[09/09/2009] News

Il made in Italy al tempo della green economy

GROSSETO. Alla fiera del tessile Milano Unica si rilancia il made in Italy, su cui gli imprenditori chiedono impegno al governo di sostenerne il riconoscimento in sede europea, in termini di etichettatura e tracciabilità, e da parte loro provano a valorizzarlo dandogli non solo una impronta di origine geografica, ma una connotazione specifica.

«La ricerca e la creatività per proporre nuovi disegni e tessuti sono la nostra carta vincente assieme al made in Italy, una questione sulla quale non si discute: significa tradizione, eccellenza, know how» dichiara Lorenzo Frigerio, uno degli imprenditori che investe il 10% dei suoi ricavi in ricerca e sviluppo e che non è il solo a puntare sull'innovazione per qualificare i propri prodotti. Una innovazione legata spesso anche alla sostenibilità, con la ricerca di produzioni che riducano l'impiego di sostanze chimiche, il ricorso a tinte e fibre naturali al riciclo dei filati e così via.

Certo il cammino verso una produzione ecologica è ancora una questione di nicchia nel comparto tessile, ma pare rappresentare nelle voci di molti operatori del settore una chiara risposta alla crisi e un modo di valorizzare ancora di più un marchio, come il made in Italy, di significati altri oltre al richiamo al luogo di origine e alla tradizionale creatività che in genere nell'opinione comune lo contraddistingue.

Un nuovo modo di fare impresa che rientra più nella sfera della green economy che non nell'approccio di delocalizzare le produzioni in cerca di facili guadagni per i minori costi ambientali e sociali che questo, almeno fino a qualche tempo fa, poteva rappresentare e che per certi versi ancora rappresenta.

A questi imprenditori il premier, intervenuto ieri all'inaugurazione della fiera, chiede fiducia e promette impegni. Sgravi fiscali sui salari e un sollecito pressing sull'Europa perché il marchio made in, ovvero l'etichettatura e la tracciabilità della filiera divengano obbligatori.

Fiducia nelle proprie forze e nel futuro oltre che nelle azioni di governo è quanto chiede in cambio.

Il fatto è che proprio la fiducia nelle istituzioni, e non solo questa, è una dei fattori su cui arranca il nostro paese che su questo punto risulta al 107esimo posto nella classifica stilata dal World economic forum sulla competitività globale, su un totale di 133 paesi considerati.

In termini generali il Wef assegna il 48esimo posto al nostro paese tra le economie più competitive a livello mondiale e segnala che tra gli elementi critici si riscontrano ancora una eccessiva burocrazia, finanze pubbliche non in ottima salute per livelli troppo alti di indebitamento, spreco di denaro pubblico, scarsa efficienza nel sistema legale e altrettanto scarsa trasparenza nelle decisioni pubbliche.

Un quadro che emerge anche da un'altra classifica, stilata questa volta dall'International finance corporation, l'area della banca mondiale che opera con il settore privato, che pone l'Italia al 78esimo posto (dal 74esimo dello scorso anno) su 183 paesi considerati nel "doing business", il fare impresa appunto.

La classifica esamina, tra i vari indicatori, quanto pesano nell'intraprendere una attività gli adempimenti necessari nei vari paesi, i costi e i tempi che questo comporta, la certezza di pagamenti.

Su questo punto specifico l'Italia scivola al 156 posto, per la possibilità di far rispettare i contratti, mentre è al 98esimo posto per ottenere crediti e al 99esimo per registrare una proprietà.

Riguardo al sistema delle riforme poi il nostro è il paese in cui non se ne rileva neanche una nell'anno passato, quando una delle redattrici della classifica, Sylvia Solf rileva che questa è una delle misure più gettonate nella gran parte dei paesi analizzati (in 131 su 183) per dare una risposta alla crisi.

Un quadro in cui se già è difficile fare impresa, lo risulta ancora di più per chi vorrebbe farlo con criteri innovativi, che guardano alla scommessa in un diverso futuro, come appunto è la green economy, che avrebbe bisogno di essere a maggior ragione incentivata e incoraggiata, anziché lasciarla solo alla libera iniziativa o ancora peggio contrastarla.

L'Italia deve avere fiducia nelle sue forze e nel futuro, sprona il premier, ma dalla fotografia che emerge, attingere alla fiducia è anche questa una bella impresa.

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