato e SIB Confcommercio al fine di sciogliere tutti i nodi legati alla vicenda delle concessioni demaniali marittime. Non solo, il presidente di Assobalneari Italia Renato Papagni al termine dell'incontro aveva affermato: «Il Ministro Fitto si è impegnato ad inviare alla Presidenza del Consiglio una relazione sui fatti affinché il Governo ne prenda atto e, direttamente a Bruxelles, sostenga sia la proroga ulteriore fino al 2030, sia l'uscita dalla Direttiva Servizi. Ha inoltre confermato l'istituzione dell'Osservatorio Nazionale che entro la fine del prossimo mese di novembre si dovrà pronunciare in relazione alla effettiva possibilità che il comparto balneare italiano non debba sottostare alla Bolkestein. Da parte nostra- aveva concluso Papagni- cercheremo di raccordarci anche con i colleghi di SIB, FIBA, OASI e CNA al fine di fornire un giusto supporto tecnico, amministrativo e legale nei confronti di quei rappresentanti governativi che a Bruxelles dovranno difendere la posizione, l'operato e la storicità di oltre 30.000 aziende turistiche».

«Un altro successo per i cittadini - ha detto Sebastiano Venneri, vicepresidente nazionale di Legambiente. - Dopo la vittoria su nucleare e acqua pubblica, la cancellazione della norma che prevedeva il diritto di superficie sulle spiagge per 20 anni, rappresenta una nuova vittoria per tutti i cittadini, gli imprenditori onesti e per coloro che hanno a cuore i beni comuni. Questa estate è cominciata bene, ora avanti per liberare le spiagge dai cancelli e dal cemento».

«Il vecchio decreto - ha continuato Venneri - rappresentava un'aberrazione giuridica che non accontentava nessuno. Né tanta parte degli imprenditori che hanno rischiato di venir scalzati dai grandi speculatori del settore, né cittadini e turisti, che venivano di fatto privati del diritto di fruire di un bene pubblico per eccellenza».

Il dietrofront della maggioranza sul decreto sviluppo, annunciato oggi dal relatore del provvedimento in Commissione Bilancio e Finanze della Camera Maurizio Fugatti,  dà ragione al Fai e il Wwf - dicono le due associazioni in una nota - che avevano denunciato per primi con forza come, una volta concesso il diritto di superficie sulle spiagge, difficilmente si sarebbe potuti tornare indietro, con il rischio di consegnare il nostro litorale in mano ai privati che avrebbero acquisito un diritto edificare in aree costiere demaniali sinora libere. «Bene che ci sia un ripensamento anche se ci auguriamo che la norma non rispunti tal quale in un altro provvedimento», commentano gli ambientalisti.

 Fai e Wwf avevano denunciato sin dall'inizio che le disposizioni contenute nei primi tre commi dell'art. 3 del Decreto Sviluppo andavano contro i principi della Direttiva comunitaria Bolkestein sul mercato interno e presentavano non pochi dubbi interpretativi: infatti, veniva costituito, per un lungo periodo di ben 20 anni (nell'ultima versione del decreto) mediante un provvedimento amministrativo, un diritto di superficie (diritto di matrice privatistica) su un bene demaniale (e quindi pubblico) qual è l'arenile, ponendo così non pochi problemi di coordinamento tra la disciplina pubblicistica e quella privatistica.

 In secondo luogo, il legislatore introducendo un diritto di superficie (ex art. 952 e ss. cod. civ.) come diritto di fare e mantenere al disopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà, riconosceva, di fatto, un diritto di edificare su un bene demaniale in aree inedificate.

 Infine, Fai e Wwf facevano notare che sebbene il rischio di una tacita sdemanializzazione del bene demaniale fosse più forte nella originaria formulazione, che poneva un durata di novant'anni del diritto di superficie, rimaneva ancora il dubbio, anche nel testo in discussione alla Camera se, decorsi vent'anni, il fondo su cui si è costituito un diritto di proprietà privata fosse ancora funzionale al soddisfacimento di interessi pubblici, posto che per evitare tale conseguenza sarebbe stata opportuna l'esplicita esclusione di una sdemanializzazione del bene, decorso il termine di durata del diritto di superficie.

E anche l'Istituto Nazionale di Urbanistica (Inu) esprime soddisfazione per la cancellazione della norma relativa al ventennale diritto di superficie per le spiagge. L'Inu aveva già denunciato che il provvedimento, così come era stata formulato nel decreto sviluppo, stabiliva una sostanziale privatizzazione di tale aree per un periodo troppo lungo. Si sarebbe eliminata qualsiasi forma di concorrenza per la ricerca delle migliori soluzioni d'uso e di tutele per tali parti fondamentali del nostro territorio, che sono anche componenti primarie del nostro paesaggio.

L'Inu auspica che un intervento del genere vada pensato, in ogni caso, all'interno di una logica di programmazione integrata degli interventi per il rilancio del comparto turistico e in una cornice di pianificazione territoriale e paesaggistica. L'Inu invita i cittadini, le associazioni e le forze politiche a vigilare perché non si ripeta il tentativo di legiferare in maniera frettolosa e dannosa su questioni così centrali, che riguardano il nostro paesaggio e quindi tutti noi.  

«Il Governo è stato costretto a fare marcia indietro su una scelta miope e sbagliata. La trovata del diritto di superficie ventennale sulle spiagge oltre ad essere una minaccia per  l'ambiente e per le coste italiane di fatto rappresentava un rischio anche per le migliaia di imprese del settore balneare, soprattutto medie e piccole che caratterizzano la nostra economia turistica. Si trattava di una aberrazione normativa ritagliata sugli interessi di pochi grandi investitori e magari per solleticare l'ingresso di capitali stranieri di dubbia provenienza», è il commento di Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd.

«Esprimiamo soddisfazione per  lo stralcio del diritto di superficie dal Decreto sviluppo che pone fine all'enorme pasticcio che era stato creato. Il Pd ha proposto di modificare l'art. 3 per renderlo compatibile  con le normative  europee,  con le  aspettative degli operatori e dei consumatori.

Per il settore turistico - balneare il Partito Democratico chiede:

a) varo di una norma per archiviare la procedura d'infrazione aperta nei confronti dell'Italia dalla Commissione europea;

b) una legge quadro, in collaborazione con le Regioni e le principali organizzazioni degli imprenditori,  per affidare le concessioni demaniali marittime e contrastare gli interventi speculativi, tutelare gli investimenti effettuati ed incentivare investimenti aggiuntivi -in servizi qualità e compatibilità ambientale- attraverso una adeguata durata delle concessioni;

c) la riapertura del confronto in sede UE per affermare le peculiarità delle imprese del settore turistico-balneare in Italia ed individuare soluzioni diverse da quelle previste dalla Direttiva servizi o escludere le concessioni demaniali marittime dal campo di applicazione della stessa;

d) l'approvazione del Piano nazionale per il turismo. Il governo si impegni per dare piena attuazione alla mozione unitaria approvata  dal Senato e voluta fortemente dai senatori del Partito Democratico»

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