[07/09/2009] News

Chi ha ucciso la green economy?

LIVORNO. Se da Cernobbio - dove si è tenuto il consueto workshop di Ambrosetti - è arrivata qualche notizia, non ci pare che sia quella del "cuore" degli industriali italiani contro la crisi come evidenziato dai media generalisti. Se un'impresa su tre in Italia, risultato di un sondaggio, punterà sul rilancio e la convinzione dei più è che il peggio sia alle spalle, questo non ci pare il punto essenziale emerso dal convegno.

Non è, infatti, una questione di sentiment tra chi è più ottimista e chi più pessimista e di quanto siamo vicini o lontani dalla fine della crisi che ci deve colpire. Per noi - e non solo speriamo - il problema è sempre stato quello di capire come si ripartiva per andare oltre la crisi economica, che è anche ecologica e sociale, confidando che il treno ovviamente si rimettesse in corsa ma su altri binari. E la notizia che arriva non solo da Cernobbio è che invece i temi quali la crisi ecologica e quella sociale non sono più tali.

Appena intravista una minima ripresa, nonostante i tanti discorsi anche di Confindustria, il top manager "tipo" pare infatti subito pronto a cantar vittoria, a investire, a promettere qualche volta anche posti di lavori - pur aleggiando fortemente la jobless recovery, la ripresa senza aumento di posti di lavoro - ma tutto sulla falsa riga del passato e in barba ad ogni qualsivoglia forma di sostenibilità (tranne quella economica). E anche gli economisti presenti all'evento, da Fitoussi, a Monti, a Wolf, a Roubini, che altre volte si sono spesi sull'economia ecologica o almeno sui link tra economia ed ecologia, stavolta non hanno proferito parola sul tema. E questo è un fatto. 

Non ci addentriamo nei meccanismi e nei tecnicismi perché non né siamo all'altezza, mentre siamo in grado di vedere che questi non sono affatto cambiati, né nell'economia reale, né men che meno in quella finanziaria. Se qualcosa di sostenibile ambientalmente e socialmente nel mondo e anche in Italia è stato fatto, rappresenta ancora un qualcosa degno di un articolo a parte magari anche in bel risalto, testimonianza del fatto che si tratta di un fatto nuovo, una notizia appunto. In Italia la crisi energetica, perché solo quella sembra interessare e assai poco dal punto di vista degli impatti ambientali usati più che altro come scusa, ha visto soprattutto spingere il governo sul nucleare, tecnologia che viene smontata per l'ennesima volta anche sul Sole24Ore di domenica almeno nei suoi aspetti più evidenti: costi e tempi. Per il resto chiacchiere e poco altro e temi come i flussi di materia e biodiversità completamente assenti nonostante siano le gambe della sostenibilità.

Per dirla fuori dai denti, e questo è un altro aspetto negativo, ora il dibattito sembra spostarsi addirittura sulle critiche preventive alla green economy come se fosse questa, nonostante ancora nessun governo la stia di fatto praticando, quella che non ci farà uscire dalla crisi! Un vero paradosso, nonostante sia chiaro a tutti che la green economy non sia una scienza esatta e debba essere intanto introiettata come orizzonte dell'economia per poi operare in quella direzione e soprattutto non capendo che non ci sarà un'altra economia possibile.

Non è questione infatti da ambientalisti il dover pagare le multe per il non rispetto di Kyoto; o il dover migliorare la qualità dell'aria delle città riducendo il traffico e le emissioni dell'industria; o ridurre la produzione dei rifiuti come imposto dalla direttiva europea; o bonificare le aree inquinate; o mantenere gli stock dei pesci. Sono tutte questioni legate a doppia mandata con l'economia, ma evidentemente c'è la volontà di ignorare questo legame con conseguenza ovvia del lanciare il boomerang che poi ti torna indietro appena hai voltato le spalle.

Mentre i governi del mondo dovrebbero interrogarsi su come cambiare gli indicatori scegliendone uno diverso dal Pil ma ugualmente condiviso e standardizzato; su come almeno in occidente riuscire ad avare un'economia stazionaria ovvero che utilizzi solo le risorse che si possono rinnovare; il dibattito, almeno da noi, è lontano anni luce da questa visione preferendo argomenti di discussione sui quali è meglio tacere.

In quella suddetta pagina del Sole, ad esempio, si dà conto di quanto Michael Grunwald pensa riguardo alle energie alternative di cui punta a sfatarne sette miti e che è nei fatti una forte critica alla green economy. Ma leggendo attentamente si scopre che intanto tra i miti delle alternative ci mette pure lui il nucleare per poi appunto prima criticarlo ferocemente e poi dicendo che non se ne può fare a meno...; e poi soprattutto dice una cosa spacciandola come un rivelazione, ma che sanno ormai anche i bambini: l'importanza dell'efficienza e del risparmio energetico. Persino Confindustria era convinta di questo, per poi non parlarne più o solo a fasi alterne prima ancora che la crisi dimostrasse quanto questo fosse vero...

Insomma, il dibattito sull'economia ecologica, o verde che dir si voglia o più in generale su un nuovo paradigma economico più sostenibile, pare andare avanti un passo per poi farne due indietro - dibattito sui giornali a corrette alternata e troppo spesso su aspetti triti e ritriti, assenza totale invece dello stesso nelle sedi e nelle forme che invece imporrebbero i tempi della crisi ecologica già in atto - e anche la spinta che veniva oltreoceano da Obama si è un po' attenuata complice la sua battaglia per il sistema sanitario che lo sta (giustamente) assorbendo. Buone notizie sembrano arrivare dalla Germania dove la campagna elettorale (vedi sempre resoconti dell'Unità e del Sole24Ore) sta vedendo la sostenibilità al centro delle discussioni con un gioco virtuoso (pare) a chi è il più verde degli altri. Vorremmo spendere infine due parole positive per il controvertice di Cernobbio organizzato da Legambiente e Sbilanciamoci, che resta un'iniziativa lodevole, ma troppo poco incisiva. I due soggetti infatti non comunicano e senza dibattito non c'è osmosi di idee e non c'è costruzione di idee, né positive né negative.

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