[03/06/2011] News

L'Economist riconosce l'antropocene.... un passo verso la scienza della sostenibilità?

Sono rimasto piacevolmente colpito nel vedere esposta all'edicola la copertina dell'ultimo numero della famosa rivista settimanale di economia e politica internazionale "The Economist", dedicata all' Antropocene, con il titolo "Welcome to the Anthropocene. Geology's new age" - Benvenuti nell'Antropocene, il nuovo periodo geologico - ( si tratta del numero del 28 maggio-3 giugno).

Nell'interno della rivista al concetto di Antropocene, ritenuto un nuovo periodo geologico da autorevoli studiosi internazionali che hanno seguito la proposta fatta nel 2000 dal premio Nobel per la chimica, Paul Crutzen e dall'ecologo delle acque interne Eugene Stoermer dell'Università del Michigan, è dedicato l'editoriale ed un servizio di approfondimento.

Finalmente il grande tema dello straordinario ed affascinante dibattito scientifico su questi ultimi 250 anni circa, profondamente segnati dall'intervento umano tanto da meritarsi un apposito termine e l'indicazione di un nuovo periodo geologico, l'Antropocene appunto, è apparso addirittura sulla copertina di una notissima rivista internazionale, nota e diffusa in tutto il mondo e letta soprattutto da politici, economisti, pianificatori e decisori. Gli ultimi eventi che avevo segnalato in questa rubrica un paio di settimane fa, e cioè il seminario della Geological Society of London dal titolo "The Anthropocene: a new epoch of geological time ?" (vedasi il sito www.geolsoc.org.uk/anthropoceneconference ) tenutosi l'11 maggio e il Terzo Simposio dei Premi Nobel sulla Sostenibilità Globale, organizzato da diversi istituti scientifici svedesi, tra i quali la Royal Swedish Academy of Sciences che ogni anno attribuisce i Premi Nobel nelle diverse discipline, dal titolo "Transforming World in an Era of Global Change" (vedasi il sito http://globalsymposium2011.org ), tenutosi a Stoccolma dal 16 al 19 maggio, sono stati all'origine della notizia giornalistica che ha fatto registrare questo forte interesse della redazione del "The Economist".

La rivista che è un po' il "regno" della cultura economica neoclassica, dedicata alle approfondite analisi degli andamenti economici e finanziari delle nostre società, fortemente contraddistinta da una cultura mirata al continuo perseguimento della crescita economica, ha ben illustrato le motivazioni che stanno conducendo la comunità scientifica internazionale ad accettare ormai il fatto che viviamo, addirittura, in un periodo geologico nuovo e brevissimo, l'Antropocene, causato dal profondo intervento umano sui sistemi naturali, paragonabili per intensità ed ampiezza agli effetti prodotti dalla grandi forze della natura che hanno plasmato, da sempre, l'evoluzione del nostro pianeta.

In una dimensione antropocenica è ormai diventato impossibile coniugare i nostri modelli di crescita economica materiale e quantitativa che continuiamo a perseguire, alla capacità dei sistemi naturali di reggere questo continuo e crescente impatto e di supportare quindi conseguentemente il benessere e la stessa economia delle nostre società.

Il termine Antropocene riguarda l'impatto umano collettivo sui processi biologici, fisici e chimici che hanno luogo attorno e sulla superficie della Terra. Come ricordano gli autorevoli geologi che registrano la storia del nostro pianeta e le sue diverse caratterizzazioni nell'arco dei 4.56 miliardi di anni della sua esistenza (questa è l'età ch dovrebbe avere il nostro pianeta, vedasi, tra gli altri, Ogg J.G., Ogg G. e Gradstein F.M., 2008, The concise geological timescale, Cambridge University Press), la geologia della Terra viene suddivisa in grandi ambiti, definiti eoni (che rappresentano centinaia o miliardi di anni) che sono poi a loro volta suddivisi in ere, periodi, epoche ed età che rappresentano unità di tempo più piccole.

Queste unità di tempo geocronologiche sono parallelamente registrate in una dimensione cronostratigrafica, o del tempo delle rocce, dove le unità stesse si caratterizzano per le formazioni geologiche formatesi in queste unità di tempo. Ma la dimensione geocronologica ed i relativi confini delle diverse unità del tempo geologico, dipendono non solo dal "tempo" delle rocce, ma anche dalle composizioni dei fossili riscontrati che registrano eventi di estinzione o radiazione evolutiva, dalle situazioni chimico-fisiche complessive che includono fattori estrinseci (come, ad esempio, gli impatti degli asteroidi o gli effetti orbitali ciclici della Terra) e fattori intrinseci (quali, ad esempio, le configurazioni continentali o le circolazioni degli oceani).

Quindi quello che avviene nella geologia terrestre, nelle rocce della nostra Terra, dipende da numerosi fattori che possono riguardare i loro caratteri fisici (quindi la litostratigrafia) , il contenuto dei fossili (la biostratigrafia), le proprietà chimiche (la chemio stratigrafia), le proprietà magnetiche (la magnetostratigrafia) e i pattern legati ai livelli dei mari (la stratigrafia delle sequenze). La somma totale di queste evidenze, registrate e riconosciute, consente alla comunità dei geologi di datare e correlare le varie unità di tempo ( la geocronologia) e di ridefinire continuamente la scala dei tempi geologici (il Geological Time Scale).

Da questo punto di vista sono interessantissime le ricerche che i geologi stanno facendo per individuare la stratigrafia dell'Antropocene (il noto geologo Jan Zalasiewicz, dell'Università di Leicester, guida un ampio gruppo di autorevoli geologi che stanno valutando l'accettazione formale dell'Antropocene nel Geological Time Scale nell'ambito dell'International Commission on Stratigraphy www.stratigraphy.org  dell'International Union of Geological Sciences www.iugs.org ).

Diversi risultati di queste ricerche sono stati già presentati in numerose pubblicazioni scientifiche e danno conto di come l'intervento umano sia chiaramente discernibile nella litostratigrafia con le modificazioni dei pattern dei sedimenti. La somma degli effetti sin qui registrati, a livello delle terre emerse, per quanto riguarda i movimenti antropogenici di suolo, rocce e sedimenti, di diversione dei fiumi, di modificazioni dei corsi d'acqua e delle linee costiere, delle modificazioni causate dalle pratiche agricole e dalle strutture urbane e, a livello di aree marine, delle profonde modificazioni degli ecosistemi oceanici sono considerate superiori a qualsiasi processo naturale in atto.

Gli ambienti "costruiti", i nuovi materiali (plastica, vetro, strutture di vari metalli) , la perturbazione umana provocata nei grandi cicli biogeochimici, in primis quello del carbonio che sta provocando effetti e conseguenze su tutto il sistema Terra (dalla modificazione della composizione chimica dell'atmosfera all' acidificazione degli oceani), nonché quelli dell'azoto e del fosforo. La produzione di sostanze chimiche antropogeniche industriali, dai pesticidi ai ritardanti di fiamma, i radionuclidi associati ai fall-out dovuti alle esplosioni nucleari, la mobilitazione di metalli e di prodotti di base dell'industria petrolifera ecc. costituiscono altre significative perturbazioni chimiche che possono essere registrate nei sedimenti a livello di chemio stratigrafia.

La dimensione straordinaria che l'intervento umano ha esercitato sulla biodiversità planetaria provocando il fenomeno che, da diversi autorevoli scienziati è stato definito la sesta estinzione di massa (che si aggiungerebbe alle cinque finora ben individuate dai paleontologi e dai geologi negli ultimi 500 milioni di anni) , può condurre anche ad eventuali registrazioni di tale fenomeno dal punto di vista della biostratigrafia.

Insomma il panorama fornito dalle più avanzate ricerche delle scienze del sistema Terra ci sta continuamente confermando l'eccezionalità dell'intervento di una singola specie, la nostra, come profonda modificatrice della naturale evoluzione dei sistemi naturali grazie ai quali esistiamo e sui quali basiamo il nostro benessere e le nostre economie.

E' giunto il tempo che il mondo politico-economico prenda atto di tale conoscenza e avvii decisamente la strada per una nuova economia. Continuare così non ci fornisce alcuna prospettiva per il nostro futuro.

 

 

 

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