[02/02/2011] News

Il Cigno e il Lupo. Una storia di trappole, teste mozzate e bracconieri condannati grazie al Dna

ROMA. "Legambiente Natura", la nuova iniziativa del Cigno Verde che informerà sulle notizie, le attività, le iniziative e gli eventi del mondo delle aree protette e della conservazione, si occupa delle «Recenti notizie di stampa hanno riportato in primo piano il conflitto tra le attività zootecniche e la conservazione del lupo nel nostro Paese, ricordandoci come sia fondamentale continuare ad attuare e divulgare le buone pratiche per la conservazione di una specie, il lupo, patrimonio assoluto di biodiversità».

Gli ambientalisti partono da due vicende con esito diverso: «Se, infatti, è stata una storia a lieto fine quella che ha visto come protagonista un esemplare di lupo (nella foto), una femmina in realtà, nel Parco Nazionale della Majella, rimasta intrappolata in un laccio d'acciaio e salvato dal pronto intervento dei Gos (Gruppi operativi specialistici) nati dal progetto Life Wolfnet, dall'altra desta molte preoccupazione il ritrovamento di una testa mozzata di lupo rinvenuta lungo la Statale Valnerina, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini. L'inquietante scoperta si inserisce, in maniera devastante, nel dialogo che il Parco sta portando avanti con le popolazioni locali per trovare soluzioni condivise al problema delle predazioni degli animali selvatici».

Dal Piemonte invece arriva la notizia del ritrovamento, lungo una linea ferroviaria, del corpo senza vita di un esemplare maschio di lupo, di circa due-tre anni ucciso dall'impatto con un treno. «Notizie contrastanti tra di loro - sottolinea Legambiente Natura - ma accomunate dalla comune considerazione che questa specie necessita ancora di aiuto. E se dall'Appennino riceviamo conferma che il conflitto con le attività umane è ancora forte, ma esistono buone pratiche per superarlo, dall'altra, dalle alpi ci giunge la conferma che il lupo, oltre a insediarsi stabilmente in un territorio con molte insidie, non è molto conosciuto da chi deve prepararsi ad una convivenza pacifica. Sebbene la conservazione del lupo è migliorata, grazie allo stato di protezione di cui gode al livello nazionale e internazionale ma anche alla nascita delle aree protette, è importante continuare ad impegnarsi sulla strada della mitigazione del conflitto con l'uomo. Soprattutto, è di fondamentale importanza risolvere il conflitto con il settore zootecnico e combattere il fenomeno della mortalità illegale».

Tutti obiettivi che rientrano nell'ambito del progetto Life Wolfnet, promosso dai Parchi nazionali della Majella, Pollino e Foreste Casentinesi, dalla Provincia dell'Aquila, dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Tosca e da Legambiente. «Grazie ai costanti monitoraggi sulla fauna previsti dal progetto è stato possibile salvare l'esemplare nel Parco nazionale della Majella - sottolineano gli ambientalisti - attivando le procedure previste dai protocolli e incaricando delle attività sul campo i Gos sono iniziate, prima le operazioni di salvataggio, e poi le indagini per scoprire i responsabili di un gesto che poteva avere un esito grave per la conservazione della specie. L'esperienza di Wolfnet è un antidoto per quanto avvenuto nel Parco dei Monti Sibillini, ma è anche un punto di riferimento per le aree protette alpini per prevenire casi simili».

Il presidente di Legambiente Marche, Luigino Quarchioni, ha definito il ritrovamento della testa di un lupo nei pressi del Parco Nazionale dei Monti Sibillini «Un gesto inqualificabile che grava sull'intera comunità marchigiana. Un'azione vergognosa che non trova alcuna giustificazione e che ferisce profondamente l'intero mondo delle aree protette e tutti gli uomini e le donne che abitano e vivono in quei territori, che in questo momento così delicato si trovano a dover gestire un immenso patrimonio ambientale, culturale ed economico non senza sacrifici. Legambiente condanna il gesto e rafforza la vicinanza al Presidente del Parco, Massimo Marcaccio, e al Sindaco di Visso Carlo Ballesi, confermando il sostegno dell'associazione ambientalista alle buone pratiche del Parco Nazionale, nella ferma convinzione dell'importanza che le aree protette ricoprono per l'intero territorio».

E' stato invece rimesso subito in libertà in libertà il lupo che era rimasto bloccato nelle trappole posizionate lungo il cammino degli animali nel Parco della Majella e Antonio Nicoletti, responsabile nazionale Legambiente per le aree protette è molto soddisfatto: «Un lupo che torna a correre tra i suoi boschi ci restituisce l'importanza di attivare le buone pratiche che servono, e che sono utili ai parchi naturali e a tutto il territorio. Il Parco Nazionale della Majella è il soggetto capofila del progetto "Life Wolf Net" che interessa l'intera area appenninica, del quale anche il parco dei Sibillini è sostenitore e che vede Legambiente impegnata in prima linea per la salvaguardia e valorizzazione del territorio e per garantire tutela alla fauna dell'area protetta. Legambiente mette a disposizione al Parco dei Sibillini e a tutte le aree protette questa esperienza per attivare iniziative per la tutela del lupo, specie simbolo dell'area dell'Appennino e dell'intero sistema dei parchi naturali».

Una buona notizia arriva dalla Liguria: per la prima volta in Italia, il tribunale di Chiavari (Ge) ha condannato a 7 mesi di reclusione (con la condizionale) e a un risarcimento di 6.000E uro alle parti civili (Legambiente, Wwf e Lipu) un bracconiere che aveva ammazzato due esemplari di lupo appenninico. WofNet spiega che «La storia comincia ad agosto di 2 anni fa, quando la Polizia Provinciale aveva denunciato un bracconiere che di Sopralacroce (frazione di Borzonasca) trovato con addosso una collana con 10 denti da lupo. Immaginando che si potesse trattare dei 6 lupi uccisi negli ultimi mesi nella zona e soprattutto insospettiti dal precedente ritrovamento di un lupo rinvenuto con il muso mozzato, la Polizia Provinciale ha approfondito le indagini, arrivando dapprima a revocare il porto d'armi al bracconiere e a suo fratello e poi a risalire all'identità degli esemplari uccisi. Decisive per la soluzione del caso sono state le analisi del Dna effettuate dall'Ispra, che, confrontando i risultati del Dna estratto dai denti della collana con quello dei 6 esemplari morti di cui i biologi avevano prelevato e conservato un campione, hanno confermato la tesi investigativa e la condanna del bracconiere».

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