[25/05/2011] News

Annuario Ispra: la qualità delle matrici aria, acqua, suolo

Anche nell'Annuario dei dati ambientali Ispra 2010 viene ribadito come lo stato della qualità dell'aria continua a essere una delle emergenze ambientali che preoccupa gli amministratori e coinvolge quotidianamente tutti i cittadini, anche se si registrano alcuni dati positivi.

Ad esempio diminuiscono le emissioni in atmosfera di sostanze acidificanti come gli ossidi di zolfo (SOx), ridotti dal 1990 al 2009, dell'87,2%, quelli di ossido di azoto (NOx) del 51,3%, e quelle dell'ammoniaca (NH3) del 16,5%. Situazione diversa per quanto concerne le polveri e l'ozono. In Italia, nel 2009, il 45% delle stazioni di monitoraggio di PM10 ha superato il valore limite giornaliero. Sono soprattutto le grandi città dell'area padana a registrare i livelli più alti di queste polveri.

Le informazioni riportate nell'annuario relative al PM2,5, caratterizzato da dimensioni così piccole da penetrare in profondità nel sistema respiratorio, sono ancora insufficienti in quanto non ancora disponibili i dati rappresentativi dell'intero territorio nazionale. La maggior parte delle stazioni (77% delle 60 stazioni con copertura temporale del 90%) rispettano comunque il valore limite di 25 μg/m3, che entrerà in vigore nel 2015. Per quanto riguarda l'ozono l'obiettivo a lungo termine per la protezione della salute umana (120 μg/m3), che tra i parametri definiti dalla normativa è quello che meglio descrive situazioni di inquinamento e di esposizione della popolazione mediate nel tempo, nel periodo estivo 2010 (da aprile a settembre compresi) risulta superato nel 92% delle stazioni.

La situazione rilevata per la qualità dell'aria, mette in evidenza i ritardi delle città, nell'attuare interventi per la mobilità sostenibile basata sul trasporto pubblico a basso impatto. Per i gas serra il documento riporta una situazione particolare: fino al 2004 l'Italia ha registrato un incremento delle emissioni, successivamente si è osservato un calo, fortemente condizionato dalla crisi economico - finanziaria che ha investito anche il settore industriale. In particolare, le emissioni del 2009 sono state inferiori del 9,3% rispetto all'anno precedente, ma gli obiettivi del Protocollo di Kyoto sono comunque ancora lontani.

Per quanto riguarda le acque superficiali (in particolare fiumi e laghi) la situazione qualitativa evidenziata nel rapporto è discreta, ma sinceramente poco attendibile considerato che il monitoraggio è ancora basato su indicatori di qualità e obiettivi stabiliti dal decreto legislativo 152/99. Sappiamo invece che i Piani di gestione dei Distretti idrografici prevedono proroghe e deroghe per molti corpi idrici, non essendo possibile centrare l'obiettivo di qualità "buono" al 2015 come previsto dalla Direttiva europea "Acque" (recepita dal Dlgs. 152/2006). Per quanto riguarda le acque sotterranee il 21,8% dei casi è caratterizzato da acque di qualità chimica scadente dovuta a cause di origine antropica.

Un dato a parte riguarda i fitofarmaci. Si rilevano livelli di contaminazione delle acque superficiali nella zona padano-veneta, mentre per le acque sotterranee sono rilevabili in particolare in Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia. In particolare nel corso del 2008, nelle acque superficiali sono stati rilevati residui di pesticidi nel 47,9% del totale dei punti di monitoraggio, in concentrazioni che nel 30,9% dei casi superavano i limiti di legge per le acque potabili, mentre nelle acque sotterranee è risultato contaminato il 28,8% del totale dei punti di monitoraggio, che nel 15,6% dei casi avevano concentrazioni superiori ai limiti. Infine le acque marino costiere.

E' stata fatta una prima applicazione del Decreto 260/2010 che permette di effettuare una classificazione preliminare considerando la sensibilità degli elementi di Qualità Biologica macroalghe, angiosperme, fitoplancton e macroinvertebrati bentonici. In particolare l'elemento macroalghe, in grado di rispondere a variazioni relativamente rapide delle condizioni ambientali, descrive uno stato di qualità delle acque nazionali prevalentemente "elevato/buono", con solo alcuni siti classificati nello stato "sufficiente". Complessivamente anche se si tratta di una primissima classificazione (su alcuni punti) effettuata grazie al nuovo strumento legislativo vigente, le acque marino-costiere italiane, risultano nel complesso in uno stato mediamente buono.

Dati meno incoraggianti riguardano invece la desertificazione e il dissesto idrogeologico che causa frane. In Italia il fenomeno della desertificazione sta assumendo sempre più evidenza in almeno cinque regioni (Sardegna, Sicilia, Basilicata, Puglia e Calabria). «Tenendo conto che il concetto di desertificazione rappresenta il massimo degrado ambientale di un suolo, dall'applicazione dell'indice ESAI (Environmentally Sensitive Areas Index), ottenuta utilizzando la metodologia MEDALUS all'intero territorio nazionale- è spiegato nel rapporto- si evince che la Sicilia con circa il 70% della sua superficie regionale presenta un grado medio-alto di vulnerabilità ambientale, seguita da Molise (58%), Puglia (57%) e Basilicata (55%). Sei regioni presentano una percentuale di territorio compresa fra il 30% ed il 50%, per altre sette regioni (Calabria, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Veneto e Piemonte) tale superficie territoriale si pone fra il 10 ed il 25%, mentre in tre regioni (Liguria, Valle d'Aosta e Trentino) le percentuali sono abbastanza contenute e comprese fra il 2% ed il 6%».

Per quanto riguarda il rischio da frana l'Italia presenta un'esposizione particolarmente elevata, a causa delle sue caratteristiche geologiche e morfologiche (il 75% del territorio nazionale è infatti montano-collinare). Le frane sono tra le calamità naturali che si ripetono con maggiore frequenza e causano, dopo i terremoti, il maggior numero di vittime e di danni ai centri abitati, infrastrutture, beni ambientali, storici e culturali.

In Italia sono state censite dall'Ispra e dalle regioni e province autonome più di 485.000 frane che interessano un'area di oltre 20.700 km2, pari al 6,9% del territorio nazionale. I comuni italiani interessati da frane sono 5.708, pari al 70,5% del totale. 2.940 sono stati classificati con livello di attenzione molto elevato, 1.732 comuni con livello di attenzione elevato e 1.036 comuni con livello medio. Al di la delle caratteristiche del territorio italiano, è la carente attenzione (compresi gli investimenti) alla manutenzione del suolo con interventi di mitigazione realizzati a scala di bacino e parallelamente il consumo di suolo nelle aree "appetibili" dettato da un'urbanistica "disordinata", che spiegano la situazione.

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