[01/03/2011] News

Quanto costa non fare prevenzione sociale e ambientale

LIVORNO. In una delle ultime puntate di Presadiretta di  Riccardo Iacona si raccontava l'attività svolta dal mondo associativo e cooperativo napoletano per favorire il reinserimento nella società di giovani madri a rischio. Il valore aggiunto dell'inchiesta dedicata al progetto ‘adozione sociale' era quello di leggere la situazione dal punto di vista economico, escludendo facili pietismi e dimostrando come il progetto, finanziato a fatica e sull'orlo della chiusura aveva un'incidenza sulle casse pubbliche di decine di volte inferiore ai costi che lo Stato deve invece sostenere nel caso di degenerazione delle situazioni di famiglie abbandonate a se stesse: le cooperative sociali compiono infatti un'importante opera di prevenzione della devianza e della criminalità. Senza il loro contributo  il conto arriverà con gli interessi fra qualche anno perché sono un mezzo indispensabile di contrasto alla camorra che recluta proprio là dove lo stato non arriva a governare situazioni ormai compromesse e che invece si potrebbe evitare lavorando sulla prevenzione, come accadrà ancora per poco visto che la Regione Campania, il Comune e le Asl non sono più in grado di pagare per i servizi che fornivano le 200 cooperative sociali (20mila lavoratori) che da anni si fanno carico di alleviare l'enorme disagio sociale e che stanno ancora aspettando 500 milioni di euro in arretrati.

Il termine prevenzione si sa, in questa Italia di inizio del nuovo millennio, gode di assai poca fortuna ed è per questo che va sottolineato il tentativo intrapreso dalla regione Toscana che ha appena avviato la redazione (partecipata) del nuovo piano sanitario che per la prima volta sarà integrato al piano sociale (e di cui parliamo approfonditamente in un altro articolo, vedi link a fondo pagina).

Qui a noi salta subito all'occhio come in premessa manchi in realtà la terza gamba, ovvero quella ambientale, ma si tratta probabilmente solo di un refuso formale, visto che la sostenibilità - intesa sia dal punto di vista sociale che ambientale - è stata inserita tra le parole chiave del Piano (Pssir), che sono: Evoluzione - Integrazione - Prossimità - Equità -  e appunto Sostenibilità.

«Il nuovo Piano Sanitario e Sociale Integrato - dicono gli operatori del gruppo di lavoro che ne seguirà la stesura - sposterà l'asse sul territorio, perché là è possibile intervenire prima che il bisogno di salute si presenti, e quando lo stesso bisogno di salute non trova più risposte efficaci nei nostri ospedali innovativi e tecnologicamente avanzati».

Questi gli ambiti su cui si apre il confronto con i cittadini:
- Intervenire fin dall'infanzia sugli stili di vita: obesità, attività fisica, istruzione, ecc.
- Ridurre al massimo le disequità sociali: disagio, abitazione, ecc.
- Concentrare l'attenzione sulle potenzialità dei soggetti, ossia sulla responsabilità di ognuno di essere il protagonista consapevole del proprio percorso di cura.
- Migliorare l'accesso e l'efficacia dei servizi territoriali, liste d'attesa, specialistica, rete ospedaliera.

E' ovvio che letto attraverso il prisma della sostenibilità il primo punto appare come centrale: intervenire fin dall'infanzia sugli stili di vita significa avere una visione lunga sul futuro e avere ben chiaro che chi governa dovrebbe farlo nella prospettiva di tutelare anche i beni comuni delle prossime generazioni, a cui invece stiamo togliendo sempre più risorse naturali. Non è un caso che in America sia la campagna contro l'obesità infantile di Michelle Obama ad aver incrinato il fronte finora solidissimo dei Repubblicani, che proprio sul fat pride sembrano dividersi, facendone comunque una questione ancora una volta individuale e privata e non pubblica (come se non fossero anche pubblici i soldi spesi per curare le malattie legate all'obesità o al fumo per fare un altro esempio, negli Stati Uniti come in ogni altro Paese).

E' anche un problema culturale, e anzi forse lo è prima di tutto: da uno studio dell'Ars (l'Agenzia regionale di sanità della Toscana) su comportamenti e stili di vita, emerge, per esempio, che i fumatori si collocano soprattutto nelle fasce bassa e medio-bassa per quanto riguarda livello di istruzione e classe sociale. Ancora, il 37,10% dei bevitori a rischio appartengono alla c lasse sociale bassa, il 26,10% a quella medio-bassa.

«Per questo - sottolinea l'assessore regionale Toscano alla Sanità Daniela Scaramuccia - è importante investire competenze e risorse nella prevenzione primaria e nella promozione della salute, nella consapevolezza che la vera ricchezza di un territorio è rappresentata dalla salute dei propri cittadini, e che i determinanti di salute sono strettamente collegati agli aspetti socio-economico-culturali. Per poter realmente incidere sulle differenze di salute, il sistema deve intervenire sugli stili di vita adottati dagli individui con proposte che tengano conto delle differenze e delle modalità con cui ognuno si relaziona con il sistema sanitario regionale».

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