[10/06/2011] News

Le impronte dell'umanità e la sopravvivenza degli habitat

A Londra dal 25 al 26 maggio scorsi si è tenuto un importante simposio dal titolo "Population Footprints" (le impronte dell'umanità) organizzato dall'University College di Londra, il Leverhulme Trust e la prestigiosa rivista scientifica medica "The Lancet" (vedi www.populationfootprints.org).
L'obiettivo del simposio è stato quello di fare il punto sulla crescita della popolazione umana e la capacità di carico globale della nostra Terra, un tema oggetto di analisi ed approfondimenti da parte di studiosi di numerose aree disciplinari ormai da diversi decenni e che ebbe un momento cruciale nel 1972, con la pubblicazione del primo rapporto al Club di Roma, "I limiti dello sviluppo", curato da Donella e Dennis Meadows del team del System Dynamics Group del famoso Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston e la realizzazione della prima conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente, tenutasi a Stoccolma.

Anche il simposio sulle Population Footprints ha trattato i temi del legame tra ambiente, popolazione, consumo, salute e le relative dimensioni ambientali, economiche e sociali, grazie al contributo di una serie di importanti relatori di fama internazionale e si è trovato a ragionare sulla situazione complessiva della grande trasformazione provocata dall'intervento umano sui sistemi naturali.

Questa dimensione, come abbiamo più volte ricordato ed approfondito nelle pagine di questa rubrica, ci dimostra che possiamo dire di vivere in un nuova epoca geologica, un vero e proprio "battito di ciglia" nella storia del nostro pianeta che data oltre 4.5 miliardi di anni, definita Antropocene proprio a dimostrazione dell'azione umana equivalente alle grandi forze geologiche che hanno plasmato la Terra.

La grande sfida che tutti questi incontri internazionali (dei quali diamo conto su questa rubrica, informando ed aggiornando i nostri lettori), cercano di raccogliere ed alla quale cercano di rispondere, riguarda la nostra capacità di riuscire ad armonizzare i percorsi sociali ed economici avviati dalle nostre società, nell'ambito dei limiti che presentano i sistemi naturali che ci sostengono e senza i quali non possiamo vivere.

Purtroppo la trasformazione ambientale dei sistemi naturali della Terra dovuta all'intervento umano sta procedendo a ritmi chiaramente insostenibili.

La trasformazione fisica degli ecosistemi della Terra che è stata oggetto del grande programma internazionale patrocinato dalle Nazioni Unite, il Millennium Ecosystem Assessment conclusosi con il rapporto finale nel 2005 (www.maweb.org) sta facendo riflettere la comunità scientifica sulla realizzazione di apposite Liste Rosse degli ecosistemi minacciati, come già avviene da molti anni, con le ben note Liste Rosse (Red List) per le specie minacciate da estinzione curate dalla World Conservation Union (IUCN, www.iucnredlist.org).

Nel IV World Conservation Congress IUCN del 2008 tenutosi a Barcellona è stato avviato un apposito processo con un gruppo di lavoro di specialisti in merito dedicato ad individuare un sistema di categorie e criteri, analoghi a quelli utilizzati per le specie minacciate, per assegnare differenti livelli di minaccia agli ecosistemi, a livello locale, regionale e globale. Nel 2010 questi studiosi hanno pubblicato un interessante lavoro sulla prestigiosa rivista "Conservation Biology" ( vedasi Rodriguez ed altri, 2010, Establishing IUCN Red List Criteria for Threatened Ecosystems, Conservation Biology, vol 25, n.1; 21-29) . Una proposta unificata finale sarà presentata al V World Conservation Congress che avrà luogo nel 2012.

Già nel 2003 alcuni ben noti biologi della conservazione del WWF hanno provato ad applicare le categorie che già si utilizzano per indicare lo stato di salute delle singole specie viventi, e che sono frutto di un'ampia riflessione della comunità scientifica, allo stato di salute degli habitat per indicarne il livello di minaccia.

Le categorie allora proposte erano:
1. Habitat estinto. Non restano comunità riconducibili agli ecosistemi originali. Alcuni ambienti possono permanere, ma solo in comunità o paesaggi fortemente modificati. Non esistono opportunità di ripristinare le originali comunità naturali a causa delle condizioni fisiche alterate in modo permanente, della perdita dei pool delle specie autoctone, dell'alterazione dei processi ecologici naturali o delle impossibilità di controllare o eradicare le specie aliene.

2. Habitat critico. Gli habitat intatti rimanenti sono ridotti o isolati in piccoli frammenti con la scarsa possibilità di persistere nei prossimi cinque o dieci anni senza un'immediata attività di ripristino e protezione. Molte specie sono già estinte per la perdita di habitat idoneo. I frammenti rimanenti non assicurano i requisiti minimi per mantenere le popolazioni di molte specie e i processi ecologici. L'uso del suolo nelle aree tra i frammenti rimanenti è spesso incompatibile con il mantenimento della maggior parte delle specie e delle comunità originarie. La diffusione di specie aliene è un serio problema ecologico, in particolare nelle isole. I predatori all'apice delle catene alimentari sono, o stanno per essere quasi del tutto, estinti.

3. Habitat in pericolo. Gli habitat intatti rimanenti sono limitati a frammenti isolati di diversa dimensione (persistono comunque ancora ampi blocchi) con una media o bassa probabilità di persistenza nei prossimi 10 o 15 anni sena un'immediata e intensa attività di ripristino e protezione. Alcune specie sono già estinte per la perdita di habitat idoneo. I frammenti rimanenti potrebbero non assicurare i requisiti minimi per mantenere le popolazioni di molte specie e i processi ecologici a larga scala. L'uso del suolo nelle aree tra i frammenti rimanenti è ampiamente incompatibile con il mantenimento della maggior parte delle specie e delle comunità originarie. I predatori all'apice delle catene alimentari sono quasi estinti.

4. Habitat vulnerabile. Gli habitat rimanenti sono presenti in blocchi che variano da grandi a piccole dimensioni; in molte aree probabilmente persisteranno nei prossimi 15 o 20 anni, specialmente se oggetto di un'adeguata protezione e un moderato ripristino. In molte aree, alcune specie sensibili o oggetto di sfruttamento, particolarmente i predatori all'apice delle catene alimentari, i grandi primati, le specie oggetto di interventi venatori sono estinte o in declino. L'uso del suolo nelle aree tra i frammenti rimanenti è a volte incompatibile con il mantenimento della maggior parte delle specie e delle comunità originarie.

5. Habitat relativamente stabile. Le comunità naturali sono state alterate in alcune aree, causando locali declini delle popolazioni animali e vegetali sfruttate e l'interruzione dei processi degli ecosistemi. Queste aree disturbate possono essere estese, ma sono distribuite a mosaico in un contesto ancora di habitat intatti. Le connessioni ecologiche tra i blocchi di habitat intatti sono ampiamente funzionanti. Le specie che sono sensibili alle attività umane, come i predatori all'apice delle catene alimentari, i grandi primati, gli uccelli terrestri, sono presenti, ma con densità più basse rispetto ai livelli di variazione naturale delle popolazioni.

6. Habitat relativamente intatto. Le comunità naturali in un'ecoregione sono ampiamente intatte con la presenza di specie, popolazioni e processi degli ecosistemi presenti entro i livelli di variazione naturale. Le specie che sono sensibili alle attività umane, come i predatori all'apice delle catene alimentari, i grandi primati, gli uccelli terrestri, sono presenti con densità entro i livelli di variazione naturale delle popolazioni. Le specie si muovono e si disperdono in modo naturale nell'ecoregione. I processi ecologici fluttuano naturalmente attraversando habitat contigui di ampia estensione (questa classificazione è tratta dal volume di Wikramanayake E. ed altri, 2003, Terrestrial Ecoregion of Indo-Pacific, pubblicato da Island Press).

Gli sforzi della ricerca nel comprendere e classificare le cause di devastazione e modifica degli ecosistemi sono numerosi e sempre molto interessanti e stimolanti, ma ormai diventa sempre più necessaria ed urgente la risposta concreta e decisa del mondo della politica. 

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