[18/01/2011] News

Sri Lanka: dopo l’alluvione (e la guerra) mancano acqua e condutture

LIVORNO. Le recenti inondazioni in Sri Lanka hanno almeno raggiunto i titoli dei giornali, contendendoseli con il diluvio che ha sommerso la ricca Australia, ma nel nord del Paese asiatico il problema non è solo l'emergenza ma, più a lungo termine, l'assenza di una rete idrica per le decine di migliaia di civili che stanno lentamente ritornando nell'area nord-orientale del Paese dai veri e propri campi di concentramento in cui il governo di Colombo li aveva relegati dopo la brutale fine del conflitto con le Tigri Tamil. La situazione sembra molto grave in zone come la regione di Vanni.

Le inondazioni hanno colpito nello Sri Lanka circa un milione di persone e le acque hanno iniziato a ritirarsi solo il 16 gennaio, ma per gli abitanti della regione di Vanni i problemi sembrano solo all'inizio.

Alcuni esperti spiegano all'Irin, l'agenzia stampa umanitaria dell'Onu, che le tubazioni dovrebbero essere una priorità assoluta per il governo, «Ma decenni di guerra civile hanno lasciato in una rovina praticamente totale le infrastrutture idriche nella regione di Vanni». Particolarmente devastante è stata l'ultima lunga fase di combattimenti tra forze governative e i ribelli delle Tigri per la liberazione del Tamil Elam, durata da metà del 2007 fino al maggio 2009, che ha praticamente azzerato la rete idrica e le infrastrutture. Samantha Wijesundera, un esperto di acqua e servizi igienico-sanitari dell'ufficio Banca Mondiale in Sri Lanka, è lapidario: «Bisogna ricominciare tutto daccapo».

Lo stesso National water supply board governativo ammette che già prima dell'inizio dell'infinito conflitto etnico terminato in un bagno di sangue senza misericordia, la copertura della rete idrica nelle aree tamil era ben al di sotto della media nazionale del 34% per cento agli inizi del 2009. In media nello Sri Lanka solo 3 persone su 10 hanno accesso alla rete idrica, ma nei distretti  di Kilinochchi, Mullaithivu, Jaffna, Vavuniya e Mannar, che fanno parte della regione di Vanni, la copertura è solo del 2%. «Ci sono aree di preoccupazione per la qualità e la sicurezza delle sorgenti  d'acqua e per le risorse idriche attualmente disponibili», ha detto all'Irin  Abdulai Kaikai, a capo del dipartimento  acqua e servizi igienici dell'Unicef  in Sri Lanka. L'agenzia dell'Onu per l'infanzia ha contribuito a finanziare la pulizia e la disinfezione di 3.500 pozzi scavati a mano nella regione duramente colpita o trascurata in anni di combattimenti. Le principali fonti di acqua potabile nella regione di Vanni sono torrenti, pozzi non protetti e pozzi chiusi con pompe azionate a mano, gli unici considerati relativamente sicuri.

Alcuni progetti per la ricostruzione o la riparazione di fonti d'acqua sono già stati avviati o sono stati stanziati finanziamenti per aumentare la disponibilità di acqua convogliata nella regione. Imelda Sukumar, il maggior funzionario del governo di Colombo nel distretto di Jaffna (l'ex "capitale" dell'Elam Tamil), ha detto che progetti per 1,8 milioni di dollari sono in corso nel distretto di Jaffna e in quello confinante di Kilinochchi: «Più di 350.000 persone avranno accesso all'acqua portata con tubazioni. I primi destinatari dovrebbero ricevere l'acqua entro l'inizio del 2015i», ma nella zona vivono almeno 850.000 persone, esclusi 50.000 militari che presidiano armati fino ai denti l'ex territorio ribelle.

La Wijesundera dice che i progetti idrici della Banca mondiale avranno bisogno di più tempo rispetto alle strade o alla costruzione delle scuola a causa della complessità dei lavori. Si tratta di 8 progetti, finanziati con 12 milioni di dollari, per costruire condotte idriche nella regione di Vanni e anche di contribuiti per  scavare nuovi pozzi e bonificare quelli esistenti. Con il re insediamento della popolazione tamil evacuata con la forza dal governo di Colombo le preoccupazioni per l'acqua sono solo destinate a crescere. «Dove c'è alta densità di popolazione, è inevitabile che ci sia preoccupazione perché le fosse settiche si trovano sullo stesso terreno dei pozzi», conclude preoccupata la Wijesundera.

Le inondazioni che hanno colpito negli ultimi 7 mesi lo Sri Lanka hanno coinvolto due milioni di persone e il governo assicura che sta accelerando i suoi piani per contrastare il cambiamento climatico. W.L. Sumathipala un climatologo dello Sri Lanja non ha dubbi: i fenomeni meteorologici estremi nell'isola sono sempre più frequenti, «Ma bisogna controllare ancora molto bene i modelli meteo per un lungo periodo di tempo ed è solo allora saremo pronti a fare affermazioni scientificamente supportate riguardo ai cambiamenti climatici. Ci possono essere diversi fattori responsabili delle gravi piogge in un Paese insulare. Sri Lanka è in pieno monsone invernale». Inoltre, secondo la World meteorological organization,   La Niña, che è al suo apice, è associata a monsoni anormali nell'Asia meridionale. 

Le continue piogge che durano dal 26 dicembre hanno causato frane e allagamenti, soprattutto nelle zone settentrionali e orientali del Paese, dall'11 gennaio circa 33.330 famiglie sono state sfollate in 351 centri di trasferimento. Metà degli sfollati vengono dal distretto di Batticaloa, che ha stabilito il d secondo record delle precipitazioni da un secolo, nell'area sono stati spazzati via 200 riserve di acqua.

L'ex ministro al Disaster Management, Rishard Bathiudeen, ha detto all'Irin che il ministero dell'Ambiente stava prendendo in considerazione una strategie di adattamento. «Ora gli scienziati ci avvertono che il cambiamento climatico non solo è reale ma che lo Sri Lanka deve essere ben preparato. Noi non vogliamo aspettare che le persone diventino profughi climatici, come sta avvenendo in altre parti del mondo».

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