[31/01/2011] News

Public Eye e Wef. A Davos tra il dire e il fare c’è di mezzo l’oro del Ghana e l’olio di Palma del Borneo

LIVORNO. Nella Davos di un World economic forum (Wef) terrorizzato dalla frana dei regimi arabi e dalle bandiere verdi islamiche (e rosse dei movimenti di sinistra) che spuntano tra la gente in rivolta, assediato dagli arrabbiati anarchici che sembrano la funerea avanguardia di una gioventù occidentale senza futuro, sono stati assegnati i poco ambiti les Public Eye Awards 2011 alle aziende nemiche dell'ambiente, alcune delle quali partecipano al Wef e parlano della nuova necessaria green economy.

A buona distanza da un vertice di politici, imprenditori, finanzieri, banchieri ed esperti che sembra sempre più distante dal mondo, Greenpeace e Déclaration de Berne (Db) hanno bollato le violazioni dei diritti umani e i massacri ambientali dei quali si rendono colpevoli le grandi multinazionali che governano il mondo e condizionano il suo presente e futuro.

Déclaration de Berne e Greenpeace sottolineano che i Public Eye Awards 2011 «Ricompensano due imprese emblematiche del comportamento sociale e ambientale dei membri del Wef e degli altri protagonisti della sfera economica, mostrando il lato cattivo di una globalizzazione puramente orientata verso il profitto».

Gli organizzatori dei Public Eye Awards chiedono un quadro legale obbligatorio che permetta di aumentare la responsabilità sociale delle imprese ed hanno apprezzato molto le linee guida del Rappresentante speciale dell'Onu per i diritti umani, delle multinazionali e delle altre imprese, John Ruggie. Che comprendono la protezione degli individui da parte degli Stati, il rispetto dei diritti umani da parte delle imprese e l'aiuto giuridico alle vittime. Un quadro di lavoro che nel 2011 sarà fatto proprio dal Consiglio dei diritti dell'uomo. Questi sforzo dovrebbero fare in modo che le multinazionali non possano sfuggire al «Naming and Shaming», quale quello messo in atto da Public Eye e da altre campagne, solamente se si atterranno ad una disciplina di trasparenza, la «Knowing and Showing».

Il fondatore di OpenLeaks, Daniel Domscheit Berg ha presentato i Public Eye Awards 2011 chiedendo più trasparenza ed etica al mondo economico: «E' il bisogno crescente della società civile. Vedo nei successi dei siti di Whistleblowing un segnale per il settore privato. Le imprese che non metteranno in atto una politica di trasparenza in maniera proattiva, se la vedranno imporre dall'azione dei whistleblowers».

Il Public Eye Global Award è stato assegnato all'impresa mineraria sudafricana AngloGold/Ashanti mentre Neste Oil, un grande produttore di agro-carburanti finlandese, si è accaparrato il Public Eye People's Award 2011 grazie alle segnalazioni di più di 50.000 persone che hanno votato on-line. AngloGold/Ashanti si è vista attribuire il Public Eye Global Award da una giuria di esperti per aver avvelenato territori e popolazioni del Ghana con le sue attività minerarie. A Davos Daniel Owusu-Koranteng, direttore della Wacam, l'associazione che tutela le vittime dell'impresa mineraria, ha spiegato che «Le sostanze tossiche si sversano dalle discariche delle scorie minerarie, inquinando i fiumi e le sorgenti di acqua potabile dai quali dipendono interi villaggi. Inoltre, numerose persone sono state vittime di atti di tortura nei posti di guardia delle miniere dell'impresa. Atto che i a più riprese hanno avuto un risultato fatale».

Il Public Eye People's Award 2011, che ha visto raddoppiare il numero dei votanti rispetto al 2010, è stato assegnato alla Neste Oil con 17.385 voti, seconda è arrivata la Bp (13.000 voti) al terzo posto Philip Morris (8.051 voti).

Neste Oil vende agro-carburanti in tutta Europa e secondo Greenpeace il suo «Green Diesel» è il nome ingannevole di un prodotto composto principalmente di olio di palma. «La richiesta crescente di olio di palma provoca sempre più deforestazione in Indonesia e Malaysia, mettendo in pericolo gli ultimi santuari degli oranghi - spiega la motivazione del premio - In questi ultimi giorni, Finnair ha d'altronde tentato di prendere le distanze da un grosso progetto di approvvigionamento di agro-kerosene prodotto dalla Neste Oil, probabilmente a causa della prospettiva di vedere questa impresa aureolata da un premio della vergogna». L'azienda ha appena perso un processo durato 12 anni per un'espropriazione di terreni in Malaysia, con pesanti accuse di corruzione. Secondo Db «Alla fine, il bilancio di CO2 del carburante dellas Neste Oil è spaventoso. E' anche più elevato di quello del diesel classico! Neste Oil entrerà presto sul mercato del kerosene grazie alla sua collaborazione con Finnair e Lufthansa, contribuendo ancora dio più al riscaldamento climatico. Nel 2012, Neste Oil ambisce ad utilizzare 2,5 milioni di tonnellate di olio di palma, cioè il 5% della produzione mondiale, per il suo diesel. Diventerà così il più grosso acquirente di olio di palma al mondo. Dopo la Finlandia, l'impresa costruisce nuove raffineria a Rotterdam ed a Singapore. La realizzazione dei suoi obiettivi non è tuttavia possibile senza la creazione di nuove piantagioni in Indonesia e Malaysia, a spese della foredta tropicale e dei suoi abitanti. Già nel dicembre 2008, Neste Oil ha dovuto abbandonare un progetto simile in seguito ad una serie di proteste pubbliche».

L'impresa ribatte che l'olio di palma che acquista dall'Ioi rispetta i criteri di sostenibilità, ma proprio l'Ioi è coinvolta in tagli illegali di foreste, incendi e distruzione dell'habitat degli oranghi.

Secondo Public Eye, «Neste Oil ed il suo principale azionista, lo Stato della Finlandia, devono cessare di utilizzare l'olio di palma come agro-carburante. Le compagnie petrolifere devono investire le loro risorse nello sviluppo di materie prime davvero sostenibili e in altre forme di energie rinnovabili. Anche i loro clienti devono dimostrarsi più responsabili. Così come, delle compagnie aeree come Lufthansa o Finnair non dovrebbero procurarsi i loro carburanti presso delle imprese così irresponsabili come Neste Oil, e dovrebbero rinunciare all'olio di palma per la loro flotta aerea».

Come dire, a Davos tra il dire e il fare c'è di mezzo l'oro del Ghana e l'olio di Palma del Borneo

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