[27/04/2011] News toscana

Europa chiama Toscana: potenzialitą e ombre del nuovo PRS

Ritorniamo sul Programma Regionale di Sviluppo, un testo potenzialmente fondamentale per la Toscana dei prossimi anni,  che la Giunta presieduta da Enrico Rossi ha licenziato nei giorni scorsi e trasmesso al Consiglio e che è già stato oggetto di alcuni interessanti interventi su Greenreport. Il documento non è in effetti di facile decifrazione. E' come se vi convivessero due anime: un Dr. Jekyll, con una voglia di discontinuità che però non riesce a tradursi in  una visione forte e coerente sul futuro della Toscana, ed un Mr. Hyde, rappresentato dalle  continuità imposte, qualche volta in termini conservativi, ma non sempre senza saggezza, dagli apparati e dalle rappresentanze di interessi.

E' interessante confrontare questa fase della programmazione regionale con quanto sta emergendo in Europa. Intervenendo la scorsa settimana all'annuale conferenza della Regional Studies Association (http://www.regional-studies-assoc.ac.uk), il commissario europeo alle politiche regionali, Johannes Hahn, ha fatto una "scelta di campo" al tempo stesso intellettuale e politica di inusuale chiarezza a favore di politiche "territorialmente fondate" ("place-based"). Era affiancato dai due studiosi che hanno maggiormente contribuito a mettere a fuoco questa prospettiva: Phil McCann, professore a Groningen ed uno dei guru della nuova economia regionale, e l'italiano Fabrizio Barca, autore del citatissimo Rapporto del 2009 sulla riforma della politica di coesione. E' stato lo stesso Barca a chiarire meglio di tutti i termini della questione, contrapponendo tre approcci diversi e confliggenti non solo nei convegni scientifici, ma anche nei luoghi della politica.

Il primo è quello che raccomanda politiche "cieche" dal punto di vista spaziale, perché centrate su riforme e strategie omogenee a livello nazionale ed europeo. Gli effetti sul territorio seguono in questo caso delle linee di tendenza (ad esempio, quella verso le grandi agglomerazioni urbane) che sono dettate dalle forze del mercato. La politica si dà il compito di facilitare e seguire queste tendenze, il che può significare cedere il governo dello sviluppo alla mano visibile dei grandi interessi industriali e finanziari multinazionali.

Il secondo approccio riconosce che c'è una diversità tra le regioni e che le tendenze centripete non sono necessariamente ottimali e quindi richiede politiche territorialmente mirate. Il terzo approccio, quello appunto "place-based", pensa invece a politiche che nascano dal basso, ossia da dove c'è conoscenza dei contesti specifici e possibilità di integrare efficacemente investimenti hard (infrastrutture) e soft (formazione, ricerca). Conoscenza ed opportunità non bastano: le elite locali possono non volere o non sapere crescere e innovare. L'approccio place-based pone con forza il problema della qualità del dialogo tra i diversi livelli di governo.

Il nuovo PRS della Toscana sembra mettersi in sintonia con queste prospettive soprattutto con l'introduzione dei PIS (Progetti Integrati di Sviluppo) per i quali esiste una corrispondenza territoriale specifica o di dimensione regionale e nei quali si dichiara l'ambizione di «correlare esigenze di sviluppo economico con politiche regionali attinenti all'urbanistica, all'ambiente, all'energia, alla cultura, etc., e viceversa, colmando alcuni ostacoli del passato dovuti ad un'eccessiva compartimentalizzazione delle competenze e degli strumenti di intervento regionale».

Al confronto con i nuovi approcci europei emergono tuttavia anche importanti zone d'ombra. I PIS di cui leggiamo sono ad oggi ragionevoli canovacci di una politica tutta da costruire, sia in gran parte dei contenuti progettuali che nello "schema di gioco". Come si eserciterà, ad esempio, la leadership regionale? Con quali strumenti, oltre a quelli (forzatamente appannati) delle risorse finanziarie? Con quali strutture di gestione, per evitare che la dimensione settoriale, propria degli apparati regionali, abbia alla fine comunque il sopravvento?  E come si configurerà la nuova concertazione, per distaccarsi effettivamente dalle performance del passato ma senza neanche riproporre i maldestri esercizi di decisionismo visti nella Piana fiorentina? E quali priorità temporali emergeranno nei fatti, tra i tanti, troppi PIS che non si è saputo o potuto ordinare in funzioni di priorità strategica?

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