[11/05/2011] News

Sostenibilità e mercati, la proposta: una "no fly zone" sulle materie prime

«Una no fly zone sulle materie prime che impedisca la speculazione o non se ne uscirà mai. La parola chiave è proibizione». Non usa mezzi termini Antonio Tricarico, attualmente membro della steering committee del network internazionale "Focus on Finance", su questioni inerenti la finanza privata, che segue dal 2001 i negoziati in sede OCSE per la riforma ambientale delle agenzie di credito all'esportazione, che domani durante il Join for Change Compartimos 11 (presso sede del Gruppo Abele, a Torino) relazionerà su un tema chiave per l'economia ecologica: «Finanziarizzazione delle risorse naturali e alternative di nuova finanza pubblica».

Finanziarizzazione delle risorse naturali, ovvero l'esatto contrario di una politica economica ecologica che miri a ridurre la depauperazione delle risorse stesse (energia e materia).

E' il cuore del problema: l'economia verde individua strumenti finanziari e di finanza pubblica che  coinvolge privati e che ha inevitabili costi di transizione. Oggi però, assistiamo al fatto che gran parte dei capitali che finiscono anche in quelle che consideriamo tecnologie sostenibili, sono fortemente interessate dalla speculazione. Ben oltre a quanto successo in passato e ben al di là di quali tecnologie prendiamo in considerazione, in seguito alla crisi del 2008, l'interesse maggiore si è incentrato sulle risorse naturali in sé. Metalli, derrate alimentari, con la necessità di nuovi strumenti traslati sulle risorse naturali. Questo rischia da subito di minare alla base la necessaria riconversione dell'economia finanziaria. Prima quindi bisogna disinquinare questi mercati. Ed è questo l'elemento di maggior preoccupazione. Allo stesso tempo se questi fenomeni sono invece regolamentati esiste la possibilità di utilizzare altri strumenti che porti ad un'effettiva riconversione.

 E quali sarebbero le alternative di finanza pubblica in questo senso?

Nel senso comune, quando si parla di finanza pubblica, si pensa solo alla fiscalità. Che è una cosa per me buona, sia ben chiaro, io sono favorevole alla carbon tax se rispettosa di tutti i crismi del caso dal punto di vista sociale e redistributivo, specialmente per le economie avanzate che proprio che abbia un senso. Ma non risolve tutto. Serve guardare alla finanza pubblica nel lungo termine. Per questo ritengo necessaria la creazione di una banca pubblica di investimento che vuol dire che con capitale pubblico, con una governance pubblica con partecipazione democratica, che si interfaccia  con i mercati, si possa indirizzarli assorbendo liquidità e decidendo come spendere i soldi riorientando l'economia. Non tutti sanno, anzi pochissimi sanno, che in Italia esiste una Cassa depositi e prestiti da 250 miliardi di euro, che ha una raccolta annua di 200 miliardi euro, roba da far impallidire qualunque finanziaria: perché non viene trasformata in una banca con quelle caratteristiche che ho suddetto? Oggi ha partecipazioni solo in grandi imprese, molte delle quali non solo non aiutano l'ambiente, ma lo compromettono, mentre sarebbe molto meglio se una banca pubblica fornisse prestiti ad esempio per le rinnovabili. Oppure per l'acqua, emettendo bond locali che cittadini possono racimolare per le infrastrutture. Bisogna farlo perché il mercato fallisce e fallisce perché il suo approccio alla green economy è troppo uguale a quello verso i subprime o verso casi come Parmalat.

Ci fosse la volontà politica, l'Italia potrebbe fare da sola?

Noi abbiamo intanto bisogno di trasformare la nostra politica nazionale. L'Italia avrebbe tutto l'interesse poi a europeizzare la sua scelta, ma alcune materie non sono condivise dall'Ue, dove esistono anche forti divergenze. Non credo che ci sia alcun problema. Il nostro sistema piuttosto provincialotto indubbiamente ha inoltre avuto contraccolpi più contenuti sulla finanza. Quindi per me è solo un problema di volontà politica, perché con questo strumento è ovvio che premi qualcuno e scontenti altri. Questo è il punto.

I prezzi delle commodity sembrano completamente fuori controllo e questo è un male a livello sociale quando i prezzi vanno su - rivolte del pane - , e, semplificando molto, è un male anche a livello ambientale quando i prezzi vanno giù. Se il petrolio costa meno, si è visto, certi investimenti su risparmio di energia e anche di materia (vedi derivati del petrolio) non si fanno o rallentano.

In generale sono d'accordo. Ma va detto che la formazione del prezzo del petrolio è molto complessa. Ci sono tante questioni in ballo. Il nodo tuttavia è questo: io sostengo che la domanda che guarda ai mercati fisici di queste materie non esiste più. Non esiste più, se mai è esistita, la struttura domanda e offerta. Non si riesce più a distinguere cos'è speculativo da cos'è produttivo, tu non sai più se quella sedia su cui stai seduto per scrivere al pc è stata prodotta per una necessità o per una scusa. E non so neanche se siamo a un punto di non ritorno. Siamo nella condizione che ora, in questo momento, il 26% fisico della soia è di proprietà di un edge found i cui manager probabilmente non mangiano e non mangeranno mai soia, non puoi dire che questa non sia economia reale. Mercati fisici e mercati finanziari sono dunque la stessa cosa. Bisogna quindi stare molto attenti: se non si mettono parametri a livello di no fly zone, ovvero decidendo che sulle materie prime i mercati non entrano, non ne usciamo. Servono i mercati, sia chiaro, io non sono contro i mercati finanziari, ma qui non devono mettere più piede. Bisogna proibire ai mercati finanziari di entrare nelle commodity. 

Dal nostro punto di vista è quasi impossibile che le democrazie possano governare il mercato economico/finanziario o almeno renderlo meno preda delle speculazioni, quando si trovano a confrontarsi con un manipolo di persone in grado con un click di spostare capitali. Dunque per lei la risposta è la "proibizione"?

Prima perimetrale, dire che cosa non si tocca, poi sul resto bisogna fare le regolamentazioni. Invece tutti si concentrano sulle regolamentazioni, ma come dicevi, non c'è gara su questo terreno.

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