[07/06/2011] News

Vite estreme

C'è vita, là sotto. Nelle viscere della terra, Nelle profondità della crosta terrestre. E non solo in forma semplice, unicellulare: la vita in forma batterica. Il sottosuolo più profondo è abitato anche da vita in forma più complessa. Vita animale.

È quanto afferma un gruppo internazionale di ricercatori che nei giorni ha annunciato su Nature di aver trovato in una miniera aurifera del Sud Africa, a una profondità compresa tra 0,9 e 3,6 chilometri, dei vermetti bianchi e cilindrici, appartenenti a diverse specie del grande philum dei nematodi, una delle quali sconosciuta e battezzata Halicephalobus mephisto (Nella foto).

I ricercatori sono certi che la scoperta non è frutto di una contaminazione: i vermi sono stati portati dall'esterno nella miniera, ma provengono da una falda acquifera profonda e antica, con acque raccolta tra 3.000 e 12.000 anni fa. Insomma, vivono e si riproducono (per via rigorosamente asessuata) lì. Al caldo e al buio. Con poco ossigeno e poco spazio. In condizioni impossibili.

Sono passati appena vent'anni o poco più dalla scoperta che il sottosuolo, fino a svariati chilometri di profondità, è invaso dalla vita unicellulare. E che i batteri del sottosuolo costituiscono una parte importante, forse la metà, della materia vivente sul pianeta Terra.

D'altra parte sappiamo che i nematodi - un philum che conta decine di migliaia di specie - sono vermi a forma cilindrica ubiquitari. Sono stati trovati nelle profondità marine come nei deserti, al freddo dei poli e in pozze di acqua calda (con una temperatura superiore a 50 °C). I nematodi vivono anche nel sottosuolo. Ma la densità della popolazione diminuisce rapidamente al crescere della profondità. E dopo poche decine di metri sembra annullarsi.

Insomma, nessuno aveva mai pensato di trovare gli invadenti vermetti a centinaia e persino a migliaia di metri di profondità. Nessuno aveva mai pensato che vita complessa, pluricellulare, addirittura animale potesse vivere nelle viscere più profonde della crosta terrestre.

Il giorno dopo che l'inglese Nature ha pubblicato l'articolo di Borgonie e colleghi sui "Nematodi provenienti dalla superficie terrestre profonda del Sud Africa", la rivista americana Science ha pubblicato l'articolo in cui Felisa Wolfe-Simon e un gruppo di suoi collaboratori forniscono la dimostrazione che "un batterio che può crescere usando arsenico al posto di fosforo". Si tratta del ceppo GFAJ-1 del batterio Halomonadaceae, isolato nel Mono Lake, un lago della California.

Nei mesi scorsi il gruppo di ricercatori, ospite di un'interessata NASA, aveva annunciato di aver, appunto, scoperto un batterio capace di sopravvivere in un ambiente saturo del pericoloso veleno, sostituendo gli atomi di fosforo degli acidi nucleici e delle proteine, comprese le molecole energetiche dell'ATP, con atomi di arsenico.

La comunità scientifica è scettica su questa possibilità. Non fosse altro perché l'arsenico forma legami covalenti molto più instabili del fosforo. Certo è, però, che il batterio - sostituisca o meno atomi di fosforo con atomi di arsenico nelle sue molecole vitali - riesce a sopravviver in un ambiente impossibile, saturo del veleno.

Cosicché le due maggiori riviste scientifiche del mondo, Nature e Science, alla fine della settimana scorsa ci hanno dato una plastica dimostrazione della straordinaria capacità di adattamento della vita. Una dimostrazione che ha eccezionali implicazioni. Sia sulla sopravvivenza della biosfera terrestre. Sia sull'esistenza di vita fuori dalla Terra.

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