[26/05/2011] News

Il costo del nucleare secondo l’Ispra (prima di Fukushima)

I picchi di cesio con gli esperimenti nucleari degli anni ’50-’60 e con Chernobyl

Ieri l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) ha presentato l'Annuario dei Dati Ambientali 2010, un compendio di indicatori ambientali sullo stato dell'ambiente in Italia. Nelle Tematiche in Primo Piano c'è un paragrafo dedicato all'energia nucleare (pagine  74 - 78) all'interno del capitolo "Cambiamenti climatici ed energia". Il lavoro, che è stato realizzato prima dell'incidente di Fukushima, utilizzando dati e studi dei quali greenreport ha spesso dato conto, contiene una valutazione dei costi dell'energia nucleare a prescindere da eventi accidentali, eccone ampi stralci tratti dalle pagine 76 e 77:

 «[...] Per quanto riguarda gli aspetti economici dell'energia nucleare, il Dipartimento di Energia degli Stati Uniti ha stimato i costi della produzione elettrica da nuovi impianti nucleari al 2020 e al 2035. In entrambi i casi, la produzione elettrica da fonte nucleare presenta costi nettamente superiori alla produzione elettrica da gas naturale, da eolico e da carbone. Un recente studio del Massachusetts Institute of Technology ha evidenziato che il costo del kWh nucleare (8,4 c$/kWh) per gli impianti di nuova costruzione è superiore a quello di gas (6,4 c$/kWh) e carbone (6,2 c$/kWh), con il valore del dollaro al 2007. Il prezzo maggiore della fonte nucleare è dovuto principalmente all'elevato rischio che caratterizza l'investimento iniziale e che determina tempi di realizzazione degli impianti più lunghi delle previsioni di progetto. Lo studio del Mit afferma che la riduzione o l'eliminazione del "premio di rischio" rappresenta un contributo determinante per la competitività del settore nucleare. Inoltre, considerando un costo del carbonio emesso per gas e carbone (25 $/t CO2) e l'eliminazione del premio di rischio per il nucleare, il costo dell'energia elettrica da questa fonte diminuisce a 6,6 c$/kWh e risulta inferiore a quello di gas e carbone pari a 7,4 c$/kWh e 8,3 c$/kWh rispettivamente. L'Agenzia Europea dell'Ambiente riporta una notevole variabilità delle stime dei costi della produzione elettrica da fonte nucleare, con valori che vanno da 2 c€/kWhe a più di 10 c€/kWhe. Le differenti stime sono dovute a diversi fattori quali il tasso di sconto, la metodologia e il periodo di ammortamento. Inoltre, è opportuno considerare che le diverse forme di incentivo introducono una distorsione dei costi effettivi. Secondo quanto afferma l'AEA, l'industria nucleare in Europa beneficia di incentivi statali, tuttavia "non sono disponibili accurate e trasparenti informazioni sulla quantità di incentivi." Uno studio della Commissione Europea del 2009 sugli incentivi dannosi per l'ambiente afferma che in Germania gli incentivi chiave specifici per la disattivazione degli impianti nucleari sono costituiti da una riduzione delle imposte derivanti dalla raccolta dei fondi di disattivazione, inoltre il combustibile nucleare non è tassato. La dimensione totale di questo beneficio fiscale, sostenuto dalle casse pubbliche, è stimato a 5,6 miliardi di euro all'anno o 175 milioni di euro per centrale nucleare. Tali forme di incentivazione incidono nel computo dei costi della fonte nucleare. [...]»

Le schede dell'annuario dell'Ispra si occupano  anche di Radiazioni ionizzanti e alle pagine 25 e 26  spiegano che «Nonostante questa sede sia dedicata alla presentazione dei dati del 2009 non ci si può esimere dal riferire sull'evento di Fukushima e sulle conseguenze in Italia. In realtà un filo logico esiste in considerazione del fatto che da sempre esiste una rete di monitoraggio della radioattività ambientale e negli alimenti. La rete è costituita da tutte le Agenzie Regionali e Provinciali per la Protezione dell'Ambiente con il coordinamento tecnico dall'Ispra. La rete produce dai 10.000 ai 15.000 dati ogni anno (12.000 nel 2009)».

La Scheda riporta a titolo di esempio un grafico sull'andamento della concentrazione di cesio-137 nelle deposizioni al suolo in Italia dal 1960 al 2009: «Si evidenziano gli eventi di ricaduta associati ai test effettuati in atmosfera negli anni '50-'60 e il picco relativo all'incidente di Chernobyl nel 1986. A seguito delle prime informazioni sui problemi prodotti dallo tsunami alle unità della centrale di Fukushima, il sistema agenziale italiano si è immediatamente attivato attraverso l'intensificazione delle misure radiometriche al fine di monitorare l'eventuale diffusione di radioattività sul nostro territorio. La prima matrice presa in considerazione è stata l'aria e, a seguire, le deposizioni al suolo, i vegetali a foglia larga, il latte e ed altre matrici ambientali ed alimentari. Quale parametro indicatore caratteristico dell'evento di Fukushima è stato utilizzato l'andamento della concentrazione di iodio-131 nel particolato atmosferico riscontrata nei due mesi successivi l'evento. Sulla base dei primi risultati e delle altre rivelazioni effettuate è stato ritenuto di non dover dichiarare lo stato di emergenza nazionale, data l'assoluta non rilevanza dal punto di vista delle conseguenze di tipo radiologico. Il sistema agenziale ha reagito molto positivamente alla richiesta di dati sia per far fronte alla valutazione radiologica sia nei riguardi dell'informazione al pubblico. Detto questo, tuttavia, l'evento ha messo in evidenza la necessità di un rafforzamento e completamento della rete di monitoraggio della radioattività attualmente operante e la necessità di un maggior coordinamento gestionale delle strutture coinvolte in caso di eventi di questo tipo, attraverso la definizione di protocolli operativi e l'assegnazione delle diverse responsabilità».

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