[12/05/2011] News

Arctic Council a Nuuk: paura del global warming e assalto al tesoro delle risorse fossili

Si conclude oggi a Nuuk, la piccola capitale della Groenlandia, il settimo Arctic Council Ministerial Meeting nel quale verrà firmato l'accordo "Search and Rescue in the Arctic" (Sao) che dovrebbe consentire l'accesso alle immense risorse petrolifere, gasiere e minerarie nascoste sotto il permafrost e l'Oceano artico, uno degli ambienti più delicati, preziosi ed a rischio del pianeta.

Il Consiglio artico è stato istituito nel 1996 con la firma della dichiarazione di Ottawa, proprio per affrontare le questioni ambientali, ma poi si è trasformato in un forum dove vegono discusse le sfide e le opportunità del grande nord del nostro pianeta e la situazione dei popoli autoctoni che ci vivono e che sono rappresentati con propri delegati anche al meeting di Nuuk.

Il ministro degli esteri della Danimarca, Lene Espersen, e il premier della semi-indipendente Groenlandia, Kuupik Kleist, presiedono l'ultima riunione della presidenza di turno danese che passerà la mano alla Svezia per il prossimo biennio. I ministri degli 8 Paesi del Consiglio Artico (Canada, Danimarca [compresa la Groenlandia e le autonome Isole Faer Øer], Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti d'America) stanno discutendo di come rafforzare l'organizzazione e quali siano le questioni artiche più urgenti da affrontare.

Il Sao dovrebbe essere il primo accordo giuridicamente vincolante, negoziato sotto gli auspici del Consiglio Artico, che affronta in maniera unitaria l'accesso alle risorse, che ha creato numerosi attriti dopo le rivendicazioni territoriali russe sulla piattaforma oceanica artica, che hanno dato il via alla riproposizione di analoghe pretese da parte di tutti gli altri Stati della regione, a cominciare dagli statunitensi, dai canadesi e dalla Danimarca/Groenlandia.

Il documento preparatorio dell'Arctic Council di Nuuk sottolinea che «L'Artico sta subendo un cambiamento significativo. Negli anni a venire, questi cambiamenti saranno di fronte agli stakeholders dell'Artico con una linea di nuove sfide, così come di opportunità, dato che la regione comincia gradualmente ad aprirsi come risultato del cambiamento climatico».

Le domande alle quali dovrebbe rispondere il meeting ministeriale in Groenlandia sono: «Come questa tendenza influenzerà le popolazioni che vivono nell'Artico? Come colpirà la fragile biodiversità della regione? Come faranno gli Stati artici ed i loro popoli a cogliere le sfide e le opportunità del domani nella regione artica?».

La risposta sembra stare in un misto di tutela e sfruttamento, di paura per i veloci cambiamenti climatici in corso che stanno sconvolgendo la vita delle popolazioni autoctone, della flora e della fauna, e la vecchia politica dello sfruttamento delle risorse fossili che lo scioglimento dei ghiacci marini e terrestri sta "liberando". Per grandi potenze come la Russia e gli Usa la corsa all'Artico sembra riguardare soprattutto la seconda parte, quella dello sfruttamento delle risorse e della lotta geopolitica per accaparrarsi le nuove rotte commerciali liberate dai ghiacci.

Per i popoli autoctoni dell'Artico, che hanno voce in Groenlandia (dove gli inuit governano), ma sono deboli nei Paesi democratici e praticamente ignorati in Russia, la tutela dell'ambiente artico rimane al primo posto e il global warming è un'evidente tragedia non solo ambientale, ma anche sociale e culturale.

Sarà difficile per il piccoli popoli che vivono da tempi immemorabili su questo sterminato scrigno di risorse sigillato dal ghiaccio (e che chiedono di avere parte dei guadagni dello sfruttamento delle loro risorse) resistere all'invasione coloniale di un'ipertecnologica industria (foraggiata e spesso incistata negli Stati dei quali sono cittadini) che punta a trivellare gas e petrolio, mentre proclama allo stesso tempo politiche virtuose di riduzione dei consumi energetici e dei combustibili fossili, per tagliare quelle emissioni di gas serra che stanno rapidamente sciogliendo i ghiacci artici e divorando la loro fragile ed insostituibile biodiversità.

Nell'Artico si giocherà probabilmente il futuro climatico del pianeta, ma il banchetto degli idrocarburi e dei minerali è troppo ricco (almeno 90 miliardi di barili di petrolio, 47mila miliardi di m3 di gas e grandi giacimenti di gas liquefatto) e molti Paesi cercano di autoinvitarsi alla tavola imbandita: Cina, Unione Europea, Italia, Giappone, Corea del sud chiedono di entrare a far parte come osservatori permanenti dell'Arctic Council.

Speriamo che qualcuno tenga conto dei risultati del workshop dell' Arctic Council working group on conservation of arctic flora and fauna (Caff), tenutosi a Vancouver, in Canada, il 22 e 23 marzo, durante il quale 30 scienziati, manager ed esperti delle comunità autoctone hanno approvato un rapporto tecnico sugli effetti della riduzione del ghiaccio marino sulla biodiversità nella regione artica.

Il workshop ha fatto una panoramica degli ecosistemi del ghiaccio marino e sul del ghiaccio nelle regioni in cui il ghiaccio del mare è una parte integrante. Poi ha analizzato: Potenziale per la fauna selvatica e le comunità di adattarsi al cambiamento dello scenario del ghiacci i marino; Impatti della riduzione del ghiaccio marino sulla diversità genetica delle specie; Nuove specie che rischiano di stabilirsi nell'Artico a seguito della riduzione del ghiaccio marino; Effetti positivi e negativi delle modifiche della composizione delle specie della fauna selvatica sulle altre specie selvatiche e sulla popolazione umana; Azioni prioritarie che potrebbero essere adottate a sostegno della biodiversità associata al ghiaccio marino.

I risultati del seminario di Vancouver produrranno una relazione tecnica sullo stato attuale e le preoccupanti tendenze della biodiversità dell mare artico, compresi gli effetti diretti che già si osservano sulle specie marine e gli effetti indiretti sulle specie terrestri. Il rapporto sarà completato in un secondo workshop che si terrà in Russia in autunno, che svilupperà le raccomandazioni scientifiche per le politiche di salvaguardia delle specie e dell'ambiente. Sperando che l'accordo "Search and Rescue in the Arctic" approvato a Nuuk non riduca tutto ad un po' di greenwashing artico, per giustificare l'assalto alle risorse fossili.

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