[04/02/2011] News

Lo stato delle foreste mondiali migliora grazie ai rimboschimenti asiatici

LIVORNO. La Fao ha presentato a New York, nel corso della cerimonia che ha aperto l'Anno Internazionale delle Foreste, il  suo "State of the World's Forests report" (Sofo 2011) dal quale emerge che «Milioni di persone che dipendono dalle foreste per la propria sopravvivenza svolgono un ruolo essenziale nella gestione, nella conservazione e nello sviluppo sostenibili delle foreste mondiali.  Ciononostante, i loro diritti ad usare e trarre beneficio dalle risorse forestali spesso non vengono tenuti nella giusta considerazione». i .
Eduardo Rojas, vice direttore della Fao e responsabile del Dipartimento foreste dell'agenzia Onu, ha sottolineato che «Nel corso dell'Anno Internazionale delle Foreste sarà importante riuscire a mettere in evidenza il rapporto che esiste tra le persone e le foreste ed i benefici che possono derivare quando le foreste sono gestite dalle popolazioni locali in modo sostenibile ed innovativo».

Il rapporto parte dal crescente interesse per la sostenibilità sociale ed ambientale che «Offre all'industria forestale una grande opportunità di rinnovarsi e ristrutturarsi, non solo per riuscire a rispondere alle esigenze del XXI secolo, ma anche per far cambiare la percezione di molti consumatori che spesso hanno sensi di colpa nell'usare il legno, poiché ritengono sbagliato dal punto di vista etico tagliare gli alberi. Al contrario, l'industria forestale può essere parte importante di un'economia "più verde", e i prodotti legnosi hanno  caratteristiche ambientali che possono interessare le persone.  Il legno ed i prodotti legnosi in quanto materiali naturali provengono da risorse rinnovabili che immagazzinano carbonio, e possono essere riciclati».

Secondo la Fao l'industria forestale, una delle bestie nere degli ambientalisti, potrebbe invece risponde «Alle molte preoccupazioni sollevate dal punto di vista ambientale e sociale cercando di migliorare l'uso delle risorse nella direzione di una loro maggiore sostenibilità, facendo maggiore uso di materiali da scarto per i propri prodotti, aumentando l'efficienza energetica e riducendo le emissioni. Ne è un esempio il fatto che nel 2010 il 37% del totale della produzione forestale è derivata da carta riciclata, scarti di legno e fibre non legnose, e questa percentuale è probabile possa arrivare al 45% nel 2030, principalmente in Cina ed India. Non solo, ma la maggior parte dei prodotti legnosi solidi, come segatura e compensato, vengono adesso prodotti con un relativo basso impiego di energia, e questo vuol dire che la loro produzione ed il loro uso ha un'impronta di carbonio bassa, ulteriormente rafforzata dal fatto che i prodotti legnosi immagazzinano carbonio.  La produzione di carta e di pasta di cellulosa ha una più alta intensità energetica ma vi è crescente pressione affinché si riducano l'intensità energetica e le emissioni di carbonio mediante l'adozione di migliori tecnologie e lo scambio di quote d'emissione».

La riconversione della forestazione, o meglio della deforestazione, in un'attività davvero sostenibile potrebbe servire molto alla green economy: secondo il Sofo 2011 «Molti governi ritengono che l'industria forestale abbia in sé la potenzialità di promuovere una "economia più verde" mediante per esempio l'impiego di bioenergia, di attività di promozione del legno e di nuovi prodotti e biomateriali legnosi».
Però la Fao è consapevole della rapina di risorse e natura in corso in molti Paesi e chiede che «Si intervenga al più presto per proteggere le foreste, che offrono mezzi di sostentamento alle comunità locali, dagli effetti del cambiamento climatico. Le recenti decisioni prese a Cancun nel dicembre 2010 sul Redd+ (Reducing emissions from deforestation and degradation) dovrebbero essere inserite in una più ampia riforma della governance forestale e consentire la partecipazione delle popolazioni indigene e delle comunità locali.  Secondo il rapporto, i loro diritti dovrebbero essere rispettati in tutte le attività e strategie nazionali del Redd+. Paesi dovranno adottare leggi per chiarire i cosiddetti "carbon rights" ed assicurare una distribuzione equa di costi e benefici dai programmi Redd+».

Il Sofo 2011 sottolinea che però molti governi sottovalutano il ruolo decisivo delle foreste nell'adattamento al cambiamento climatico e per questo sottolinea il contributo essenziale delle foreste al raggiungimento delle strategie nazionali di adattamento: «Adeguate misure forestali possono ridurre l'impatto del cambiamento climatico su ecosistemi e settori della società particolarmente vulnerabili.  Se per esempio si mettesse un freno all'abbattimento delle mangrovie (un quinto delle quali dal 1980 ad oggi si stima sia andato perduto) aiuterebbe a proteggere le coste dalle tempeste sempre più intense e dagli tsunami che sempre più frequenti le colpiscono.  Piantare foreste ed alberi a fini di protezione ambientale e per produrre reddito potrebbe aiutare le popolazioni povere che vivono in paesi aridi ad essere meno soggetti alla siccità».

Il rapporto Fao presenta alcuni  esempi positivi di misure di adattamento nei Paesi in via di sviluppo, come  la conservazione delle mangrovie in Bangladesh, la prevenzione degli incendi boschivi a Samoa ed i programmi di rimboschimento ad Haiti. Rojas ha evidenziato che l'Asia sta conducendo vaste attività di rimboschimento: «Vorrei sottolineare quel che fa l'India, che ha ancora una crescita importante della popolazione. Le foreste in India sono in crescita di 300.000 ettari all'anno». Negli anni '90 l'Asia-Pacifico perdeva le foreste ad un ritmo di 0,7 milioni di ettari all'anno, ma la tendenza si è invertita e le foreste hanno registrato un tasso di crescita di 1,4 milioni di ettari all'anno nel periodo 2000-2010.

"Questo è dovuto principalmente a numerose iniziative di rimboschimento scala in Cina, dove la superficie forestale è aumentata del 2 milioni di ettari all'anno nel 1990 e ad una media di 3 milioni di ettari all'anno a partire dal 2000 - spiega Roias -  Anche Bhutan, India, Filippine e Vietnam hanno aumentato la loro superficie forestale negli ultimi dieci anni». Il rapporto evidenzia anche i grandi obiettivi di riforestazione di Cina ed India per i prossimi anni: l'India punta ad un 33% della sua superficie a foreste e copertura arborea entro il 2012, un obiettivo praticamente impossibile, visto che, secondo il Global forest resources assessment, nel 2010 la copertura forestale indiana ha raggiunto il 25%. La Cina prevede di aumentare entro il 2020 di 50 milioni ettari la sua area  forestale, con l'obiettivo di coprire il 23% della sua superficie totale di foreste, un obiettivo che all'attuale tasso di rimboschimento potrebbe essere raggiunto entro il 2015. Secondo il Sofo 2011 le foreste coprono era poco meno di un terzo della superficie totale dell'Asia-Pacifico: 740 milioni di ettari nel 2010, pari a circa il 18% della superficie forestale mondiale.

Dove le cose non vanno affatto bene per le foreste è in Sri Lanka, Timor Leste e Bangladesh, che negli ultimi anni non hanno visto miglioramenti nella copertura forestale.

"State of the World's Forests report" fa a notare che «Il legame esistente tra foreste, condizioni di vita rurali e stabilità ambientale evidenzia la necessità di un robusto sostegno finanziario alle misure di adattamento forestale al cambiamento climatico. Senza questa dovuta attenzione alle questioni ed istanze a livello locale, vi è il rischio di corrodere modi tradizionali di vita e minacciare alcune delle foreste tra le più varie dal punto di vista biologico e tra le più importanti dal punto di vista ambientale».

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