[23/05/2011] News

In costume da bagno davanti al ministero dei beni culturali

Blitz di Legambiente contro la svendita delle spiagge

Blitz di Legambiente in costume da bagno stamattina davanti al ministero per i beni e le attività culturali con tanto di teli da mare, cappellini e creme solari, palette, secchielli e picnic per dire no a nuove costruzioni in riva al mare e alla legalizzazione degli abusi già presenti sulle coste.

Così il centro di Roma si è trasformato in una spiaggia per protestare contro la privatizzazione delle spiagge che si profila con l'attuazione del decreto legge Sviluppo, che all'art. 3 prevede il "diritto di superficie" sull'area demaniale, di fatto una svendita delle spiagge ai privati per 20 anni (che sembrano aumentati a 50).

I volontari di Legambiente spiegano che «Se il decreto fosse, infatti, convertito in legge tale e quale, le spiagge verrebbero date in concessione per un tempo lunghissimo, senza gara e senza alcun controllo e, attraverso il diritto di superficie, si potrebbero aggirare le normative di tutela legalizzando persino costruzioni abusive e aprendo le porte a nuove edificazioni nella fascia dei 300 metri dalla battigia. Tutto sarebbe gestito dall'Agenzia del demanio, che si spartirebbe gli introiti con Regione e Comuni interessati, senza che i ministeri dei beni culturali e dell'ambiente vengano in alcun modo coinvolti nelle autorizzazioni».

Per questo Legambiente è tornata a sollecitare l'attenzione del padrone di casa: il ministro dei beni culturali Giancarlo Galan per chiedere che prenda posizione in difesa delle coste e del paesaggio: «Mare e paesaggio sono beni comuni - dice il vicepresidente di Legambiente Sebastiano Venneri - e come tali vanno tutelati. Il ministero dei beni culturali è responsabile, come stabilisce la Legge Galasso e in attuazione dell'articolo 9 della costituzione che tutela il paesaggio, di vigilare e salvaguardare quanto succede nei 300 metri dal mare. Perché allora è escluso dalla procedura con cui si dovrebbe assegnare il diritto di superficie? Perche Galan e il ministro dell'ambiente Prestigiacomo non si occupano di tutelare le coste italiane dal cemento e garantire ai cittadini il libero accesso e la fruizione delle spiagge? Inoltre, rispetto alla riduzione dei tempi di concessione, dai 90 anni della prima stesura del decreto agli attuali 20 anni, nulla cambia in concreto, perché permangono tutti i rischi legati all'esercizio del diritto di superficie da parte dei gestori, che equivale sostanzialmente a una privatizzazione del demanio, tanto che la lobby dei balneari chiede di portare addirittura a 50 anni il tempo di durata. E' ora che la parte sana degli imprenditori balneari dia voce ai tanti malumori che serpeggiano nella categoria e dica esplicitamente che questo provvedimento deve essere ritirato per evitare il rischio di essere fagocitati dai grandi gruppi imprenditoriali e immobiliari. Il diritto di superficie servirà solo agli speculatori edilizi e metterà in crisi le aziende a conduzione familiare che rappresentano la stragrande maggioranza degli stabilimenti balneari del nostro Paese».

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