[06/06/2011] News

Emissioni delle aziende italiane: non c'è disaccoppiamento tra produzione industriale e emissione di CO2

La conferma viene da una ricerca condotta da Eco-Way

Diminuiscono le emissioni in atmosfera del comparto industriale anche se la riduzione è dovuta ad un calo delle produzioni e non ad un miglioramento qualitativo dei processi produttivi. Non si può parlare certo di sostenibilità ambientale ma la crisi almeno all'ambiente qualche beneficio pare che l'abbia portato (e nel nostro piccolo lo abbiamo sempre sostenuto).

Un'ulteriore conferma viene da una ricerca condotta da Eco-Way, (società italiana di consulenza che opera nel settore dei cambiamenti climatici), su dati aggiornati a aprile 2011 (margine di errore del 1% circa). Nel 2010 le aziende italiane hanno prodotto una quantità di emissioni di anidride carbonica inferiore a quanto prospettato dal Piano nazionale di allocazione (Pna). Con una produzione di CO2 pari a 191,5 milioni di tonnellate le aziende italiane non superano il limite fissato dal Pna di 199,9 milioni, per quasi 8,5 milioni di tonnellate. Ricordiamo che il Pna è il piano che ogni stato aderente al Protocollo di Kyoto predispone per allocare, sui settori maggiormente energivori, le emissioni di CO2 (quote di emissione).

Gli impianti industriali appartenenti a questi settori devono stare sotto i valori a loro assegnati o, se li superano, comprare i permessi sui mercati della CO2, come previsto dalla normativa Ets (Emission trading scheme) seguente al Protocollo di Kyoto. «Nel 2009 e nel 2010 il periodo di crisi ha permesso alle aziende di stare sotto il tetto massimo previsto, -11,51% nel 2009 e -4,24% nel 2010- spiegano da Eco-Way-Negli ultimi anni si è registrata una diminuzione delle emissioni di anidride carbonica, conseguenza del fatto che le aziende hanno diminuito la loro produzione industriale, si è quindi passati dai valori del 2005 con 226 milioni a 184,9 milioni del 2009. In controtendenza il 2010 con un lieve incremento del 3,58% rispetto al 2009».

L'incremento ha riguardato quasi tutti i settori ad eccezione di quello della ceramica, -1,95% ma in particolare il settore del ferro ha fatto registrare un aumento del 48,19% rispetto al 2009. In ogni caso analizzando le emissioni di anidride carbonica degli impianti compresi nell'Ets rispetto alle quote di permessi di emissione assegnate dal Pna, è stato evidenziato come tutti i settori, eccetto quello energetico e della raffinazione, hanno emesso meno delle quote limite previste (ceramica -54,20%, ferro -33,20%, cemento -24,11%, carta -16,74% e vetro -11,02%).

Il dato complessivo ha un segno negativo ma il settore energetico e raffinazione (centrali termoelettriche, impianti di combustione e di teleriscaldamento, raffinazione) rappresentano il 65,8% del totale degli impianti ed il 76,9% del totale delle emissioni. Il settore energetico sfora i limiti previsti dal Protocollo di Kyoto per +1,57% per 1,9 milioni di tonnellate di CO2 e il settore della raffinazione supera i limiti per +26,25% per 5 milioni di tonnellate di CO2.

«E' evidente, dai dati emersi dalla nostra ricerca - ha sottolineato Guido Busato, presidente di Eco-Way - che il 2010 mostra un aumento del 3,58% delle emissioni di CO2 rispetto ai dati del 2009, primo trend in aumento dal 2006. Tale aumento fa ben sperare per un cambio di rotta del periodo di recessione, speriamo, passato. Se si analizzano i dati pre-crisi, però, i valori dell'Italia sono sempre stati sopra i livelli previsti dal Protocollo di Kyoto, indice di uno scollamento tra imprese e impegni presi dai governi. E' auspicabile, e sarà fondamentale per il sistema paese, il peso che le nostre istituzioni riusciranno ad avere in ambito europeo per evitare gravi disparità tra aziende dello stesso settore ma nazionalità diversa».

Condividiamo l'analisi sullo scollamento governo-imprese e sull'aumento delle emissioni 2010 come indicatore di un allentamento della crisi e ripresa delle produzioni. Le nostre istituzioni però devono sì tutelare le aziende italiane in ambito europeo, ma in un contesto virtuoso e soprattutto devono tracciare la strada della sostenibilità delle produzioni delle aziende italiane che i dati dimostrano essere ancora lontane da questo obiettivo.

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