[18/01/2011] News

Nel 2010 installazioni di eolico in calo del 25%

LIVORNO. L'Associazione nazionale energia del vento (Anev) ha annunciato oggi che il 2010 è stato il primo anno di "recessione" dell'energia eolica in Italia. «Il dato di riduzione delle installazioni del 25% nel 2010 è molto preoccupante perché riflette un diffuso malessere tra gli operatori e, in prospettiva, mette a serio rischio il raggiungimento degli obiettivi comunitari al 2020 e allo stesso tempo l'occupazione a quella data, secondo uno studio congiunto Anev -Uil,  dei 67.000 addetti nel settore ipotizzati, ed è conseguente ad una normativa che nel corso del 2010 ha fortemente penalizzato l'eolico nazionale per il calo drastico degli incentivi». La potenza cumulativa raggiunta di 5.797 MW al 31 dicembre 2010 potrebbe ancora consentire il raggiungimento dei valori necessari per ottemperare all'obbligo comunitario, ma solo mediante un tempestivo adeguamento della normativa, che deve coniugare l'esigenza di pervenire alla crescita imposta ed accettata della percentuale di contributo delle rinnovabili sino al 17% di energia primaria, con la messa in opera degli strumenti idonei ed efficaci per il raggiungimento di tale obiettivo.

E' soprattutto il crollo del 40% del valore dei Certificati Verdi ad aver provocato una crisi di fiducia degli investitori e del sistema finanziario, «Poco propensi - secondo l'Anev - a investire e finanziare ingenti risorse in un settore che fino all'anno scorso aveva potuto contare su un sistema incentivante funzionale con determinati punti di riferimento che garantivano agli operatori seri e preparati il ritorno degli investimenti effettuati, ma che ora si trova a confrontarsi con un quadro di grande incertezza e preoccupazione sui prossimi provvedimenti».

L'Anev dice che la situazione certificata dai dati ufficiali sul 2010 è grave e «Auspica che il Governo intervenga tempestivamente con la modifica e l'emanazione tempestiva del il D. Lgs. di recepimento della Dir. Com. 2009/28 al fine di far ripartire il comparto eolico che è esportatore di tecnologia e che può contribuire al rilancio e alla ripresa industriale del nostro Paese, oltre ai noti benefici ambientali e occupazionali connessi. Le recenti modifiche dei procedimenti autorizzativi che garantiscono la trasparenza del percorso amministrativo, il Protocollo di legalità sottoscritto dall'Anev, il Piano di azione nazionale inviato a Bruxelles lo scorso agosto e le linee guida pubblicate sempre da questo esecutivo dopo 7 anni di attesa hanno finalmente creato un quadro certo entro cui gli investitori seri possono operare senza intasare di domande gli enti preposti e bloccando le possibili speculazioni. A questo punto è assolutamente necessario far ripartire il settore con decisione».

Anche per Domenico Belli, responsabile della campagna energia e clima di Greenpeace, «La riduzione del 20% della potenza annua installata rispetto al 2009 è un segnale preoccupante, segno che gli attacchi concentrici contro la tecnologia eolica iniziano a produrre i loro effetti negativi. Nel corso del'ultimo anno abbiamo assistito a una assurda campagna nazionale volta a screditare l'energia eolica definita, in una escalation senza precedenti, come nemica del paesaggio, foriera di capitali di dubbia provenienza, inutile e dannosa. In realtà l'energia eolica ha generato ricchezza, creato migliaia di nuovi posti di lavoro con una prospettiva di raggiungerne oltre 67.000 al 2020, aumentato la  sicurezza energetica del nostro Paese, riducendo la bolletta e l'inquinamento atmosferico. Le ultime scelte del Governo con la proposta di Decreto di attuazione della Direttiva rinnovabili rischiano di assestare un colpo definitivo all'energia eolica. Questi continui cambiamenti della normativa e degli incentivi scoraggiano nuovi investimenti, inducendo imprese e banche a fermare nuove iniziative imprenditoriali. In questo modo, l'Italia non riuscirà mai a raggiungere i suoi obiettivi in materia di riduzione delle emissioni. Quando si apprende che in Spagna l'energia eolica ha coperto nel 2010 ben il 16% dei consumi elettrici, si capisce quanto questo tipo di tecnologia spaventi le grandi industrie dell'energia fossile e la lobby nucleare con tanti amici nel nostro Governo».

Anev esulta però perché il Tar Sardegna ha accolto un suo ricorso e ha annullato la delibera n. 10/3 del 12 marzo 2010 e la successiva delibera 25/40, ma anche le comunicazioni della Regione impugnate. Secondo il Tar «La delibera 10/3, pur partendo dalla condivisibile esigenza di perseguire il fine della salvaguardia ambientale, ha però finito per  perseguirlo per mezzo di un sostanziale blocco generalizzato di tutto il settore dell'energia eolica (tranne alcune eccezioni). Ma tale misura non è consentita nel nostro ordinamento. Non lo è in linea generale e non lo è in particolare nel modo concretamente realizzato. Va, anzitutto, ricordato, pur nella diversità delle fattispecie considerate, che la questione della cosiddetta "moratoria eolica" si era già posta all'attenzione, a seguito dell'adozione, nella Regione Puglia, della L.R. 11 agosto 2005, n. 9, recante "Moratoria per le procedure di valutazione d'impatto ambientale e per le procedure autorizzative in materia di impianti di energia eolica" (là si trattava di sospensione, qui, in sostanza, di vero e proprio arresto del settore in attesa della costituzione della società prevista dalla delibera G.R. 10/1 del 12.03.2010, là si trattava di disposizioni legislative, qui di una semplice delibera della Giunta regionale, in quel caso si trattava di un intervento disposto da una Regione a Statuto ordinario, in questo di misure disposte da una Regione ad autonomia speciale). Un blocco generalizzato nel settore eolico si pone poi in stridente contrasto con lo spirito di favor per gli impianti di tale tipologia che traspare, da un lato, dalla stessa direttiva CE cui il d.lgs. 387/2003 ha dato attuazione e, dall'altro, dagli accordi internazionali (così, il Protocollo di Kyoto) tesi alla valorizzazione e incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili. L'art. 12 del d.lgs. 387/2003 identifica poi espressamente gli impianti eolici quali "di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti". Anche questa qualificazione collide palesemente con il blocco generalizzato del settore previsto dalla delibera 10/3».

Il Tar Sardegna ha quindi accolto il ricorso, ma in più ha voluto «Ulteriormente puntualizzare alcuni principi di fondo dai quali l'Amministrazione non può discostarsi». La Corte costituzionale è stata più volte chiamata a pronunciarsi sulla materia  e secondo il Tar  «Vanno sottolineate la peculiarità del settore dell'energia eolica caratterizzato dalla compresenza di molteplici interessi, pubblici e privati, aventi tutti dignità costituzionale; da un lato la tutela del paesaggio, dall'altro la tutela dell'ambiente, della salute, dello sviluppo sostenibile e dell'iniziativa economica privata che si intendono perseguire mediante lo sfruttamento delle fonti di energia rinnovabili e non inquinanti quali anche l'energia eolica. Ma non può d'altro canto sfuggire che il d.lgs. 387 del 2003 è stato varato in ossequio a precisi impegni internazionali e comunitari, ed è ispirato a principi di semplificazione e accelerazione delle procedure finalizzate alla realizzazione e gestione degli impianti di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili e, segnatamente, da fonte eolica. In particolare, l'art. 12, rende palese l'intento del legislatore di favorire le iniziative volte alla realizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, semplificando il relativo procedimento autorizzativo e concentrando l'apporto valutativo di tutte le Amministrazioni interessate nella conferenza dei servizi ai fini del rilascio di una autorizzazione unica. All'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 va quindi riconosciuto valore di principio fondamentale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 117, comma 3, Cost., vincolante per le Regioni nella materia di legislazione concorrente di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, cui è da ascrivere la realizzazione e gestione degli impianti di energia da fonte eolica (cfr. Cons. Stato Sez. VI, 22.02.2010, n. 1020). In definitiva, la delibera 10/3, laddove dispone la procedibilità delle sole domande che hanno ultimato positivamente la procedura di V.I.A, determina un sostanziale e generalizzato quanto illegittimo blocco della installazione di impianti eolici nel territorio regionale. Né possono essere chiamate, a difesa della legittimità della delibera 10/3 le condivisibili esigenze di tutela del paesaggio. Ciò in quanto l'ordinamento predispone idonei strumenti volti alla valutazione della compatibilità paesaggistica degli impianti di produzione di energia eolica in ordine ai quali non vanno trascurate le finalità di interesse pubblico come la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra attraverso la ricerca, promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili e di tecnologie avanzate e compatibili con l'ambiente, oggetto di precisi impegni internazionali assunti dallo Stato italiano e recepiti nell'ordinamento statale dalla l. 1 giugno 2002 n. 120, concernente "Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l'11 dicembre 1997"».

Inoltre in base al quadro normativo di riferimento, «La produzione di energia anche da fonti rinnovabili avviene in regime di libero mercato concorrenziale, incompatibile sia con riserve e monopoli pubblici, sia con privative industriali. Si tratta, in altre parole, di una attività libera, soggetta ad autorizzazione e non di una attività riservata ai poteri pubblici. Solo per completezza di esposizione va rilevata anche la recente approvazione delle "Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili" ad opera del D.M. 10.09.2010, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 18 settembre 2010, n. 219, con particolare riferimento agli allegati 3 e 4, che non fa altro che corroborare quanto sinora esposto in ordine ai molteplici profili di illegittimità che inficiano la delibera 10/3 oggetto di impugnazione».

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