[16/03/2011] News

La Turchia dei terremoti non rinuncia alla centrale nucleare russa (e a quella giapponese)

LIVORNO. Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan è a Mosca per un summit con il presidente russo Dmitri Medvedev che ha al centro l'energia e il nucleare. Non a caso agli incontri partecipano anche il ministro egli esteri russo Sergei Lavrov, il vicepremier per l'energia Igor Setchin e il direttore del'Agenzia dell'energia atomica russa Sergei Kirienko.

In un primo comunicato del servizio stampa del Kremlino si legge che «La colazione di lavoro con il presidente russo ha aperto il programma della visita a Mosca del primo ministro turco. Medvedev ed Erdogan hanno discusso della cooperazione economica bilaterale, soprattutto nel settore energetico». E l'energia è una bella fetta degli scambi commerciali tra i due Paesi che nel 2010 hanno raggiunto più di 25 miliardi di dollari, il 29% in più del 2009.

Ieri, prima di partire per la Russia, Erdoigan aveva assicurato che «La Turchia non annullerà i suoi progetti di costruzione di centrali nucleari malgrado l'attuale crisi nucleare che conosce il Giappone dopo il sisma di magnitudo di 9,0 che ha colpito il Paese. Vogliamo finirle il più rapidamente possibile».

Ed ai giornalisti che gli facevano notare che la Turchia ha subito pesantissimi terremoti con devastazioni simili a quelle giapponesi, senza nemmeno lo tsunami, Erdogan ha risposto che «Non esistono investimenti senza rischi. Se le persone vogliono un ambiente sano senza rischi, non dovrebbero costruire oleodotti nei loro Paesi né utilizzare il gas nelle loro cucine». Dopo questa massima da bar, Erdogan ha detto alla catena televisiva privata Ntv che se sarà necessario chiederà alla Russia «Di aumentare le sue norme di sicurezza per la centrale di Akkuyu, che dovrebbe essere costruita sulla costa turca».

Erdogan, come il suo amico Berlusconi, si estranea dal dibattito sulla sicurezza energetica in corso in altri Paesi e soprattutto nell'Ue nella quale aspira ad entrare. Probabilmente nell'atteggiamento del governo islamico di Ankara pesa la voglia di diventare una potenza regionale egemone in Medio Oriente (con un allontanamento dall'Ue e un avvicinamento alla Russia) e soprattutto la firma dell'accordo da 20 miliardi di dollari con la Russia del maggio 2010, per costruire la prima centrale nucleare turca a Akkuyu, sulla costa mediterranea, un sito che gli ambientalisti turchi giudicano a forte rischio sismico. Ma il processo per le licenze della centrale è già partito e la Turchia sta addirittura negoziando con il Giappone per costruire una seconda centrale nucleare a Sinop, sulla costa del Mar Nero. I giapponesi erano considerati dai turchi un partner affidabile proprio perché "maestri" nel costruire centrali nucleari sicure e a prova di terremoto, visto che sia Turchia che Giappone sono su linee di frattura delle faglie.

Insomma il governo islamico turco sembra prigioniero del suo nazionalismo nuclearista e per soddisfarlo si affida ai due Paesi che hanno prodotto i due più grandi disastri conosciuti del nucleare civile: Chernobyl e Fuikushima.

A far ragionare Erdogan ci ha provato Greenpeace Türkiye, sottolineando che la tecnologia nucleare giapponese era considerata la più avanzata per resistere ai terremoti, ma che ora deve fare i conti con uno tsunami di dimensioni inattese: «Nel nostro caso, gli standard di sicurezza che garantiscono le centrali nucleari russe non basterebbero. La Turchia deve rinunciare completamente a questa pericolosa avventura che ci mette in pericolo. Già le compagnie assicurative non coprono le centrali nucleari perché presentano alti rischi di guasti ed incidenti e quindi tutti i costi vengono scaricati sulle tasche dei contribuenti. In Turchia, la possibile dimensione del pericolo che può insorgere da questa situazione è lo scenario di un disastro che ci aspetta,come possiamo vedere da quel che sta accadendo dal fronte del terremoto in Giappone. Oggi, il governo deve avere un approccio più razionale e trarre insegnamento da quel che accade in Giappone, prima che sia troppo tardi».

 

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